Nick: URANYA Oggetto: I DIARI DELLA MOTOCICLETTA Data: 27/5/2004 18.22.37 Visite: 112
Ieri sono entrata un po' scettica al cinema... ne sono uscita emozionata, entusiasta, commossa... Merito di un film bellissimo, da vedere... per riscoprire non solo la vita di un grande uomo ma anche l'importanza di seguire sempre i propri ideali, con tenacia e cuore...
TRAMA: Nel 1952 due giovani argentini, Ernesto Guevara e Alberto Granado, si misero in viaggio per scoprire la vera America Latina. Ernesto, 23 anni, era uno studente in medicina specializzando in leprologia, e Alberto, 29 anni, un biochimico. Il film segue i due giovani alla scoperta della complessa e ricca topografia umana del continente latinoamericano. Con un senso dell'avventura molto romantico, i due amici lasciano la loro città natale, Buenos Aires, in sella ad una sgangherata Norton 500 del 1939. Sebbene la moto si rompa nel corso del loro viaggio di otto mesi, loro proseguono facendo l'autostop lungo la strada. Attraverso le persone incontrate in viaggio i due cominciano a intuire un continente diverso dal previsto, mentre la geografia dei luoghi riflette sempre più il progressivo cambiamento delle prospettive. Giungono sulle alture di Machu Picchu, dove le maestose rovine e il significato straordinario dell'eredità degli Inca hanno un profondo impatto sui due giovani. In una colonia di lebbrosi ai bordi del Rio delle Amazzoni peruviano, i due prendono a interrogarsi sul valore del progresso determinato dai sistemi economici, così spietati nel lasciare indietro tante persone. Le esperienze nella colonia risvegliano dentro di loro il germe degli uomini che diventeranno più tardi, definendo il percorso etico e politico che intraprenderanno nella vita. Basato sui diari di Alberto Granado e dell'uomo che sarebbe diventato "El Che", I diari della motocicletta rappresenta un viaggio interiore alla scoperta di sé, tracciando le origini di un cuore rivoluzionario. RECENSIONE: Un viaggio che inizia come un'avventura, ma che ben presto si trasforma nella scoperta di una realtà sociale e politica che all'epoca la maggior parte dei latinoamericani ignorava. L'inquietudine della giovinezza, gli ideali che iniziano a formarsi, l'insaziabile amore per il viaggio porteranno i due ragazzi a percorrere migliaia di chilometri, dall'Argentina al Cile, dal Perù alla Colombia al Venezuela alla scoperta di civiltà paradossalmente prossime ma sconosciute, di tradizioni dimenticate, di lingue antiche. Alberto ed Ernesto però, toccheranno con mano anche le pene del popolo sudamericano, vessato da povertà e malattie, schiacciato da un capitalismo che si sta imponendo e da un progresso che non esita a sopprimere i più deboli. Basato sui diari scritti da Alberto Granado e da Ernesto Guevara, il film diretto da Walter Salles (quello di Central do Brasil) ci rimanda l'immagine di due ragazzi che, ignari del loro futuro, si avventurano carichi di aspettative in un viaggio che li cambierà per sempre. Nella società americana del secondo dopoguerra i giovani imparano per la prima volta a non ostentare la falsa sicurezza dei loro padri e soprattutto a manifestare quell'inquietudine che derivava loro dal "disagio della civiltà". La generazione di cui sto parlando, si confronta con la dura condizione degli operai e dei neri, con il dilagare della violenza civile, con la paura del conflitto atomico. Negli stessi anni in cui Guevara compie il suo primo viaggio attraverso il continente latinoamericano Kerouak affronta la prima traversata degli Stati Uniti. Due diversi modi di vivere un'inquietudine, due diversi approcci alla vita: entrambi fuori dagli schemi, entrambi forti personalità, due miti (seppur diversi) che trovano nel viaggio e nella scoperta dell'altro lo stimolo per compiere grandi gesta. Per il padre della beat generation la vita on the road è volta alla ricerca di nuove sensazioni e di esperienze forti, alla scoperta di sé stessi, del sesso, della droga, dei valori umani e della coscienza collettiva, per colui che sarebbe diventato El Che, il viaggio nello sconfinato spazio delle pampas coincide con la presa di coscienza che il continente latinoamericano è ingiustamente suddiviso in tante nazioni, che la gente vive in condizioni spesso pessime, che i ricchi ed i poveri abitano due pianeti diversi, che i malati non hanno gli stessi diritti dei sani, che i nativi sono ridotti a minoranze disprezzate. La pellicola in questione ci mostra tutto questo, senza lasciarsi offuscare dalla mitizzazione di Guevara. Gli attori hanno la giusta motivazione e concentrazione, si muovono sulla scena con padronanza ed entusiasmo. Le musiche sono ottime, riescono a cogliere lo spirito del tempo e quella nota di nostalgia che da sempre accompagna il popolo sudamericano anche nelle manifestazioni di gioia. Per tutti coloro che hanno voglia di scoprire le origini di un mito... Insomma... UN FILM DA VEDERE E INTERIORIZZARE... Un consiglio: Non andate via dalla sala appena vedete scorrere i titoli di coda, vi perdereste alcune affascinanti e vere foto del viaggio e il vecchio, vissuto viso di Alberto Granado, tutt’oggi vivo.
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