Nick: FoggyPunk Oggetto: Leslie Feist Data: 27/5/2008 19.24.34 Visite: 139
LONDRA - C’è chi trova subito la propria strada, chi invece prima deve imboccare qualche via sbagliata. Feist — canadese, 32 anni — appartiene alla seconda categoria. Canta da quando era bambina, ma solo ora sta raggiungendo il grande pubblico, grazie a un incidente di percorso che le ha cambiato la vita. Il rock e la sua voce, ha scoperto da ragazzina in Canada, non vanno d’accordo. Lo ha capito tardi, quando ormai le corde vocali avevano sofferto. «Ero giovane, grazie al cielo, ho potuto ricominciare da capo, imparare come rispettare la voce, capire che per cantare bisogna prima saper ascoltare ». Nonostante l’infortunio si sente fortunata, racconta. «Quando ho ricominciato a cantare, l’ho fatto piano piano, senza sforzare nulla, avevo paura. In quel silenzio, in quel suono piccolo e delicato, ho trovato la mia identità artistica». Due album di successo, un brano—«1,2,3,4»—utilizzato per una celebre campagna pubblicitaria ed ecco che Feist, Leslie Feist per l’anagrafe, è una personalità. Una cantautrice alla Joni Mitchell, nomade prima per natura e poi per professione. E’ in tournee da sei anni (stasera sarà a Milano), una giramondo con la voglia di conoscere posti e gente nuovi con la chitarra in spalla e il laptop nella borsa. Ha composto il secondo album, «The Reminder», in alberghi e camerini sparsi per il globo. Per un pelo non si è trasferita a Roma. «Volevo assolutamente spostarmi in Europa, sono andata a Roma a trovare un’amica, ci sono rimasta un mese. Giravo sul suo motorino, sempre con il naso per aria ad ammirare l’architettura, ad assaporare l’atmosfera. Alla fine ho optato per Parigi perché avevo più agganci, e anche perché pur essendo un paese straniero aveva qualcosa di familiare. Ma spesso mi trovo a pensare come sarebbe stata la mia vita se avessi scelto Roma». Senz’altro diversa da un Nord America, sottolinea, sempre più omogeneo: «Una sfilza di città tutte uguali, con le stesse sfumature e gli stessi colori. L’Europa è molto diversa ». Nonostante la mania dei viaggi, ora spera di fermarsi. Ha comprato casa, la sua prima, nel verde del Canada. «Ho voglia di fare il nido, di prendere un cucciolo, di curare il giardino. Al momento, le mie piante muoiono tutte. Se avessi un cane morirebbe anche lui. Ho deciso di non prendere impegni per il 2009». Le sue canzoni, spiega, sono fotografie, istantanee di un momento, di una sensazione particolare. «Per me sono tutte importanti. Alla fine sul palco porti una fotocopia di quella fotografia, speri di comunicare qualcosa». Il suo motto, una parola spagnola, duende, presa in prestito da Garcia Lorca. «Una poesia che racconta di una bellissima donna che sale in scena e canta. Ha una voce perfetta, non sbaglia una nota, ma il poeta non si commuove. Poi arriva una donna vecchia, che sul viso ha i segni della vita che ha vissuto, non è perfetta, ma quando canta è quello che canta. Duende è questo, il sangue, l’essenza dell’arte, la verità emotiva». Corriere della Sera: http://www.corriere.it/vivimilano/concerti/articoli/2008/05_Maggio/27/garcia_lorca.shtml E domani a Roma
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