Nick: falconero Oggetto: é lungo Data: 21/3/2004 13.0.18 Visite: 101
10 anni di AN - IgnorANti per caso o per scelta? CULTURA, ovvero "quel complesso di cognizioni, tradizioni scientifiche, filosofiche ed artistiche, procedimenti tecnici e simili, trasmessi ed usati sistematicamente, caratteristico di un gruppo sociale, di un popolo o dell’intera umanità". Questa la definizione che un noto vocabolario della lingua italiana dà di quella che per molti militanti politici, purtroppo anche di destra, resta una bestia misteriosa. Perché chi fa politica a destra, oggi in AN come ieri nel MSI – DN, salvo poche luminose eccezioni, ha quasi sempre considerato la formazione culturale come un aspetto secondario della sua attività politica? Scelte individuali forse, almeno in parte comprensibili se si pensa agli anni in cui fare politica a destra significava vivere ogni ora del giorno e spesso della notte per strada, in un vortice di attivismo spesso esasperato che lasciava molto poco spazio a priorità che non fossero quelle della sopravvivenza personale e della difesa propria Comunità. Ma oggi? In un periodo storico in cui per fortuna chi fa politica dalla nostra parte non corre più alcun rischio se non quello di essere risucchiato in un’escalation di elezioni e convention patinate, che poco o nulla hanno a che vedere con le nostre tradizioni e la nostra identità, perché la cultura è così poco considerata? Una domanda che molti dovrebbero porsi, una questione che forse solo pochi hanno il coraggio di affrontare. Il rapporto tra destra e cultura affonda le sue radici in tempi lontani, senza che nessuno, per mancanza di volontà o per precisa scelta politica, abbia mai saputo o potuto accostarvisi in maniera esauriente ed efficace. Abbiamo cercato qualche risposta nelle parole di due uomini di notevole spessore intellettuale, il Prof. Giuseppe Parlato ed il Prof. Marco Cimmino, ai quali abbiamo appunto chiesto perché la destra abbia quasi sempre investito pochissimo sulla formazione culturale. "Fin dai tempi del vecchio MSI, che era un partito estremamente pragmatico – ci ha detto il Prof. Parlato – la cultura era considerata come un qualcosa di svincolato dalla realtà quotidiana, un elemento che non poteva incidere sulle scelte del presente. Non dimentichiamoci poi che il MSI, almeno all’inizio, era composto prevalentemente da reduci della Repubblica sociale, persone che avevano quindi riferimenti ben determinati. La linea del partito perciò seguiva un’impostazione precisa e qualunque ridefinizione di un percorso culturale alternativo – come per esempio le posizioni prese a favore del ’68 (vedi Accame dalle pagine della rivista l’Orologio) e il tentativo di rinnovamento e ripensamento operato dalla Nuova Destra – implicava un rischio di rottura dell’equilibrio del Movimento Sociale. Testimonianza ne è il fatto che personalità come Accame, Tarchi ed in seguito Veneziani, si sono allontanati dalle strutture del partito. Quella che si verifica in AN è una situazione simile: Fini infatti, per tenere insieme l’aggregazione che a Fiuggi ha dato vita al nuovo partito, tralascia o sfuma gli elementi identitari e di cultura, seguendo una linea impostata sulla prassi più che sugli aspetti culturali. E se questo premia forse dal punto di vista elettorale e di sopravvivenza dell’insieme, non permette però di dare vita a progetti propriamente culturali". In entrambi i casi prevalenza di realismo politico quindi, anche e a volte troppo spesso, a scapito di percorsi formativi che servirebbero forse a creare buoni uomini ma non necessariamente buoni dirigenti di partito, per lo meno in un contesto in cui la politica è nella maggior parte dei casi legata all’immagine e alla forma più che alla sostanza. "La cultura è irrilevante nella formazione politica se non è stata alla base della formazione umana: il problema è che spesso essa viene vista solo come corollario culturale per poter ribattere alle argomentazioni altrui" ci ha detto il Prof. Cimmino. E quando gli abbiamo chiesto perché la destra ha quasi sempre considerato la cultura come un elemento secondario, al punto che una persona di destra, preparata e di alto livello intellettuale, che voglia mettere a frutto le sue capacità e competenze, nella maggior parte dei casi ha dovuto farlo al di fuori delle strutture di partito, ci ha risposto sottolineando il "disinteresse del partito per gli aspetti culturali che non fossero strumentali a qualcos’altro. Perché uno dovrebbe studiare, faticare applicarsi, quando basta farsi strada in un partito per garantirsi potere, denaro e magari una laurea ad honorem? Come dice John Connor in T2? Soldi facili!". Alla luce delle considerazioni fatte ci sembra difficile tracciare scenari possibili e realistici in cui AN impegni energie, strutture e appoggi economici per dare vita ad attività culturali articolate. L’impegno di organizzare percorsi ed eventi che promuovano in modo appropriato ed efficace le nostre idee e soprattutto curino la formazione di uomini liberi e quindi militanti politici preparati, è per ora lasciata all’iniziativa di singoli che, per capacità e per passione, dedicano la loro militanza alla cultura. Ci auguriamo che in futuro Alleanza Nazionale, in una prospettiva di ritrovata e rinnovata identità, voglia appoggiare e sostenere tutti coloro che, seguendo l’esempio di Marzio Tremaglia, siano in grado di mettere le istituzioni al servizio della diffusione del nostro patrimonio tradizionale e della cultura in genere. Cristina Di Giorgi
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