Nick: ^SiErO^ Oggetto: una morte silenziosa Data: 29/1/2007 13.26.49 Visite: 171
Morti silenziose Squilla il telefono. Un pomeriggio qualunque. - Ciao, sono Angelo - Ciao, Angelo, come va? - Insomma, non molto bene. Ti devo dare una brutta notizia. - Dimmi, cosa c'è? - E' morto Gaetano - Come? - S'è impiccato in bagno. - Ma cazzo, non è possibile… - Sì, l'hanno trovato appeso a un gancio fissato al soffitto. Sembra che abbia lavorato col trapano un buon quarto d'ora per fissare il gancio, inserire il cappio e lasciarsi andare. - I genitori sono stati avvisati? - Sì. Due ore fa. - E quelli della comunità? - Sono stati i primi a trovarlo. Gianni è ancora sotto shock. - Non ci posso credere che si sia ammazzato così. - E' quello che ha detto anche lui. Era un caso grave, ma nessuno si aspettava un esito così … così... - Così definitivo. - Già. *** Gaetano è morto in questo modo, Giovanna l'hanno trovata in una cantina, quasi decomposta, ancora con la siringa nel braccio. Antonio si è ucciso con un'overdose volontaria la sera precedente il nostro ultimo incontro. Emilio è stato stroncato da una cirrosi epatica che l'aveva costretto a letto in ospedale, il corpo pieno d'acqua e lo sguardo vitreo, mentre cercavo inutilmente un luogo dove lo accogliessero. Lucia è stata portata via dall' Aids e non sono riuscito a provare altro che un sordo silenzio, mentre qualcuno singhiozzava dall'altro lato del telefono. Lorenzo è stato trovato carbonizzato in un furgone senza ruote, per non aver pagato un debito di roba. Ne muoiono a decine, a centinaia, tutti gli anni, uno ogni otto ore in questa nostro paese e non fanno neanche più notizia. Come chi muore in autostrada, sono numeri. Ma io li conoscevo tutti quanti e ogni volta sento ingrandirsi la mia rabbia. *** Non tutti muoiono, non tutti. Anche se le statistiche dicono che muoiono quindici volte più dei loro coetanei, la maggioranza vive. Vive male e desidera dimenticare, ma vive. Tra lavori precari e furti in famiglia, metadone preso a intervalli e ricadute, effimeri legami sentimentali e solitudine densa. Il carcere, la piazza, l'ospedale, il servizio. Come una strada prese troppe volte. E' difficile combattere contro un nemico desiderato. Ti ritrovi tra la dipendenza e la voglia. E tu in mezzo, armato di parole e qualche indirizzo. E poi, se gli togli la roba, impazziscono. Si ritrovano davanti ad uno specchio pieno di buchi, l'identità in pezzi e una rabbia senza oggetto che li pervade. Disturbo di personalità, ciclotimia, sindrome ansioso-depressiva, dissociazione. Così parlano gli esperti. A me sembrano solo parole, insiemi di parole che servono a frenare l'impotenza di chi lavora. Ma io non sono un operatore. Io ero uno di loro, un tossico. E, ogni volta che muore qualcuno dei miei compagni vorrei dare sfogo a un dolore violento che mi viene fuori dallo stomaco. In attesa della prossima volta. DA UN BLOG FaRfAlLa In sEmIlIbErTà |