Nick: OCUSUTORE Oggetto: unire l' utile al dilettevole Data: 6/4/2007 0.47.2 Visite: 167
Sex: The Annabel Chong Story Tutti insieme appassionatamente martedì 14 ottobre 2003 di Michele Ainzara La giovane Grace Quek, in arte Annabel Chong, attrice pornografica classe 1972, decide di battere un record mondiale: intrattenere rapporti sessuali con trecento uomini diversi, nell’arco di una sola giornata. L’impresa fallirà, a causa di un’emorragia interna provocatale da uno dei partner, e dovrà arrestarsi a duecentocinquantuno in dieci ore. Questo la porta in ogni caso, il 19 gennaio 1995 a conseguire il primato assoluto, e a darle una notorietà consistente nel mondo della pornografia. Il tutto avviene all’oscuro della famiglia, che scoprirà il vero mestiere della giovane solo dopo il compimento dell’impresa, causando forti squilibri fra madre e figlia. Il documentario di Gough Lewis dedicato all’impresa di per sé non presenta particolari caratteristiche, se non appunto il soggetto. La macchina da presa segue i protagonisti della storia con una certa freddezza, anche se riesce difficile credere alla genuinità di alcuni momenti. Si segue Annabel-Grace fra Los Angeles, dove vive, Londra, dove è cresciuta, e Singapore, dove è nata, alla ricerca di amici e familiari. Il film si apre con un estratto dal Jerry Springer Show, che ospita Annabel Chong, fiera narratrice della sua opera. Per chi non lo sapesse, il Jerry Springer Show è quanto di peggio la tv americana sia in grado di produrre, ma stiamo attenti a sventolare le nostre bandiere, perché non si discosta molto dal peggio che Maria de Filippi riesce a spremere dalle sue meningi perverse (o da quelle dei suoi autori, ma questo non la solleva da alcuna responsabilità). L’idolo della nostra eroina è Madonna, e come lei vuole a tutti i costi arrivare a un successo eclatante. La differenza è che Madonna ha saputo mettere a frutto il fatto di saper cantare, ballare e recitare (male in tutti e tre i casi), raggiungendo la fama mondiale, mentre la povera Annabel ha a sua disposizione tre virtù molto più semplici, una delle quali strettamente connessa al suo essere donna. L’unico modo per trarne un vantaggio notevole, rispetto alle altre pornodive, è di farsi riprendere, mentre le dà in pasto, tutte e tre contemporaneamente, a un numero indeterminato di uomini. Questo dà origine a un film, che riesce a vendere quarantamila copie, un successone secondo gli esperti del settore, intervistati dal regista. Seguiamo perciò Annabel nella preparazione del primato, fra lezioni all’università, incontri con gli amici e un po’ di storia della sua infanzia. Si scopre la vera Annabel, la ragazza intellettuale, che studia, si documenta e vuole dare un senso sociale al suo gesto. La liberazione della donna consiste anche nella possibilità di poter avere tutti i rapporti sessuali che si desiderano, senza per questo essere considerata una prostituta; bisogna poter avere il diritto di farsene un vanto, così come è già lecito per gli uomini. La giovane filosofa dell’amore libero è attorniata da un gruppo di produttori hard, una manica di squallidoni che la spremono come un limone, e non le passano, fra l’altro, neanche un centesimo dei diecimila dollari promessi per l’opera titanica. Per fortuna che Annabel ci rassicura, dicendo che non l’ha fatto per denaro. Per carità, che la pornografia sia un diritto acquisito, su questo non ci piove. La cosa che continua a stupire, è come mai tutti quelli che vi sono coinvolti, ogni volta che siano intervistati, sentano la necessità di giustificare il loro mestiere. Certo, possiamo forse considerare esagerata la dichiarazione di quel regista, che ha affermato che non c’è niente di strano, nel filmare una donna posseduta da tre uomini insieme, e perché no nel vedere anche la sua testa tagliata di netto da un quinto partecipante alla festa, ma non è forse attraverso le provocazioni, che si arriva all’evoluzione? A favore di Annabel c’è una consistente levata di scudi, da parte di chi vi ha lavorato assieme: ci viene garantito che, se la maggior parte delle attrici porno finge sul set, questo a lei non accade. Ciò che fa le piace, ed è una vera soddisfazione vederla in azione. Arriva finalmente il gran giorno, e Annabel si dona con generosità alla mandria assatanata dei contendenti. Secondo una politica più che corretta, quasi tutti indossano il preservativo. Quelli che non ce l’hanno, sono professionisti col certificato sanitario in regola. La ragazza gode di ogni istante delle duecentocinquantuno relazioni, così come documentato dalle telecamere, che riprendono ogni dettaglio dell’evento. Pare però che non vi siano ritorni consistenti né a livello economico, né a livello professionale. L’unico risultato veramente rimarchevole, è il deterioramento dei rapporti con la madre. Annabel le giura che farà il possibile per riacquistare credibilità presso la genitrice, e difatti una volta tornata negli States, ricomincia a lavorare nel cinema pornografico. Mai come questa volta, la domanda sorge spontanea: che dire? La qualità del documentario è così standard, che è inevitabile dirottare il giudizio sulla vita di Grace. Per quanto la giovane si sforzi di darci un’immagine alternativa a quella della pornodiva, le si possono riconoscere così poche qualità, che pare chiaro che la mega ammucchiata sia stato l’unico modo per lei di mettersi in mostra in poco tempo. È difficile credere al suo lato intellettuale, perché le argomentazioni sono abbastanza fiacche, e tutto sommato quello che dice non interessa molto. Nella maggior parte delle inquadrature, si possono percepire atteggiamenti agitati, che denunciano un disturbo nervoso diffuso, rinfocolato da abbondanti dosi di stupefacenti (ci dice che ha avuto problemi con la droga, ma anche se non ce lo diceva, si capiva lo stesso). Si tenta una patetica rivisitazione del suo passato, quando a Londra fu violentata da sei uomini contemporaneamente: ma per sua stessa ammissione seguì volontariamente uno sconosciuto, che la portò in un luogo isolato, che per sua stessa ammissione le metteva paura, ma la eccitava. Per sua stessa ammissione fece volontariamente l’amore con lui, che, visto il terno al lotto, pensò bene di andare a chiamare anche i suoi amici. Lei restò lì ad aspettarlo tutto il tempo. Sia le sue esperienze precedenti, narrate dai compagni di scuola (tutti passati per il suo letto), che quelle successive, ormai arcinote, gettano almeno un’ombra sull’ipotesi stupro. Una certa stampa francese ha bollato il film come una visione bacchettona della vicenda, accusando il regista di moralismo e voyeurismo (accusare di voyeurismo un regista che decide di girare un documentario sulla vita di una pornostar, mi pare una solenne perdita di tempo, oltreché banale: Libération ha perso un colpo). Secondo me è una questione di limiti: portarsi a letto tutta la sezione maschile della propria scuola, è un conto; fare la pornodiva, va bene; farsi riprendere, mentre si viene montate da più di duecento uomini in dieci ore, non ha nulla a che vedere né con l’essere bacchettoni, né con l’essere liberali. È più una questione di intelligenza. non c'è bandiera non c'è colore state tutti sott a OCUSUTORE http://ircnapoli.com/forum/show.asp?id=1464005&fid=12&tid=0 |