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Nick: Kashmir
Oggetto: Condanna a un'innocente
Data: 4/9/2007 16.43.23
Visite: 226

Mi guardi. Mi fissi.



Mi stai scrutando, sotto la luce della nostra complice astrale; ogni tanto l’occhio ti cade sulla mia ombra che sembra spostarsi col vento, quando invece sono quei lunghi fili d’erba a muoversi, gli stessi che al ritmo dell’acqua, della terra e dell’aria carezzano dolcemente il nostro lago; sì, quel lago è nostro soltanto, tutto quel mondo, quel momento.

Io sono nuda, felice, sospiro, tremo, fremo, gioisco, mi sento completamente parte dell’ambiente, mi ricordo che io faccio parte dell’ambiente, che sono ambiente; sento in me qualcosa che si prepara ad esplodere da un momento all’altro ed allo stesso tempo mi abbraccia un’immensa sensazione di serenità e di pace.

Cammino nuda sulla riva, guardo il lago fondersi col cielo, creando quell’effetto meraviglioso che solo la notte può dare.

La notte. La nostra dama nera, colei che ci prende per mano portandoci verso un mondo parallelo senza preoccupazioni, senza angosce, senza nessuno, dove ci siamo solo io e te.

Con la coda dell’occhio ti guardo, mi piace essere ammirata da te, mi fai sentire viva, desiderata, eterna.

Facciamo ancora l’amore, ti amo di nuovo, ti amo sempre di più, fremo di passione, godo nel sentirti godere, gemo dei tuoi gemiti, vivo del tuo respiro, ogni singolo battito del tuo cuore sembra fondersi con tutti gli altri suoni: quelli del silenzio.

E’ un sogno, un sogno che ho fatto con te, da sveglia. Un sogno avverato che non si realizzerà mai nella sua veste più splendida.

Mi riaccompagni a casa ancora una volta, come tutte le altre notti, ti sorrido e ti bacio senza trasmetterti neanche una piccola parte di ciò che sto sentendo, di tutto il dolore accumulato in questi mesi, perché voglio vederti sorridere, voglio vederti felice, so che non mi ami e che forse non potrai mai farlo, ma io ti amo, ti amo, ti sento mio e non lo sei, ed ogni volta che torno e mi infilo nel mio letto, abbracciando il cuscino, sperando di sognare che tu sia lì accanto a me, perché io ti giuro che vorrei soltanto abbracciarti, per farti addormentare su di me, dolcemente, magari mentre ti carezzo il viso pian piano per non disturbare il tuo sonno e al contempo per darti tutto quel calore di cui hai bisogno e di cui ti nutri avidamente quando sei con me, sapendo che è la tua unica risorsa illimitata.

Ma tu vai via, ogni volta, e quando mi stendo nel letto ancora non voglio realizzare ciò che sta realmente accadendo, ed ogni volta mi lascio andare di nuovo, mi abbandono nell’illusione che la notte duri per sempre, sì, è lei, e fin quando resta, il nostro momento esiste ancora, ma poi ogni volta torna la luce del giorno, porta via la notte, e con essa il nostro magico istante, la nostra vita, il mio pensiero fisso nella tua anima dura e fragile; la mia felicità.





"Marie!!! Maledizione hai il colloquio fra un’ora!! Alzati!"

"Eh? Chi?"

"Cretina, alzati e vai immediatamente a prepararti, fai sempre così!"

"Ho dormito poco…"

"Guarda caso, ogni volta dormi poco coincide con quando scopi troppo!! Che coincidenza eh? Scopa di meno e vedrai che dormi come un angioletto"

Beth ha ragione, torno sempre tardi da mesi ormai, da quando sto..anzi..da quando vedo Kevin. Il mio uomo in teoria e non in pratica, o viceversa, dipende dai contesti e dai momenti, ma nella vita non è mio né in un caso né nell’altro.

Fra me e Kevin c’è un’intesa straordinaria, ci capiamo al volo in tutto, non soltanto nel sesso.. Beth dice "scopare" per prendermi in giro, ma sa benissimo per me che valore ha quell’uomo. Stavolta la botta l’ho presa bella grossa, e non posso dire neanche "vorrei che non fosse mai accaduto", perché mi sarei persa i momenti più belli della mia vita.

Mi vesto in fretta e furia, cercando comunque di indossare qualcosa che mi stia bene, che metta in evidenza le parti migliori del mio corpo, devo essere bella, bellissima per quest’incontro.

Dopo un’ora riesco ad essere lì, dopo aver corso come una pazza per la strada, ovvio, ma è troppo importante per me questo colloquio, è diverso da tutti gli altri, non posso permettermi di fare neanche un minuto di ritardo.

