Nick: godkyuss Oggetto: world trade center Data: 3/8/2006 10.16.47 Visite: 51
ROMA - In "World Trade Center" di Oliver Stone, la mattina dell'11 settembre 2001, un agente dell'Autorità Portuale di nome Will Jimeno è al lavoro come tutti i giorni, allontana le prostitute e gli accattoni dal terminal degli autobus quando all'improvviso sente un forte rumore provenire dall'alto. La cinepresa effettua una panoramica, ma non si dirige verso il cielo, come si potrebbe supporre, bensì verso la strada, per riprendere l'ombra di un aereo che vola basso e che risale la facciata di un edificio. Stone non mostra mai gli aerei che si schiantano nelle Twin Towers e preferisce farci sapere, sin dall'inizio, che assisteremo da terra, da sottoterra, alla prospettiva dell'uomo comune di un evento storico mentre questo si verifica. I poliziotti raffigurati in "World Trade Center" sono ragazzi qualsiasi e Stone racconta una storia vera. I suoi eroi non sono pronti per il disastro che incombe. La maggior parte degli agenti della piccola squadra comandata dal sergente John McLoughlin (Nicolas Cage) rifiuta di offrirsi volontaria per entrare negli edifici. Si fanno avanti soltanto in pochi, e tra essi c'è Jimeno (Michael Pena). Gli uomini, spaventati, si muovono lentamente, con circospezione e qualche esitazione. Nonostante tutto, in quella pericolosa circostanza fanno il loro dovere. Il loro coraggio, così come quello delle loro famiglie e dei loro soccorritori, contribuisce a riscattare il più cupo dei giorni. Questa non è la storia sull'11 settembre che la maggior parte delle persone si sarebbe mai attesa da Oliver Stone. Cinque anni fa, all'indomani degli attentati del 2001, fu chiesto a Stone che tipo di film avrebbe fatto ed egli citò "La battaglia di Algeri". Parlò di un film strutturato come una caccia, che avrebbe messo in luce in che modo opera il terrorismo. Ma "World Trade Center", realizzato con la piena collaborazione di McLoughlin e Jimeno è lontanissimo dalla "Battaglia di Algeri". Non tocca il tema del terrorismo. Parla di eroismo. È l'unico film che Stone non si è scritto da solo. Tuttavia, leggendo l'efficace sceneggiatura di Andrea Berloff ha capito subito che la voleva, e si è candidato per esserne il regista. "L'aspetto bello della sceneggiatura è che in essa c'è speranza", dice Stone. Egli sapeva che dopo "Alexander" e altri fallimenti commerciali, Hollywood lo considerava una merce avariata, e i suoi due Oscar non avevano neppure più peso. Commovente in modo assai intenso e completamente apolitico, "World Trade Center" è un film che avvince. McLoughlin, 53 anni, e Jimeno, 38, si trovavano in missione di soccorso quando l'edificio è collassato intorno a loro. È la prima volta che vediamo la terrificante riproduzione dell'implosione della Torre, il suo boato, una scena che ha un impatto assolutamente indelebile sullo spettatore. Ma è nel momento di calma mortale immediatamente successivo allo schermo diventato nero, è quando si avvista nel buio il corpo immobilizzato di McLoughlin tra le macerie che lo spettatore avverte una pugnalata di panico claustrofobico e si identifica. Questa è la domanda che Stone si è posto: fino a che punto può reggere lo spettatore? E che cosa può illuminare l'arte? Un artista dovrebbe sentirsi limitato dalla sensibilità dei sopravvissuti? Chi è in grado di giudicare che cosa può e che cosa non può essere detto di quell'evento spartiacque? L'uscita del film pochi mesi dopo il tragico film di Paul Greengrass "United 93" è indice di una svolta a 180 gradi avvenuta nei cinque anni trascorsi dall'attentato, quanto meno secondo Hollywood. All'indomani dell'11 settembre, tutte le riproduzioni delle Torri che comparivano nei film furono cancellate digitalmente. I registi ridisegnarono il profilo della città di New York, nel timore che la vista di quegli edifici in una commedia romantica del tutto innocente come "Serendipity", per esempio, avrebbe potuto far cambiare umore al pubblico e distrarlo dalla commedia. Si tagliò uno spezzone di "Spider-Man", nel quale il super-eroe tesse la sua tela tra le Torri. Ma nel 2005 Steven Spielberg in "Munich" alla fine della pellicola già inseriva digitalmente le Twin Towers nello skyline di New York, collegando il terrorismo del suo racconto all'attentato terroristico che ci sarebbe stato. Adesso Stone fa ancora di più e ci porta dritti dritti nel cuore straziato di Ground Zero. Creare l'arte a partire dalla tragedia è una risposta umana primordiale. A New York è iniziata il 12 settembre. Le fotografie sono state ovviamente la prima risposta naturale: documentare con immagini strazianti una città