Nick: T-34 Oggetto: re: IMPRESENTABILI Data: 20/5/2006 13.0.36 Visite: 235
Gli impresentabili di Peter Gomez e Marco Lillo Truffe. Tangenti. Peculato. Associazione mafiosa. Estorsione. Lesioni. Falso. Molestie sessuali. Ecco l'elenco di accusati, condannati e prescritti Condannati per tangenti, mafia, tentata estorsione, millantato credito, associazione sovversiva. Imputati per molestie sessuali, danneggiamento, falso, abuso edilizio, violazione del segreto d'ufficio e peculato. Indagati per frode, abuso, truffa e percosse. E poi ancora un mare di prescritti e miracolati dall'amnistia del 1989. C'è un po' di tutto nelle liste dei candidati per le politiche del 9 aprile. E in questo supermercato del delitto l'elettore si troverà a scegliere a scatola chiusa. Reintrodotto il proporzionale, abolite le preferenze, nell'urna vale il principio del paghi due e porti via tre: cioè scegli solo la coalizione e il partito, mentre in Parlamento ci finiscono gli uomini selezionati dalle segreterie dei vari movimenti politici. Così, anche se l'elettore ne avrebbe fatto volentieri a meno, alla Camera o al Senato rischia di trovarsi rapprensentato da un pregiudicato. Ma ecco un primo ( e incompleto) elenco degli impresentabili che sono invece stati presentati. Forza Italia In questa speciale classifica il partito del premier merita il posto d'onore. Il suo leader, Silvio Berlusconi, vanta nel proprio palmares un'amnistia (bugie sulla P2), sei prescrizioni, un reato depenalizzato da lui stesso (falso in bilancio All Iberian), un processo abolito per legge (l'appello Sme-Ariosto), due procedimenti in corso (diritti Mediaset e caso Mills) e uno sospeso addirittura in Spagna (violazione delle norme antitrust per Telecinco). Quanto basta per ricandidarsi alla presidenza del Consiglio e ritrovarsi in Parlamento accanto agli amici di sempre: il due volte condannato in appello per corruzione Cesare Previti, e il 'definitivo' Marcello Dell'Utri (fatture false Publitalia), ora in attesa di due processi di secondo grado (dopo le condanne per concorso esterno in associazione mafiosa e tentata estorsione) e della conclusione di quello in cui è imputato per calunnia. Se questi sono i vertici del partito c'è poco da meravigliarsi se tra i candidati spuntano i nomi di Gaspare Giudice (sotto processo per concorso in associazione mafiosa); Giuseppe Firrarello (imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, turbativa d'asta e corruzione); Enrico La Loggia (indagato per un presunto finanziamento illecito da 100 mila euro ricevuto da Calisto Tanzi, mascherato da consulenza legale); Giampiero Catone (ex braccio destro di Buttiglione, passato con la Dc di Rotondi, imputato a Roma per bancarotta e truffa per i finanziamenti miliardari del ministero al polo industriale di Barzano); Maurizio Tomeo (candidato in Piemonte, sotto processo per presunte molestie sessuali a danno di due impiegate del comune di cui era sindaco); Pietro Franzoso (imputato in Puglia per voto di scambio); Pasquale Nessa (ricandidato a Bari nonostante fosse stato chiesto dai pm il suo arresto per concorso in concussione); di Mauro Pili (ex presidente della Regione Sardegna indagato per peculato) o di Sandro Balletto, ex presidente della provincia di Cagliari (paracadutato al Senato in Emilia Romagna): la scorsa settimana è stata chiesta la sua condanna per abuso d'ufficio e danneggiamento per il rifacimento della spiaggia storica di Cagliari, il Poetto, devastata per una sequenza di errori tecnici. A maggio Balletto andrà sotto processo per un secondo abuso d'ufficio (avrebbe contribuito a far nominare la figlia Veronica nel collegio dei revisori di una Asl) e infine sarà alla sbarra anche per una furibonda scazzottata con il suo ex capo di gabinetto. Nelle liste di Forza Italia è nascosto un partito nel partito: i sopravvissuti di Mani pulite. Si va da Giampiero Cantoni, l'ex presidente della Bnl arrestato negli anni Novanta per corruzione e bancarotta che poi ha patteggiato una pena di due anni, fino agli uomini della maxi-tangente Enimont: Egidio Sterpa, Giorgio La Malfa (finanziamento illecito, pena patteggiata), Carlo Vizzini (prescritto), Antonio Del Pennino (patteggiamenti per Enimont e Metropolitana milanese). A loro si aggiungono altri protagonisti minori come Mario Malossini, ex presidente della Provincia di Trento condannato per ricettazione (e prescritto per corruzione) per le tangenti sull'AutoBrennero; e il sottosegretario alle Riforme Aldo Brancher, ex uomo Publitalia, arrestato nel '93 per finanziamento illecito e falso in bilancio. Poi c'è Franco Malvano, in corsa alla Camera, sotto inchiesta per concorso esterno in associazione camorristica. Alleanza nazionale Un tempo Gianfranco Fini invitava gli indagati del vecchio Pds a dimettersi. Oggi candida i suoi in seggi