Nick: TIFOSOTT8 Oggetto: Quello che non capisco Data: 11/6/2007 18.34.18 Visite: 388
Se la retorica del calcio come riscatto della città risulta fastidiosa, lo stesso si può dire di quella presunta antiretorica per la quale una vittoria sportiva non vale niente di fronte ai problemi di una collettività. C'è una terza via che a molti sfugge, ma che con ogni probabilità è quella più adatta per inquadrare adeguatamente un evento sportivo. Una vittoria calcistica è esattamente quello che suggerisce la definizione: un primato conquistato nell'ambito di una disciplina sportiva. Dovendo scrivere un pezzo per il manifesto di domani mi era stato chiesto di parlare, appunto, di questo legame fra il club e la città. Ho affrontato la cosa parlando invece del successo sul campo, cercando di storicizzare l'evento inquadrandolo nella progressiva decadenza degli anni 90 e della successiva risalita della gestione de laurentiis. Una partita di calcio raccontata esattamente come una partita di calcio. Una cosa evidentemente troppo strana per quelli che se il napoli vince vogliono tirarci fuori un'occasione di riscatto per la città. Ma anche per quelli che le vittorie sportive non servono a niente quando la città declina. Sono due posizioni apparentemente opposte, ma in realtà viziate dalla stessa convinzione che il calcio debba, nel bene e nel male, riflettere i mali o i pregi della sua collettività di riferimento. Come quando il Napoli comprò Savoldi senior per la cifra record (allora) di due miliardi. I giornali del nord tuonarono contro una città che appena qualche anno prima affrontava il colera e che si permetteva la sfacciataggine di spendere una cifra senza precedenti per un calciatore. Un approccio del tutto strumentale, privo di qualsiasi logica. Come se la SSC Napoli fosse la stessa cosa del Comune di Napoli e i suoi soldi potessero essere usati senza distinzioni per comprare un calciatore o costruire una scuola. Una società di calcio è esattamente una società di calcio, può sembrare sorprendente ma nella realtà dei fatti è un'impresa privata attraverso la quale i suoi azionisti cercano di trarre profitti innescando un ciclo virtuoso fra costi e ricavi, attraverso i risultati del campo, che si traducono in biglietti venduti, sponsorizzazioni e diritti televisivi. Ora, questa società può avere sede a Milano e non avere alcun debito morale o identificazione impropria con la città di Milano e i suoi eventuali problemi. Così come può avere sede a Napoli, essere un esempio di gestione oculata e redditizia per i suoi azionisti, senza che questo debba necessariamente avere un qualche benefico influsso sulle disfunzioni della città che la ospita. Leggo sempre su ircnapoli le invettive avvelenate contro Napoli, la scarsa educazione della sua popolazione, la mentalità criminale di tanti giovani e meno giovani. Al punto che mi chiedo spesso se il forum di questo sito è l'unica vera espressione della società civile cittadina. Oppure, più realisticamente, un luogo di raccolta dei rancorosi a tutti i costi. Oggi questi rancorosi tuonano contro la promozione del Napoli, "perché - dicono - non risolve i problemi della città". Onestamente non vedo perché dovrebbe. Non mi risulta che De Laurentiis sia il sindaco e nemmeno che Pier Paolo Marino sia un assessore. Sono rispettivamente un imprenditore e un manager esperto che in un particolare segmento della società italiana operano negli interessi di una società privata. Che poi la riuscita del loro progetto possa essere un esempio per chi fa impresa a Napoli ben venga, ma che qualcuno si illuda, affidando al calcio poteri taumaturgici che non ha e non potrebbe mai avere mi sembra francamente infantile, stupido, rancoroso. Privo di qualsiasi prospettiva. |