Nick: alylia Oggetto: Caddi Data: 18/6/2006 2.55.10 Visite: 155
Postato un paio di anni fa. L'ho trovato. Un po' aggiornato. Caddi. Una volta, quando ero più piccola, caddi. Sono caduta anche altre volte, ma questa la ricordo in particolar modo. Più piccola, diciamo 5 anni fa.(ora siamo a 7) Ero alla fine della terza media e caddi. Ora magari qualcuno pensa come ho fatto a cadere che me lo ricordo. Non è che inciampai, e caddi. O misi un piede storto, e caddi. Non è che qualcuno mi spinse, e caddi. Non andai a finire in un fosso, e caddi. Caddi nel modo più idiota del mondo: misi il piede sul pallone, che scivolò, e caddi. Sì perché io quando ero più piccola giocavo a calcio. Mi è sempre piaciuto il calcio, ma forse più che guardarlo in tv, giocarlo. Cominciai tanto per emulare mio fratello, giusto perché lo faceva lui, eh lui era più grande, dovevo farlo anch’io. Così spesso giocavo con lui e i suoi amici. Poi ho cominciato a giocare con i miei amici, quando mancava a loro qualche giocatore andavamo io e una mia amica. Forse ci giocavo anche perché io ho sempre voluto essere maschio, sì perché le femminuccie devono essere carine e precisine, e sono quelle deboli che poi devono essere difese e protette. Io invece volevo essere maschio, perché me la sapevo cavare e non piangevo mai davanti agli altri. Quando sei all’asilo o alle elementari e tutti per ogni cosa piangono e tu invece non piangi mai capisci che sei uno in gamba. Poi col tempo mi sono ricreduta, perché quelli che piangevano erano più forti di me. Capitò che quell’anno facemmo i "giochi della gioventù", una sorta di gare su vari sport, o perlomeno quelli nei quali si riusciva a formare una squadra. Noi riuscimmo a formare la squadra di calcio femminile, eravamo niente male, arrivammo al 2° posto regionale. Io però la finale non l’ho giocata. Ero terzino sinistro, me lo ricordo perché era il numero 3, e dimenticai di restituire la maglietta, così la tenni un sacco di tempo in più a casa. Poi mia cugina si fidanzò con De Rosa, che era il n°4, così io pensai che avevo quasi il suo stesso numero. Al tempo giocava nel Bari, poi è diventato capitano, poi è passato alla Reggina, nel frattempo si è sposato con mia cugina, e ora stanno divorziando, dopo 14 anni di conoscenza di cui 2 da marito e moglie. Comunque, tornando a prima, caddi. Stavamo facendo l’allenamento, e fuori pioveva, così giocammo nel campo al coperto che aveva un pavimento tipo plastificato, beh comunque diciamo non adattissimo per noi a giocare. Era il compleanno di un mio compagno di classe, il 4 marzo. Me lo ricordo perché poi dopo ci ho pensato, e ho riflettuto che se fossi andata come deciso a comprare con le altre amiche il regalo non sarei andata a quell’allenamento e non mi sarei fatta male. Ma anche una mia amica mi convinse, così dopo me la presi anche un po’ con lei. Nonostante credessi di essere forte mi sceglievo sempre le amiche più forti di me, quelle che riuscivano ad imporsi di più, forse lo facevo perché volevo diventare come loro. Poi sono diventata in seguito io la forte del gruppo, e ora le mie amiche mi hanno scelto perché sono io a dar loro sicurezza. Caddi, e nel cadere vidi a circa 2-3 centimetri un bel pilastrone, precisamente l’angolo del pilastrone, che per poco non mi colse, dopo ci pensai che mi poteva cogliere, ma fortunatamente non successe, e io al momento pensai "che culo, potevo farmi davvero male o rimanerci". Si sentì un bel tonfo. Caddi proprio come una pera cotta, come un sacco di patate, quindi immaginate il tonfo. Scoppiò una risata. Mi misi a ridere anch’io, perché io rido sempre quando qualcuno cade e quando cado io. Ora non cado tanto spesso, per lo più inciampo, ma questo è un altro discorso. Tento di spiegarvi la dinamica della caduta. Cadendo andò a formarsi un angolo retto tra la mano e il braccio destro, in modo che tutto il peso del corpo compresa la velocità acquisita nella caduta andò sul braccio che praticamente si spezzò a metà. Mi hanno poi spiegato che è stato a causa del fatto che ho i legamenti lassi e che quindi è più pericoloso per me quando cado. Naturalmente non me ne accorsi quando caddi. Ridevo, io. Tentai subito dopo di alzarmi, anche perché non mi ero fatta tanto male nel cadere, o comunque non avevo sentito dolore né durante, né dopo la caduta. Ora non so se riuscite a immaginare un braccio con una frattura doppia e scomposta all’ulna e al radio, diciamo che non segue perfettamente la linea dell’altro braccio, cioè si nota che non è proprio tutto