Nick: Rr.Selavy Oggetto: re:Chagall Data: 4/6/2007 0.51.19 Visite: 31
La problematica insita nella collocazione di un’opera d’arte in un luogo definito può essere condensata in una sola immagine sintetica: Autoritratto a sette dita di Chagall. Tale quadro rappresenta una condizione del tutto particolare che è insita nella creazione di un’opera. Esso raffigura l’artista nel momento di elaborazione di un dipinto e in esso sono indicati in maniera precisa tre luoghi: il primo, che si vede dalla finestra, è il luogo dove l’artista è in quel preciso momento; il secondo, disegnato come un fumetto in alto a destra, è ciò che pensa l’artista, è cioè il luogo che l’artista ricorda e che è alla base dell’ispirazione del quadro che sta producendo; il terzo è il paesaggio che prende forma sulla tela grazie all’abilità dell’artista. Ora i tre paesaggi sono diversi, l’artista non ricorda e non vuole rappresentare il luogo dove risiede, ma qualcosa impresso nella sua memoria e che intende raccontare ad altri, solo che, nel momento in cui prende forma, l’opera non è più uguale al ricordo. La memoria non è, infatti, una riproduzione fedele, uno scatto fotografico del ricordo, è già una deformazione, è un’interpretazione tesa a comunicare, più che la conformazione oggettiva del luogo ricordato, il suo senso, il suo significato, il contenuto che è alla base della ragione per cui ancora l’artista lo conserva dentro di sé. Questa puntualizzazione di Chagall, su ciò che accade all’artista nel momento della creazione dell’opera diviene, per noi che leggiamo l’opera, ancora più critica se pensiamo che tutto ciò è contenuto in un quadro, che a sua volta è un’opera d’arte che non racconta di nessuno dei tre luoghi, ma della situazione mentale e psicologica dell’artista e che, probabilmente, è posto, in senso fisico, in un luogo, forse un museo, forse una galleria, che non è in nessuno dei tre luoghi rappresentati. Questo rimanda alla condizione di chi deve definire il progetto di allestimento. Chi espone deve trovare l’adeguata collocazione a tale calembourdi memorie, permettendo sia la comprensione dell’opera, che la partecipazione attiva del fruitore il quale, a sua volta, sovrapponendo le sue memorie e i suoi ricordi a quelli evocati dall’artista, compirà l’intero percorso insito nell’opera d’arte e da essa suggerito. Il fruitore, infatti, contribuisce con la sua conoscenza, la sua cultura e le sue emozioni a dare un senso compiuto all’opera ed in particolare al suo adeguato inserimento in un particolare contesto ambientale. Tra i molteplici principi progettuali che sottendono l’allestimento se ne vogliono mettere in risalto per brevità solo i seguenti: il rapporto tra assenza e presenza e la dialettica tra singolarità e molteplicità. È importante infatti riferirsi alle aspettative del fruitore e utilizzarle allo scopo di attrarrne l’attenzione. preso da qui http://www.dibaio.com/home.htm Sono il mio contributo all'arte |