Nick: harding Oggetto: ricchezza Data: 17/4/2004 14.30.35 Visite: 109
Erano i tempi in cui scrivevo tutto su carta. Tempi leggeri. Fini a se' stessi e per questo belli. Era una delle mie prime storie importanti. Solo dopo un mese di frequentazione scoprii che era schifosamente ricca anzi, meglio, la sua famiglia lo era. Da parte di madre da generazioni si barcamenavano tra proprietà, terreni, ville, capitali europee ed una ricchezza molto dignitosa. Stile Agnelli per intenderci. Nessuna (eccessiva) ostentazione. Da parte di padre erano i nuovi ricchi. Quelli con le farmacie, con i centri di analisi cliniche, quelli che un USL era una mucca da mungere bene. Avidi e dalle macchine sportive in garage. Lei, invece, era una tipa molto romantica e fuori dal mondo, assolutamente avulsa dai problemi della Terra ma ancora non corrotta da quel fiume di soldi che le scorreva accanto. Una volta fummo invitati ad una festa a casa di figli di amici della sua famiglia a Positano. Era piena estate. Andammo in moto. Ci accolsero i genitori degli amici. Facevano i radical-chic a piedi scalzi e con le magliette stinte ma i nostri caschi li diedero ai camerieri in livrea che giravano per casa. La netta sensazione di essere a disagio mi prese non appena avvistai una fontana(!) in mezzo al loro salotto. Dissimulavo ma non riuscivo ad essere naturale fino in fondo. Sulla terrazza si poteva godere una vista mozzafiato su una parte di Positano ma soprattutto sull'incredibile serie di bougainvillea rossaamaranto che costituiva la cornice della terrazza. Sembrava di stare in un punto privilegiato da Dio che aveva voluto circolettare col colore delle sue creature estive. I ragazzi e le ragazze che ballavano in pareo erano tutti tanto belli quanto sinistri anche se non sapevo dare una piena spiegazione a quest'ultimo aggettivo. Forse li sentivo estranei e basta. Mi stava per prendere la mia solita sensazione di vuoto (quando quello che non mi piace fuori riesce a penetrare nei miei pensieri e stanziarsi). Inziai a guardarmi intorno in cerca di fuga. Una scala portava su un terrazzo più su. Salii portandomi lei per mano. Lì la musica e le voci si sentivano ovattatate. Ci sedemmo su delle fresche panchine di pietra bianca guardando le stelle che comparivano ad una ad una nell'incipiente notte. Stemmo in silenzio per un bel po'. Un lontano odore di gelsomino arrivò alle nostre narici quando mi chiese: "E domani?" La guardai e risposi: "Per me potrebbe anche non venire". |