Affibbiare l'epiteto di "puttana" a una donna costituisce sempre un reato. Lo stabilisce la Cassazione confermando la sentenza della Corte d'appello di Genova di un anno di carcere per un uomo ritenuto colpevole di maltrattamenti alla moglie. Il marito spesso diceva alla moglie che "era una puttana, si vestiva da puttana e doveva tornare a fare la puttana". Inutile la difesa che parlava di "normali liti tra coniugi".

Sotto l'effetto di sostanze alcoliche, l'uomo in due occasioni aveva anche aggredito la consorte con pugni. E il suo atteggiamento continuo aveva indotto nella donna uno stato di profonda soggezione e prostrazione. Nel suo ricorso, la difesa sosteneva anche che il marito non aveva affatto offeso la donna poiché lei, prima di incontrare il futuro marito, "svolgeva veramente la professione di prostituta".

Tuttavia, nonostate il passato di "lucciola" della moglie, secondo i giudici della Suprema corte il consorte non aveva il diritto di ingiuriarla, umiliarla, disprezzarla e offendere la sua dignità andando a ledere, quindi, la sua integrità morale (art. 572 del codice penale che vieta i maltrattamenti).

La quarta sezione penale della Suprema Corte (sentenza n.27612) ha così respinto i ricorsi dell'imputato condannandolo anche al pagamento delle spese processuali e, "tenuto conto della natura dei motivi", al pagamento di una multa di mille euro alla Cassa delle ammende.

Dare della "puttana" a una signora, anche se esercita effettivamente il meretricio, è quindi inequivocabilmente e sempre un reato.

2/8/2006




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