Entro, mi avvicino alla segretaria, lei mi fa un sorriso a trentadue denti, l’avevo sentita nominare chiaramente, ma è la prima volta che la incontro.

"Salve signorina, posso esserle d’aiuto?"

"Buongiorno..dovrei fare il colloquio per quel posto in redazione"

"Sì, certo, si accomodi lì, la chiameremo quando il direttore si sarà liberato".

Mi siedo, in preda al panico, non riesco a guardarla negli occhi, a stento trattengo le lacrime. E’ una bella donna, sono certa che avrà anche un sacco di altre qualità, dopotutto lui ha scelto lei.



"Hai portato le foto per l’articolo?"


Questa voce..oddio…eccolo, sta arrivando, ma come proprio adesso? No, che faccio? Sono nei guai, è nei guai, siamo nei guai! Devo cercare di andarmene.

Fingo di voler fumare, prendo una sigaretta con tutta l’intenzione di avviarmi verso l’uscita, ma non funziona..il tempo di chinarmi a prenderla e di girarmi, che me lo trovo di fronte, faccia a faccia, mi si strozza il respiro in gola, guardo lui e con la coda dell’occhio guardo lei, mi sento in difficoltà, ho paura di lasciar trapelare qualcosa.

"Buongiorno"

"Salve.."

Ecco, il suo gelido "buongiorno", lo stesso che mi riserva ogni volta che ci incontriamo alla luce del Sole, non da assolutamente a vedere che mi conosce, anzi, mi guarda molto rapidamente e poi si volta verso di lei.

"Kevin, amore, ti hanno chiamato dalla redazione cinque minuti fa"

"Ti ringrazio, tesoro, vado immediatamente".

Bastardo, fottuto bastardo.

Io non ti ho mai chiesto nulla, non ho mai preteso niente da te per non incasinarti la vita, e tu ti metti a fare le smancerie con la segretaria davanti a me, lo so che è tua moglie ma, diamine, anche io ho un’anima, non solo lei! Anche io soffro maledettamente, anzi, solo io, lei è inconsapevole di tutto e forse quindi sta anche messa peggio di me, va bene, ma sono io l’imbecille che ti pensa di continuo e non può averti e che non ti ha neanche quando ci vai a letto.

Forse neanche lei ti ha, non lo so, non so neanche se invidiarla o meno.



"Prego signorina, è il suo turno" mi dice lei sorridendo, e più mi sorride più io mi sento una stronza. Una stronza che si è andata ad innamorare di un uomo sposato, che ha perso la testa per lui, che vorrebbe dei bambini da lui, vorrebbe poterlo amare per il resto della sua vita.

Tutti a dire "mandalo a fanculo", "non lo avrai mai", "digli di lasciarti in pace", pare facile! Pare facile a loro! Non è così semplice cancellare dalla propria vita una persona così importante, non è un pezzo di carta da archiviare, ed io non sono una macchina.



Mi avvio verso l’ufficio del direttore, cerco di nascondere l’ombra nera enorme che sovrasta il mio sguardo, e con un falso sorriso da premio Oscar, saluto cordialmente il direttore, mi siedo, cominciamo la nostra lunga chiacchierata.

Ho la sensazione che sia andata bene, spero che sia per ciò che gli ho detto e non per i miei pantaloni estremamente aderenti, in ogni caso spero di aver fatto una buona impressione. D’altronde i pantaloni aderenti non li ho certamente messi per fare colpo su di lui.

Mi avvio verso l’uscita sperando che la segretaria sia in pausa caffè.

Non esattamente.

Sta per andarci e mi chiede se mi va di accompagnarla.

"Dopotutto lavoreremo insieme, no?"

"Ehm.." tentenno io… "magari..chissà com’è andata"

"Ah, stia tranquilla, quando il direttore sorride in questo modo e non sbatte fuori la persona dopo tre secondi, vuol dire decisamente che è andata bene"

"Se lo dice lei..grazie.."

Prendiamo questo benedetto caffè insieme, io tremo come una foglia, visibilmente, le dico che è per la tensione accumulata durante il colloquio, lei se la beve alla grande, ad un certo punto ci presentiamo ufficialmente, lei mi chiede di darle del tu.

Ci sediamo insieme al tavolino, chiacchieriamo del più e del meno, ovviamente lei comincia a parlare del marito, il mio Kevin, non sapendo che di lui so molto più di quanto ne sa lei, e la cosa mi fa davvero star male, adesso oltre ai sensi di colpa c’è anche lo stomaco che si contorce al pensiero che lei lo vede e lo stringe a sé tutti i giorni e che ha anche due bellissime bambine con lui.

