Nick: TaToRe^ Oggetto: re:Finanziaria, ecco i numeri! (n.b., non definit Data: 2/10/2006 22.23.44 Visite: 99
Inserire solo le aliquote irpef senza tener conto di tutte le accise a livello regionale e comunale è abbastanza riduttivo. E poi io sono sempre dell'idea che per muovere un'economia devi invogliare a spendere, e non si può spendere se lo stato continua quasi a rubare i soldi ai cittadini sotto forma di tasse perché poi non deve e non vuole fare i tagli alla spesa pubblica.
Comunque ti riporto qui di seguito degli articoli tratti da 2 quotidiani, La Stampa e Il tempo in modo tale che potrai constatare anche tu come due giornali, che si reputano abbastanza indipendenti, abbiano espresso pareri molto titubanti sulla nuova legge.
Il Senato ha già iniziato a smontare la Manovra Numeri risicati a Palazzo Madama L’iter parlamentare della legge è già in salita
« La Finanziaria passerà indenne in Parlamento». Ne è convinto il premier Romano Prodi che ieri, concludendo la sua conferenza stampa milanese, rispondeva così ai giornalisti che provavano a provocarlo. A giudicare dai commenti che arrivano dall’interno della maggioranza, però, quello del Professore sembra essere un eccesso di ottimismo. Il Parlamento, piuttosto, sembra essere già pronto a «smontare» una Manovra che, come ha detto ieri il segretario del Pdci Oliviero Diliberto, è fatta di «luci e ombre». Soprattutto al Senato, dove la maggioranza non gode certo di «ottima salute», l’aria che si respira non è buona. Basta riprendere le dichiarazioni di sabato del presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama Lamberto Dini. «Nella Finanziaria ci sono troppe tasse - aveva detto l’ex premier -. Pochi i tagli alla spesa pubblica». Parole dure che arrivano da un esponente di spicco della Margherita e che non rassicurano certo la maggioranza. Anche perché Dini sembra non essere solo. L’ex ministro del Lavoro Tiziano Treu (che casualmente ha ricoperto questo incarico per la prima volta proprio nel governo Dini), ad esempio, pur esprimendo un giudizio «sostanzialmente positivo» sulla Finanziaria, si augura che «possano esserci delle modifiche in Parlamento» e ricorda «l’invito del presidente Marini a cercare il dialogo». Idea condivisa dal presidente dei senatori dell’Idv Nello Formisano che parla di «un provvedimento migliorabile in Parlamento, con il contributo di tutte le forze politiche». Insomma, l’idea che la Manovra , dopo aver ricevuto un ulteriore limatura a Montecitorio, possa essere blindata al Senato, non piace. Al punto che il presidente della Commissione Difesa del Senato Sergio De Gregorio ha già lanciato il suo avvertimento: «Le Forze armate escono malissimo dalla Finanziaria; tra un pò non avranno nemmeno più i soldi per il carburante. Per difenderle sono disposto a fare le barricate in Senato e non escludo di non votare la fiducia, se fosse posta». Come se non bastasse, agli avvertimenti dei senatori, si uniscono i malumori di numerosi partiti della maggioranza che sono già pronti a rimettere in discussione nelle aule parlamentari, il compromesso uscito dal Consiglio dei Ministri. Così, il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ieri ha parlato di «un sì condizionato». «È assurdo - ha detto - essere costretto a minacciare di non votare una Finanziaria per ottenere quello che nei patti e nel programma era stato già previsto». «Il problema - ha continuato - è che ognuno di noi ha visto la Finanziaria per la sua parte di competenza e per grandi meccanismi, sanità, pubblico impiego ecc. Però è ovvio che adesso bisogna fare una lotta in Parlamento. Bisogna trovare il coraggio di ridurre il cuneo e aumentare i finanziamenti all’ambiente, ai giovani e all’innovazione». Anche la Rosa nel Pugno non è soddisfatta dalla Manovra. Per il segretario dei Radicali Daniele Capezzone, infatti, «nel Dpef c’era l’impegno ad agire in modo strutturale sul versante della spesa pubblica. Invece, capovolgendo l’impostazione approvata dal Parlamento il Governo ha puntato sulle tasse. È un errore da correggere, a mio avviso». Analisi condivisa dal segretario dello Sdi Enrico Boselli che ha denunciato le «troppe concessioni» che il Governo ha fatto al «populismo di Rifondazione». E proprio da Rifondazione arriva una scaletta di correzioni necessarie. «La manovra - ha spiegato ieri il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena - potrà comunque essere ulteriormente migliorata, in particolare per quanto riguarda i fondi per il piano casa, nel corso del lungo passaggio parlamentare, recependo i segnali delle organizzazioni sociali: dei sindacati, dell’associazionismo e degli enti locali». La partita, insomma, è appena cominciata.