a posto. Vidi come un fosso alla metà, un incavo nel braccio, ma comunque non uscirono le ossa fuori la pelle. Una ragazzina dodicenne che capisce che il braccino si è rotto diciamo che dovrebbe urlare, piangere, agitarsi, io non capisco perché, ma non feci niente di tutto questo, semplicemente andai a farlo vedere al professore, neanche correndo o con la faccia preoccupata. Non so perché ma istintivamente non lasciai il braccio da solo, per un po’ di tempo lo mantenni. Riuscivo a muoverlo, cioè le dita me le sentivo, il polso non provai a muoverlo, o adesso non lo ricordo. Mi avvicinai ai docenti, e dissi "credo di essermi fatta male". Il beneficio del dubbio è una cosa che non bisogna mai abbandonare, nonostante abbia il braccio in due. Il professore capì che non era tutto ok, così mi mandò a infilare qualcosa per coprirmi le spalle per andare al pronto soccorso; neanche lui e la professoressa diedero tanto a vedere che mi ero fatta tanto male. Ad ogni modo andai negli spogliatoi per infilare la felpa della tuta. Per la prima volta da quando ero caduta avevo lasciato il braccio. Ricordo un attimo di panico il quel momento. Ero con la mia amica. Lasciai il braccio e praticamente la mano toccò il gomito, tipo qualcosa di snodabile fatta a metà, tipo i lego o cose tipo. Lei si mise a ridere, anch’io, ma questa volta la mia era una risata nervosa, in realtà avrei voluto svenire. Chiamarono a casa, erano le 15.30, io mi ero fatta male alle 15.15 e mia madre mi aveva accompagnato lì alle 15. Le dissero di venire al Santobono. Noi passammo prima per il CTO però dove mi immobilizzarono il braccio. Non so che tipo di discorso strano fecero all’ospedale, comunque parlando con mio padre, il primario di lì di ortopedia gli sconsigliò di farmi rimanere in quel posto. Così andai alla Villa dei Fiori dove lavorava mio padre. Mi dissero che avrei dovuto fare una riduzione o un’operazione. Chiesi in cosa consistesse la riduzione e, beh, quando me lo spiegarono, preferii di gran lunga l’operazione. Mia madre comunque mi disse che avremmo deciso poi cosa fare. Andai a dormire, e il giorno dopo mi operarono. Ricordo che avevo una bella magliettina bianca e blu comprata da poco, che dovetti tagliare per sfilarla. Credo mi dispiacque più per la maglietta che per l’operazione. Mi fecero un’anestesia totale perché dovettero tagliare e infilarmi due ferri nelle ossa. Non volevo addormentarmi, ma non perché avessi paura di non svegliarmi o cose del genere, avevo paura di svegliarmi durante l’operazione e vedere quello che tagliava o crivellava il mio braccio, come si vede nei film, il sangue che schizza, la carne fuori, io avevo visto parecchi film vietati per bambini della mia età, così avevo diciamo più immaginazione al riguardo. Mi piaceva come si mangiava alla clinica, ero già stata ricoverata quando ero più piccola per problemi alla schiena, e mi ricordavo che si mangiava bene. Avrò avuto 7 anni e ci rimasi 5 giorni. Ricordo che capitava nel periodo di carnevale, perché la foto in costume con la classe in terza elementare è l’unica che mi manca. Purtroppo mio padre mi fece dimettere più presto per portarmi a casa. Mi dispiacque di andarmene presto dalla clinica perché avevo prenotato già la cena di quel giorno e ricordo che per primo erano tagliatelle alla bolognese. Non potetti giocare la finale, ma la andai a vedere e tifai per le mie compagne di squadra. Non vinsero ma fui felice lo stesso. Ho perso pure la medaglia. Rimasi ingessata 3 mesi perché non riusciva a cicatrizzarsi la ferita. Ogni 20 giorni andavo a controllare, prima non si vedevano per niente i punti, poi si è aperta un po’ la ferita. Ricordo che l’ultima volta che rinviarono la libertà del mio braccio mi arrabbiai tantissimo, perché dovevo fare l’esame quell’anno e dovevo scrivere a computer la tesina e non sarei riuscita a fare i compiti d’esame. Così mi arrabbiai con mio padre, mia madre e mandai a fanculo il primario, perché tra l’altra parte mi tolse quel giorno i ferri e mi fece un male atroce togliendomi quello vicino al gomito perché praticamente la pelle era tipo rimasta attaccata al ferro; ad ogni modo lo mandai a fanculo, ma non disse niente, forse perché ero piccola o perché ero figlia di un suo collega. Cioè non è che fece finta di non sentire nulla, più tardi mi diede uno scappellotto dietro la testa. Quando mi tolsero il gesso c’era un sacco di sporcizia sul braccio e puzzava, ma puzzava davvero tanto che schifo, e c’era tipo un casino di pelle morta sopra. L’osso di