Eh si. Ci vorrà un po’ di tempo per avere il rimborso, ma non fa nulla. saprò aspettare.

Ho deciso di denunciarvi tutti quanti, chiedendo i danni morali.

Ovviamente posso dimostrare che se sto combinato ‘e chesta manèra, la colpa non è solo mia.

Voglio denunciare la mia maestra dell’asilo, la maestra Antonietta, che durante la lezione mi chiavò un pacchero. Dovevamo colorare le finestre di una casetta disegnava, ed io dentro ci facevo i disegnino prima di colorarle. Tanto li dovevamo riempire, no? E almeno pariavo. Ma no, non andava bene, e mi arrivò sto pacchero.

Percosse sui minori con l’aggravante dei futili motivi. Che fa, concilia?

Voglio denunciare quell’altra maestra dell’asilo, che una volta le chiesi “maestra, come mai sei così chiatta?” e lei, in un moto d’orgoglio, dicendomi “come ti permetti?” si alzò la maglietta per farmi vedere la pancia. Effettivamente era chiatta. Ma, sono pronto a giurarlo, vidi anche una punta del reggiseno. E un buon avvocato questo me lo fa rientrare nelle molestie sessuali. che fa, concilia?

Voglio denunciare la compagnella mia di classe all’asilo, che gettò in aria il braccialetto che le feci con la pastina colorata. Ci misi delle ore a colorare tutti i pezzetti di pasta e poi a far passare lo spago. E ci sono rimasto segnato nell’animo. Danni morali, d’immagine e psicologici. Che fa, concilia?

Voglio denunciare la maestra delle elementari, quella di paccheri con l’anello. E pure quelle erano percosse. Ora se un maestro elementare alza la voce, finisce davanti alla

disciplinare. Ed io ci voglio mandare anche lei. che fa, concilia?

Voglio denunciare quell’altra maestra delle elementari, che si sposò non so chi a quasi settant’anni, e ancora oggi me la rido immaginandomela col vestito da sposa. Che ad ogni cosa che facevi, ti rispondeva “e tanto piacere”, con quel sarcasmo che con bambini di otto anni proprio non devi usare. Che fa, concilia? ( se è ancora viva)

Voglio denunciare la professoressa delle medie, per giunta di un’altra classe, che ogni anno ci dava da imparare quella cazzutissima poesia su quel fottutissimo pulcino che esce dall’uovo di pasqua e facendo pio pio augura la pace nel mondo. Denuncio lei ed il pulcino che esce dall’uovo di pasqua e facendo pio pio augura la pace nel mondo. È per colpa loro che adesso non appena vedo una gallina prima la sucuto e poi le schiatto tutte le uova.

Voglio denunciare la catechista, che prima ci fece una palla tanta col giornalino della chiesa, si fece consegnare materiale, e poi sul giornalino ci uscì solo la roba del figlio di un’altra catechista. E le cose mie erano meglio.quindi scrissi una poesia, gliela feci leggere, ma poi mi rifiutai di dargliela. E ricordo ancora il cazziatone di mia madre. Vaffanculo lei e i raccomandati della prima comunione!

Voglio denunciare la professoressa di matematica alle medie, che mi accolse con “oh, ecco il genio”. Punto uno. Punto due, quando le chiesi spiegazioni, si mostrò meravigliata dal fatto che io capissi il suo tono ironico. Ecco, fu abbastanza umiliante. Denunciata pure tu, tiè.

Voglio denunciare, per la seconda volta, la professoressa di cui sopra, che ad ogni piè sospinto minacciava di chiamare mia madre. O non miglioravo la grafia, o chiamava mia madre. Non so scrivere, va bene?

Voglio denunciare la professoressa di latino, che teneva lezioni per la metà delle quali mi urlava in testa che io volevo dimagrire e che non mi accettavo. Tanto che ha fatto, mi ha fatto venire la fissazione. E non si fa, ad un bimbo tenero di dieci anni. E tenero lo ero, visto ca ero nu puorc.

Voglio denunciare la mia caposala. Di più, a te ti voglio vedere proprio in galera.

Per tutte le volte che hai cacato il cazzo che il letto non era fatto bene, ovviamente davanti ai pazienti.

Per tutte le volte che hai urlato che non state ai comodi miei, quando vi era stato semplicemente chiesto quand’è che sarebbe arrivato il professore, la restituzione del libretto (che tenevate e tenete tuttora in ostaggio) o qualsiasi altra cazzata.

Per quella immane cazziata che mi hai fatto in corsia, minacciando di avvisare il direttore sanitario dopo che m’avevi visto, in orario di spacco, abbracciato con una tizia. E il direttore sanitario già l’avevi avvisato!

Per quelle volte che mi hai fatto aspettare fuori delle ore, negandomi il diritto di assistere alla lezione per non interromperla col mio ingresso, dimenticandoti le regole di quella che dovrebbe essere un’università. E manco all’interno dei locali, per strada dovevo aspettare.

Per tutte quelle volte che in ospedale mi hai cazziato per essere arrivato tardi, quando invece stavo lì per primo, e mi mostravi trionfante il marcatempo sul quale avevi modificato a penna l’orario di ingresso mettendo le nove.

Per quelle volte in cui l’esame non si passava, si veniva rimandati anche senza sostenerlo, e quelle altre in cui il voto in camicia si accettava per forza, e alzavi arbitrariamente il minimo della sufficienza da 18 a 25.

Per quelle volte in cui restavamo ore senza fare un cazzo, e poi salivi tu col registro a farci firmare, che avevamo fatto autoapprendimento. Quanti cazzi di straordinari ti sei mangiata?

Ma alla fine hai vinto tu, visto che me ne sono andato. O mi cacciavate o me ne andavo, ma me ne sono andato. E hai vinto tu.

Accetto la sconfitta, e nemmeno ti denuncio.

Ma tanto ci torno, da te, non ti preoccupare.

Con la macchina fotografica.