di GIANNI DI CAPUA (www.iltempo.it)
Robin Hood senza ripresa
La Finanziaria 2007 si proponeva di realizzare contemporaneamente un effetto ridistributivo che può essere indicato come «effetto Robin Hood» (togliere ai ricchi per dare ai poveri) e un «effetto ripresa», ossia uno stimolo alla crescita derivante da sgravi fiscali ai privati e da investimenti pubblici. Nel provvedimento presentato dal governo, dopo faticosa gestazione, c'è molto Robin Hood e assai poca ripresa, in un quadro complessivamente modesto che non giustifica l'affermazione del presidente del Consiglio, secondo il quale sono state prese «decisioni fondamentali per il futuro della società italiana», ma neppure quelle, piuttosto truculente, di esponenti dell'opposizione i quali hanno parlato di «macelleria sociale» e di «vivisezione sociale». Per descrivere questa manovra rimane purtroppo di attualità la metafora tradizionale di un vestito consunto al quale sono state applicate nuove pezze. Per comprendere la modestia degli interventi ridistributivi, basti pensare che, per un lavoratore dipendente con moglie e figlio piccolo a carico e un reddito in busta paga di circa 1400 euro al mese, l'aumento netto sarà di 428 euro all'anno, ossia poco più di un caffè, forse di un panino al giorno. Si può stimare che parallelamente una famiglia con due figli e due genitori che lavorano come impiegati di livello medio-alto con un reddito - sempre lordo - di circa 80 mila euro l'anno subirà una decurtazione delle entrate pari a circa 1200 euro l'anno, ossia il prezzo di circa due gelati artigianali al giorno.
Lo Stato-Robin Hood si appresta quindi a togliere mediamente due gelati al giorno ai «ricchi» per dare mediamente un caffè al giorno ai poveri, un modesto passo avanti verso l'equità, probabilmente necessario, che però francamente non sembra né rivoluzionario né risolutivo. Questo modesto passo verso l'equità, accompagnato da grande retorica, sta creando preoccupazione tra le categorie sociali di reddito medio. E' forte il rischio che i cosiddetti ricchi siano intimoriti mentre i poveri non ringrazino, anche perché una parte di questo regalo sarà assorbito dai già preannunciati aumenti tariffari. Appare evidente l'arcaismo di una parte della sinistra, che in quest'occasione è risultata politicamente egemone, prigioniera di una visione sociale non aggiornata oltre che di una forte diffidenza verso qualsiasi tipo di lavoratore autonomo, considerato un evasore potenziale e quindi da punire in anticipo con minori detrazioni e aumenti di contributi.
Invece di agire sulle imposte dirette sarebbe stato forse più efficace colpire, con aumenti delle imposte indirette, alcuni aspetti vistosi dei consumi dei ricchi; ma soprattutto sarebbe stato necessario riconoscere che l'effetto ridistributivo di qualsiasi riforma fiscale politicamente sostenibile risulta assai limitato. In realtà, non ci si può attendere un vero movimento verso l'equità dalla redistribuzione fiscale ma da una crescita bene indirizzata che crei buone occasioni di lavoro e buone prospettive per i giovani, di tutte le classi sociali, da anni i veri sacrificati della società italiana. Qualcosa è stato fatto per favorirli, specie per quanto riguarda gli assegni famigliari, ma la riforma delle pensioni (unico modo per liberare risorse consistenti a loro favore) è stata rinviata. Anche le misure immediate per la crescita risultano impallidite rispetto alle attese della vigilia come la riduzione del «cuneo fiscale», posticipata al luglio 2007, mentre alle imprese potrebbe essere tolto il beneficio derivante dall'uso dei fondi accantonati per il Tfr, i quali dovrebbero confluire all'Inps.
Vi è poi grande incertezza per quanto riguarda i tagli, largamente rinviati a decisioni successive in sede locale; è lecito avanzare qualche dubbio sull'effettiva volontà e capacità degli enti locali di ridurre la spesa in assenza di un radicale ridisegno dei servizi. Dove possibile, Comuni e Regioni approfitteranno della «finestra fiscale» che consente loro di aumentare l'Ici e altri tributi, per cui il taglio potrebbe essere sostituito dalla tassa; misure specifiche per contenere i costi, come il diverso trattamento al pronto soccorso dei pazienti con «codice bianco», sono certo sensate, ma è facile prevedere che il numero di questi pazienti diminuirà improvvisamente e molti presenteranno sintomi di maggiore gravità, il che consentirà di non pagare il ticket. La mancanza di azioni strutturali è accentuata dal rinvio di ogni discorso di fondo sulla scuola (si è data semplicemente risposta alle istanze della categoria) e sulla ricerca scientifica, mentre il costo della politica è stato affrontato solo in maniera simbolica: l'autoriduzione degli emolumenti da parte dei cento e più membri di questo governo è sicuramente un bel gesto, ma nulla è stato fatto per contenere gli emolumenti dei 100-150 mila italiani, dai parlamentari ai consiglieri di circoscrizione, che sono retribuiti per l'attività politica.
A questo punto, il successo dell'azione del governo dipenderà dal recupero dell'evasione, dall'attitudine degli italiani con bassi redditi ad aumentare i consumi con i loro piccoli aumenti di reddito mentre gli altri dovrebbero mantenerla invariata. Per avere effetto, questo aumento di consumi deve poi rivolgersi soprattutto a prodotti italiani, il che appare sempre meno verosimile. In definitiva, le sorti dell'economia italiana appaiono sempre più legate alla domanda estera, sempre meno dipendenti dalla Finanziaria; il che significa che un vero colpo di timone non è stato dato.
di Mario Deaglio (www.lastampa.it)
|