sotto, che ora mi pare sia l’ulna, comunque si addormentò un po’ per il periodo dell’ingessatura, aveva premuto troppo a lungo sul nervo adiacente, così dopo non riuscivo più a muovere l’anulare e il mignolo. Tipo quando dici schiaccia il cinque, e stendi tutte le dita, quando mi dicevano stendi le dita io facevo schiaccia il tre. Poi feci l’elettrostimolazione e un po’ di ginnastica e dopo un mesetto e mezzo era tutto più o meno normale. Ora funziona tutto correttamente solo che ho un po’ inconsciamente paura di dare troppa forza al braccio. Ho 4 cicatrici, 2 lunghe ognuna una 10na di cm e due al polso e al gomito rispettivamente di 0.5 e 1 cm di diametro, ma non si vedono tantissimo, perché mi hanno fatto una sutura interna. Se posso le tolgo col laser. Sono ancora in causa per la caduta. Dopo 7 anni. E mi fa pure un po’ vergogna parlarne, perché non c’era nessun motivo per il quale dovesse durare tanto la causa, dato che ero coperta dall’assicurazione e mi ero fatta male durante le ore di lezione coi professori presenti e testimoni. Me l’hanno mandata pure in prescrizione, la causa. E ho dovuto cambiare due avvocati. E continuano a sfornarne altri, di avvocati. Che non servono a niente e mandano in prescrizione cause semplicissime come la mia. I miei genitori non hanno voluto più che giocassi a calcio. Dicevano che era pericoloso. Così le poche volte successive non glielo dissi che andavo a giocare. Poi lo scoprirono e capirono che era inutile che mi dicessero di non giocarci. Si preoccupano ancora quando esco, dicono che sono distratta, che sono un pericolo per me stessa, perché mi faccio sempre male. Effettivamente mi sono fatta male anche un bel po’ di altre volte, ma niente di grave. Una volta stavo col motorino con mio fratello. E uscì all’improvviso uno a piedi. Io frenai, ma in realtà pensavo già che l’avrei mandato all’ospedale. Avevo già immaginato l’uomo in barella sanguinante e io a dover spiegare l’aver fatto l’ennesimo danno ai miei genitori. Invece fu lui che ci fece cadere. Non so se immaginate, non lo so perché ancora io non me ne faccio una ragione di come possa essere successa una cosa del genere. Lui sbucò da dietro un camion, era bello grosso, poco sotto il quintale, ci fissò entrambi negli occhi, come un carnefice che avesse già deciso in quell’istante la fine che avrebbe fatto fare alle sue vittime; neanche si tolse per non farsi male. No. Lui bastardissimo voleva far male a noi. Così quando non riuscimmo a fermarci in tempo lui rimase immobile, mise le mani sulla visiera e ci scaraventò per terra facendoci strusciare sul marciapiedi. Io ancora adesso che ci penso non capisco perché non si sia fatto male lui, e noi sì. Poi un’altra volta sempre col motorino una mia amica ebbe i punti in testa, ma io non mi feci niente. Lei fece un bello zompo. Poi una volta vidi un amico di mio fratello fare un brutto incidente, che si poteva veramente far tanto male, ma se la cavò coi punti. Va beh ma questo è un altro discorso. A volte, per esempio, mentre cammino, prendo le storte. In questi casi non sono mai caduta, ma inciampo. Metto il piede storto, perdo un po’ l’equilibrio, ma non cado. E non ho mai pestato una cacca. Cioè sono distratta mentre cammino ma non prendo cacche, però spesso prendo le storte, ma non cado. Non è che sono distratta. È che c’è tanta di quella vita in movimento quando ti guardi intorno che non puoi far finta di niente. Mi metterei tutta la vita a vedere le persone vivere. Credo non se ne accorgerebbero e io sarei felice. Così mi metto a guardare la vita mentre passeggio. Ma non riesco a guardare tutto, così focalizzo l’attenzione solo su un paio di cose, e inciampo. Ma non prendo cacche e non cado. Che assurdità. Non sono distratta mentre qualcuno mi parla, anche se sembra che mi distraggo, solo che vengo attirata da qualche parola, dal suo suono, dal suo significato, e ci fantastico un po’ sopra, ma non perdo il filo del discorso. Dopo se l’interlocutore vuole ripeto tutto, ho una memoria strabiliante circa le parole e le persone, ma sembra che sono distratta, sembra anche a me stessa di distrarmi, forse non completamente. Non mi sono distratta quando ho scritto il post, non tanto comunque. Magari prima scrivevo meglio. Continuo a distrarmi. E ho preso una storta comprensiva di scivolata qualche giorno prima di 2 capodanni fa da un tacco 100 che ho tenuto fasciato il piede per 2 settimane. Mi basterebbe fosse stata "l’eccezione alla regola".
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