Nick: FandangoL Oggetto: Incivilta' Data: 2/3/2004 17.0.18 Visite: 161
Salve a tutti e ditemi bentornato. Dopo il mio bellissimo viaggio di nozze sono qui a raccontarvi la mia prima esperienza da uomo sposato. Vi premetto che mia moglie e' russa e quindi extracomunitaria ed ha bisogno del permesso di soggiorno per restare con me (non basta essere sposati) Per fare il permesso di soggiorno ci siamo recati il giorno 16 di febbraio a chiedere informazioni. Vi illustro piu' o meno il colloquio che abbiamo avuto con il poliziotto all'ingresso della questura (ufficio immigrazione). Io: Scusate, cosa devo fare per far avere il permesso di soggiorno a mia moglie? Pol: Dovete presentare qui la documentazione necessaria. Avete preso il numero per entrare? Io: No, come si prende il numero? Pol: Assegnamo qui i numeri la mattina alle 7.30 e poi l'ufficio apre alle 8.30 Io: Se quindi veniamo alle 7.00 riusciamo ad entrare? Pol: Beh, ogni giorno assegnamo 50 numeri e c'e' gente che fa la fila gia' alle 4.30 di mattina. Potete immaginare la mia espressione di sgomento. Comunque ci rassegnamo e ieri mattina ci svegliamo alle 3 di notte ed alle 4.30 in punto siamo fuori alla questura e... Sorpresa! C'e' una fila pazzesca. Faccio scendere mia moglie che corre a mettersi in fila e intanto parcheggio l'auto. Appena la raggiungo scopro che c'e' un uomo che raccoglie i nomi delle persone in fila e siamo il 46. Mi metto a parlare con l'uomo (che si chiama Marco ma e' tunisino) Io: Ma lavori per la polizia per prendere i numeri? Marco: No, ma e' la quinta volta che vengo e non voglio rimanere fuori un altra volta Io: Che numero hai? Marco: Il 4 Io: Ah, non sei neanche il primo. Da che ora sei qui? Marco: Dalle 6 di ieri pomeriggio (avete capito bene!) Io: Ma danno cinquanta numeri ogni giorno? Marco: Dipende. Alcuni giorni 50, altri 40, altri 60. A seconda di come si sentono con la testa Io: Quindi non siamo sicuri di entrare Marco: Esatto Immaginate l'espressione di panico di mia moglie e la mia al sentire queste parole. Per tutte le 3 ore di attesa (sotto la pioggia e la grandine) con il terrore di rimanere fuori. Verso le 7 del mattino arriva un albanese in mercedes che cerca di infilarsi in testa alla fila. Si rischia quasi di venire alle mani. Alla fine resta un po' di lato (c'e' molta gente piu' grossa di lui) in attesa di cosa fare. Alle 7.20 del mattino dalla porta della questura fuoriscono delle transenne e le persone vengono messe in fila per 3 (come la canzone di Bennato). I vari accompagnatori vengono fatti allontanare. Due senegalesi mi dicono da lontano: "Siamo in fila dietro le transenne, come i maiali al macello". Detto da un musulmano suona tremendo. Accanto a mia moglie c'e' un ragazzo che per mestiere ha fatto la fila al posto di un altro uomo. Alle 7.30 arriva una volante della polizia. L'albanese tenta di convincerli che lui e' il numero 20 e che deve entrare nella fila. Ovviamente nessuno di quelli che era li' da una notte intera ha intenzione di farlo passare e la polizia capisce il tipo e lo allontana. Nel frattempo mia moglie parla con i vicini di sventura e scopre che la maggior parte di loro e' venuta 3/4 volte prima di riuscire ad entrare. Finalmente alle 7.40 assegnano i numeri. I numeri vengono personalizzati con le date di nascita per evitare che vengano falsificati. Appena fuori dalla fila Marco mi chiama e mi fa: "Lorenzo, ascolta un consiglio. Quando tua moglie deve salire a fare il permesso di soggiorno falle fingere di non parlare italiano. Altrimenti non ti fanno entrare". Effettivamente cosi' facciamo. Alle 8.30 la prendo sottobraccio e con il numero alla mano entro. Comincia l'attesa in una sala dove sono accalcate tutte le persone che devono presentare i documenti assieme a quelle che devono ritirare il permesso di soggiorno. Ci sono cartelli tutto attorno che dicono: "Mediatore culturale" Sono in realta' ragazze che ogni tanto si affacciano alla sala con qualcuno accanto e fanno: "C'e' qualcuno che lo capisca e che possa tradurre in italiano?" Finalmente, verso le 12.30, entriamo allo sportello e scopriamo che mia moglie deve lasciare le impronte digitali. Ci dicono di rimanere nella sala in attesa di essere chiamati. Il ragazzo che aveva fatto la fila per un altro uomo, molto alterato mi dice: "E' una pratica barbara ed incivile" Concordo. L'impiegato per ogni persona a cui deve prendere le persone perde circa 20 minuti. Tra di noi ci chiediamo cosa ci voglia a prendere l'impronta di due mani. Nel frattempo si fanno le 14 e l'impiegato ci chiama e fa: "Andate a mangiare qualcosa, ci vediamo alle 15" Andiamo a mangiare (ed a sedere dopo quasi 10 ore in piedi) e torniamo alle 15 in punto. Stranamente adesso ogni persona rimane dentro la sala impronte solo 5 minuti. Qualcuno ironizza: "Ormai gli straordinari glieli pagano. Si vede che deve tornare presto a casa". Alla fine, ormai sono le 15.50, e' il turno di mia moglie. Quando esce ha le mani sporche di inchiostro e il sapone tra le dita. Mentre lei si lava le mani un signore nella sala d'attesa mi dice: "Qui non siamo tornati ai tempi degli emigranti, siamo ancora peggio. Qui e' come per gli schiavi neri delle piantagioni di cotone in America. Che schifo. Che incivilta'!" Concordo L
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