sconvolta e sottosopra è parsa la prima e più impellente risposta. Cantautori di ogni genere hanno composto musiche che avrebbero dovuto essere balsamo per il dolore. Più avanti sono subentrati commediografi, coreografi, pittori, compositori e romanzieri, tutti impegnati a cercare di riflettere su quella giornata che ha cambiato il futuro. Sin dall'inizio c'è stata una consapevolezza profonda di quello che era culturalmente appropriato. I film catastrofici furono tolti dai palinsesti televisivi. I film ultraviolenti già in preparazione furono (temporaneamente) cancellati. Clear Channel distribuì un lungo elenco di canzoni ritenute poco adatte ad essere messe in onda. Come ci ricorda il film di Stone, noi americani fummo circondati dall'affetto di tutto il mondo. Ma non doveva durare. La politicizzazione dell'11 settembre non si è fatta attendere. In un clima di paura, di sventolio di bandiere, con una guerra preventiva che sarebbe arrivata da lì a poco, l'artista divenne sospetto. La stampa di destra accusò Steve Earle di tradimento per aver scritto "John Walker's Blues", una canzone che pretendeva di entrare nella mente del giovane Taliban americano catturato in Afghanistan. La sinistra invece rimase inorridita dalla risposta musicale all'11 settembre "Courtesy of the Red, White, and Blue" di Toby. "Il fatto che dopo l'11 settembre tutti si siano sentiti come se dovessero mettersi in fila e marciare al ritmo di uno stesso tamburo è stato un momento molto triste nella storia dell'arte", ha detto Michael Moore. Quando al cinema si mostrò il trailer del film "United 93" di Greengrass, alcuni gridarono che era "troppo presto" per rivivere quell'esperienza. Nessuno però si chiese se non fosse troppo presto per Ian McEwan per pubblicare il suo romanzo intitolato "Saturday", o per Jonathan Safran Foer per scrivere "Estremamente forte e incredibilmente vicino", o se non fosse stato decisamente troppo presto per il precedente telefilm trasmesso su A&E e visto da un pubblico enorme, "Volo 93". "World Trade Center" di Stone è un genere di film molto diverso. Per molti aspetti è una storia che pochi di noi hanno sentito raccontare. Cosa ancora più importante, ci consente di sperare, perché è una storia di sopravvivenza e altruismo. Ciò che ha in comune con "United 93" è il desiderio di considerare l'avvenimento con occhi non influenzati dalla politica. "WTC" dovrebbe risultare gradito sia ai conservatori (che la Paramount sta attivamente corteggiando con serate in anteprima a Washington), sia ai liberali. Tutto ciò non potrà non cogliere di sorpresa coloro che considerano Stone il polemico regista di "JFK", "Nixon", "Salvador". Semplice e diretto, ritmato in modo classico, questo film di Stone non ha neppure la febbrile isteria stilistica di "Natural born killer", né il martellamento emotivo che talvolta guasta "Nato il quattro di luglio". "Lo stile di questo film", dice Stone, "è dettato dall'argomento stesso che esso tratta, la sua semplicità, la sua modestia, le sue origini operaie". "World Trade Center" è molte cose: un gesto commemorativo, un film su un'operazione di soccorso che incolla alla poltrona, un commovente tributo a coloro che hanno rischiato e dato la loro vita a Ground Zero, e un dramma famigliare. "Le conseguenze dell'11 settembre sono immense per il mondo intero, non soltanto per l'America" dice Stone. "Questo film riguarda tutti, ovunque, chi ha sentito avvicinarsi la morte per l'attentato di Madrid o per un terremoto o per lo tsunami. Tratta un unico tema, quello del sentirsi in trappola, del dover dipendere dagli altri per i soccorsi. Una volta mentre stavo annegando a Bali fui salvato da qualcuno insieme a mio figlio. E in Vietnam sono andato vicino alla morte molte volte. In tutte queste circostanze si è consapevoli di quello che si vive". I produttori Michael Shamberg e Stacy Sher erano entusiasti che Stone avesse del film la stessa idea che avevano in mente loro. Nel giro di soli 20 minuti dall'inizio della loro prima riunione, Stone e Berloff avevano già una copia cianografica del Trade Center distesa per terra e stavano tracciando il percorso dei loro eroi. La caratteristica intensità del regista non è mai venuta meno. "World Trade Center" celebra i legami che ci tengono uniti, i vincoli che ci permettono di andare avanti, la bontà che ha la meglio e pare condannare tutta l'atrocità che ebbe luogo quel giorno. Forse, in futuro, i tempi richiederanno qualche visione più provocatoria, più polemica o più sovversiva. Per adesso, pare proprio il film sull'11 settembre di cui abbiamo bisogno.
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