sicuri. Apre la lista il ministro Gianni Alemanno, indagato per 47 mila euro di finanziamenti concessi dal solito Tanzi ad 'Area', la rivista della sua corrente. Segue il suo vicecapogabinetto Antonio Buonfiglio, candidato in Puglia e indagato a Roma per presunta corruzione nell'inchiesta sui crediti della Federconsorzi. Sempre in quella regione si segnalano l'onorevole Giuseppe Gallo, condannato in primo grado a un anno e tre mesi per abuso edilizio e l'assessore di Trani Luigi Simone, per il quale il pm ha chiesto il giudizio per una turbativa d'asta. Capolista in Piemonte sarà il viceministro Ugo Martinat, sotto inchiesta per concorso in turbativa d'asta e abuso d'ufficio. Capolista in Calabria è il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, al vaglio della Procura di Reggio "con riferimento a condotte attinenti gli interessi della criminalità organizzata nel settore dei finanziamenti pubblici, degli appalti, delle infiltrazioni nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione". Capolista in Sicilia è Domenico Nania, condannato in primo grado per gli abusi edilizi della sua villa di Barcellona. Ben piazzato è anche Giuseppe Buzzanca, l'ex sindaco di Messina al quale l'uso privato dell'auto blu è costato una condanna per peculato d'uso. Udc A 'L'espresso' il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini aveva garantito: "Non candiderò nessun indagato, tranne Cuffaro". Bisognerebbe aggiungere a quel tranne una dozzina di altri nomi. Dall'ex vicepresidente della Regione Molise, Aldo Patriciello, indagato dal 2004 per una frode negli appalti; al sottosegretario Teresio Delfino, candidato in Piemonte nonostante un avviso di garanzia nell'inchiesta sui fondi dell'Enoteca d'Italia. In Sicilia il 'tranne' di Casini diventa quasi una regola. Oltre a Salvatore Cuffaro, imputato per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e indagato per rivelazione di segreto nell'inchiesta su 'Messina ambiente', spicca Saverio Romano, sottosegretario al Welfare, inquisito per concorso esterno. Il pentito Francesco Campanella ha detto: "La cosca di Villabate lo ha votato alle politiche". Torna anche Calogero Mannino: arrestato per collusione con la mafia, assolto in primo grado, ma condannato in appello, ha visto la Cassazione annullare la sentenza. Il nuovo processo potrebbe saltare grazie alla legge Pecorella. Candidato anche il sottosegretario Giuseppe Drago, condannato a 3 anni e 3 mesi per peculato e abuso. Nel 1998, quando era presidente della Regione Sicilia prelevò 230 milioni di lire dai fondi riservati del governatore. "Li ho spesi in beneficenza", disse. Nella lista del Senato compare al quarto posto in Veneto Settimio Gottardo, l'ex sindaco di Padova che ha patteggiato una pena di 17 mesi per l'accusa di corruzione per una tangente sulla costruzione del nuovo palazzo di giustizia. Il deputato veronese Annamaria Leone ne chiese la sospensione "per gravi violazioni dei doveri morali". Non è stata ricandidata. E si è dimessa dal partito guidato dal segretario Lorenzo Cesa, arrestato nel 1993. Cesa ammise di aver ricevuto centinaia di milioni per gli appalti Anas, fu condannato nel 2001 a 3 anni e 3 mesi per corruzione ma la Corte d'appello di Roma annullò la sentenza perché lo stesso magistrato aveva svolto prima la funzione di pm e poi di giudice. Cesa è stato prescritto. Lega e autonomisti Non ci sono solo le vecchie condanne di Umberto Bossi (8 mesi per la maxitangente Enimont) e di Roberto Maroni (4 mesi e 20 giorni) per resistenza a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia in via Bellerio nel 1996. Nell'albo degli inquisiti leghisti troviamo anche l'avvocato di Bossi: Matteo Brigandì, arrestato nel 2003 quando era assessore alla Regione Piemonte e tuttora sotto processo per una presunta truffa legata agli indennizzi per le alluvioni. Poi c'è il caso di Matteo Bragantini, in Veneto. Condannato in primo grado nel dicembre 2004 per violazione della legge anti-razzismo a sei mesi di carcere e all'interdizione dall'attività politica per tre anni (pene sospese), Bragantini si trova ora alleato dei movimenti autonomisti del Centro-Sud. Diversi ma simili nella poca attenzione ai carichi pendenti. Come nel caso di Vittorio Cecchi Gori, sotto processo a Catania per voto di scambio. Il produttore corre nella lista del Movimento per l'Autonomia come Giuseppe Brizio, ex direttore della Asl Taranto 1, indagato per associazione a delinquere, truffa, falso, peculato e corruzione. Nella stessa lista, stavolta alla Camera, è candidato il figlio, Simone Brizio, anche lui indagato nell'inchiesta del padre. il resto lo trovi qui: http://espresso.repubblica.it/dettaglio-archivio/1333350&m2s=a "..a nuje10 e consorte romantici e bolscevichi [cit.].."
http://antoniorusciano.blog.kataweb.it/curriculumvitae / |