Mi mostra le foto delle piccole sorridendomi, io le guardo, mi scende una lacrima che asciugo velocemente con un fazzoletto del bar, cerco di non dare a vedere che ho un nodo in gola grande e pesante quanto un’incudine, mi sento sempre peggio, sto per vomitare, comincio a perdere colorito e lei se ne accorge.

"Marie, che hai? Ti senti male?"

"No no tranquilla, un piccolo calo di pressione"

Corre verso il bancone, prende le bustine di zucchero e me le porge con fare materno, io le verso con estrema gratitudine nel mio bicchiere d’acqua, sapendo benissimo che non servirebbe a nulla neanche un’intera fabbrica di cioccolato.

Ad un certo punto si guarda alle spalle.



"Toh, parli del diavolo e spuntano le corna" – le corna? Adesso svengo. – "Ecco il mio Kevin"

Il tuo Kevin? Ne sei sicura? Oddio quanto faccio schifo, quanto merito di sparire dalla faccia della Terra.

Lui stavolta non riesce a nascondere ciò che sente, ma solo per un istante, sgranando gli occhi in preda al panico per uno, due secondi, dopodiché si avvicina con fare cordiale e si presenta.



"Piacere signorina, sono Kevin" –ma và…-" con chi ho l’onore?" -ah, fai pure il gentile, esperto paraculo che non sei altro.

"Mi chiamo Marie" –lo sai, stronzo.- "l’onore è tutto mio" –Lessie recita meglio di me.



Mi invento un improvviso impegno e saluto entrambi, corro verso la cassa per pagare, quando Kevin mi ferma per un braccio con un falsissimo sorriso cortese dicendomi "Non ci provi neanche, ci penso io." Poi, mentre rivolgo lo sguardo verso la borsetta, lui continua a guardarmi sorridendo per non far capire nulla a sua moglie Jamie, e sussurra..

"Mi dispiace, piccola"

"A me di più, Kevin. Devo andare via prima di sentirmi male"

"Vorrei aiutarti, accompagnarti, ma come faccio?"

"Risparmiatelo. Ciao. Ciao piccolo.."



Vado via di corsa, ma mentre mi volto per dare un ultimo saluto a Jamie vedo loro due che si danno un bacio, troppo lungo, troppo. Quei baci glieli do io, quei baci sono miei, quei baci sono il mio nutrimento..il suo..

Svengo, e come se non bastasse sbatto la testa sullo spigolo di un tavolino, la perdita dei sensi mi aiuta a non sentire il dolore, tutto diventa sempre più nero, prima di chiudere del tutto gli occhi vedo una goccia di sangue colare sul maglione.



Apro gli occhi e non sono sul mio letto, quindi purtroppo non ho sognato, me ne rendo conto nonostante abbia un enorme fascia in testa e mi senta ancora completamente stonata.

Si avvicina dolcemente l’infermiere augurandomi un buon risveglio e chiedendomi come sto. Gli rispondo che va tutto bene (grande cazzata), lui mi aggiusta cortesemente il cuscino e mi avverte che c’è una mia amica in sala d’attesa che vorrebbe salutarmi. Dico di farla entrare tranquillamente, ed ecco arrivare Jamie, più dolce e sorridente di prima, mi viene incontro con una scatola di cioccolatini, mi fa anche una carezza sul viso, va bene, tanto ora posso svenire più tranquillamente dato che sto già sul letto..



"Marie, tesoro, come ti senti?"

"Un po’ meglio, ti ringrazio, sei stata troppo gentile, vai tranquilla"

"No no piccola" – un brivido mi oltrepassa tutta la spina dorsale: Kevin mi chiama piccola. "Starò qui con te tutto il tempo che sarà necessario"

"Sto bene, davvero, tra poco mi faranno uscire"

"Ma no, hai sofferto tanto, vero che hai sofferto?"

"Jamie..ti dico che non ho sofferto, avevo perso i sensi.."

"Io dico che hai sofferto, sì hai sofferto tanto, perciò sei svenuta, ahh come hai sofferto."



Continua a dirmi così, sempre con voce molto dolce e cordiale, ma c’è qualcosa di inquietante nel suo atteggiamento, perché dice sempre questo?



"Scusami, cosa te lo fa pensare?"

"Beh, ho fatto tanto per ridurre il cuoricino da troia che hai in brandelli, dammi un po’ di soddisfazione"



Oddio…sa tutto..ha capito tutto, questa ha veramente capito tutto..



"C-cosa intendi??" cerco inutilmente di salvarmi in calcio d’angolo ma ormai sono fottuta, il tono di voce mi inganna, come d’altronde anche il sudore, lo sguardo e la mia gestualità, vorrei alzarmi ma non ci riesco, la testa mi gira troppo, non so che fare, sono in preda al panico.



"So tutto di te, troia, mi fai così stupida? Sono mesi che seguo il nostro uomo..ops, il mio uomo, lo so che ogni tanto gliela dai, cosa credi?" Continua a parlare col viso sorridente, ma la voce si trasforma, diventa più acuta, lo sguardo più penetrante e duro, sembra quasi sadico.



"Jamie non è così…non è che ogni tanto gliela do…ne sono innamorata, te lo giuro, non riesco a perderlo, ad allontanarmi, mi dispiace Jamie, ci sto malissimo, non avrei mai cercato di mia iniziativa una storia del genere" le dico con voce tremante. Sento le braccia e le gambe sempre più pesanti, mi blocco, non so cosa fare, dico quello che mi passa per la testa, non riesco più a ragionare.

Lei si alza e comincia a camminare intorno al letto, con le braccia dietro la schiena, guardando in avanti, vedendomi con la coda dell’occhio. Ha i capelli raccolti, quindi riesco a scorgere ogni sua piccola ruga, ogni cambiamento del suo sguardo, ogni piccolo movimento delle labbra, se le inumidisce passandovi la lingua sopra mentre parla.

"Lo so che sei innamorata, me ne sono accorta sin da quando ti ho vista in ufficio, da come l’hai guardato. Ti brillavano quegli occhioni da cagna che ti ritrovi. Perciò ho voluto farti soffrire, perciò ti ho parlato per tutto il tempo di lui, dovevi star male, dovevi morire dentro, come sono morta io quando vi ho visti" per un attimo ho sentito una forte tristezza nel suo tono di voce, mi sono sentita male per entrambe, per me e per lei, l’ho sentita vicina, nonostante il suo enorme carico di odio che si è abbondantemente diffuso nell’aria, è così denso che sembra quasi di poterlo toccare, è terribile.



"Mi sento uno schifo, mi devi credere, mi sono sempre sentita mortalmente in colpa nei tuoi confronti da quando sto con lui, ma ti assicuro che anche io sto a pezzi, non sto vivendo più, lui è la mia luce, la mia gioia, nei momenti che è con me" -riesco a parlare con tono più deciso, ma la voce è sempre affranta, sono confusa e non so come uscire da quella situazione, non so come rimediare, cosa dirle, sento di aver perso tutto, sento di sprofondare nel nulla assoluto, non riesco più a reagire. Sono spenta, tremo, provo tante di quelle emozioni che non riesco più a decifrarle, lascio che gli eventi mi controllino, come al solito. Non riesco a trovare la freddezza necessaria per affrontare la conversazione, la mia vita, tutto.



Lei mi rivolge lo sguardo con dolcezza, torna al suo tono di voce calmo e tranquillo, lo stesso che mi ha rivolto quando ci siamo conosciute: "stai tranquilla, adesso andrà meglio per tutte e due, sistemeremo tutto, ognuna non avrà più nulla di che preoccuparsi".

Io resto sconcertata dalle sue parole, non sto più capendo cosa vuole dirmi, dove vuole arrivare.

"Le bende sono bagnate" mi dice "hai visto?"

"Già, è vero, non riesco a capire perché"

"Oh, ti è colata anche sul viso, hai visto?"

Sento il volto bagnato, prima non lo avevo notato perché mi gira la testa in una maniera assurda, la guardo con aria dubbiosa, lei esce fuori al balcone, continua a fissare l’orizzonte, si accende la sigaretta.

Non spegne il fiammifero, si gira, mi guarda, me lo getta in pieno volto.

La faccia prende fuoco, il dolore è allucinante, mi fa urlare a squarciagola, sperando che qualcuno almeno mi senta, ma mi accorgo che non mi esce la voce, mi agito, sussulto, cerco di lenire le fiamme che mi stanno consumando la faccia in qualche modo, prende fuoco il cuscino, sono sempre più disperata, sento il dolore entrarmi nelle ossa, urlo senza voce, piango senza lacrime.

Adesso sto a casa, ho appena finito di raccontare. Quando si dice l’amore fa male, l’amore uccide..eheh. Ho tolto tutti gli specchi dalla casa, non riesco più a guardarmi, non solo per il mio aspetto ormai, ma per non ricordare, non l’episodio all’ospedale, ma ciò che mi ha lasciato un amore a metà, che mi ha fatto nascere e morire mille volte, che mi ha dato e tolto la vita, che nonostante tutto rimarrà per sempre.

Sherree Rose, vedendo che la festa era riuscita perfettamente e che gli invitati ridevano e ballavano, si chiese: "Perché qui tutti si divertono e io no?". Sherree non sapeva che in quel momento ogni invitato, nessuno escluso, aveva il suo stesso pensiero



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