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Nick: Landscape
Oggetto: Come essere sinceri?
Data: 17/6/2009 20.4.41
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Una persona a me estremamente cara mi ha chiesto di leggere e correggere (cambiando ciò che ha scritto dovunque ritenessi fosse il caso di farlo) un racconto di 90 pagine ca., UNA SORTA DI "diario di viaggio", che ha intenzione di pubblicare in Book On Demand (il servizio di stampa in bassa tiratura, su richiesta).
La persona in questione ha già pubblicato, attraverso un servizio online apposito, un breve monologo sul capitalismo (che io, purtroppo o per fortuna, non ho letto, ma che doveva essere teoricamente meno ELEGANTE di questo che sto leggendo adesso).
Questo lavoro è un disastro.
Io non sarò bravissima nell'ARTE della scrittura, però questa persona fa degli Orrori che neanche i bambini che frequentano le scuole elementari.
Divide il soggetto dal verbo, il verbo dal complemento oggetto, mette le virgole dove non ci vogliono e non le usa dove occorrono, precisa con parole inutili e ricercate laddove non ve n'è bisogno e lascia poi tante frasi a metà; nella migliore delle ipotesi, scrive pensieri assolutamente isolati e scoordinati da ciò che ha detto in precedenza o si appresta a dire subito dopo.
Mi sto mettendo le mani nei capelli da due giorni, procedo al ritmo di cinque-sei pagine ogni dieci minuti, per fortuna sto per finire di leggerlo e, onestamente, non credo che lo rileggerò.
Sto praticamente trasformando ogni frase che questa persona ha scritto (da notare che mi ha detto perfino: "voglio che lo legga tu prima di sottoporlo al giudizio di un altro paio di persone fidate, perché sai, quando uno scrive una cosa A UN CERTO PUNTO, DOPO AVERLA LETTA E RILETTA, non riesce più a correggerla"), da quella con errori più evidenti a quella più ingarbugliata e quasi priva di senso logico o emotivo che sia (sebbene i periodi siano tutti poco articolati e assolutamente ripetitivi nella loro struttura e nella loro forma).
Nota ancor più dolente: IO dovrei scrivere una prefazione a questo libro.
E cosa ci scrivo? Come faccio a dare ai potenziali lettori di questo lavoro un motivo per acquistarlo, oltre a quello nobilissimo (e ovviamente evidenziato altrove) che tutto il ricavato sarà devoluto al Fondo d'Emergenza dei Medici Senza Frontiere?
Sono in crisi, non so come comportarmi.
Essere onesta e dire apertamente all'autore del libro, persona di radicate importanza e presenza nella mia vita, che il suo lavoro è da rifare? Dirgli che il suo bisogno di rifugiarsi nella scrittura ogni volta che si sente triste, malinconico e solo non dà assolutamente alcun frutto ed è tutta una perdita di tempo?
Chi sono io per dare un giudizio nudo e crudo su qualcosa che non è mio e che mi è stato chiesto di abbellire? Io non riesco ad abbellire nulla, ci sto provando a fatica, ma abbellire è impossibile, è tutto da cambiare radicalmente e questo io non posso, non devo e non voglio farlo.
Sono triste e piena di rabbia per via di questa situazione: mi è stato chiesto un aiuto da una persona cara che si fida di me, che crede in me, e io non mi sento in grado di darle una mano, perché così come sto facendo non gliela sto dando.
Mi sento ancora più in colpa perché, quando la settimana scorsa mi chiese se avessi cominciato a leggere qualche pagina, gli ho detto che il lavoro mi sembrava stimolante e sponaneo.
Spontaneo sì, ma fin troppo! E' talmente spontaneo che non rispetta neanche le più elementari regole della grammatica italiana (e per fortuna, almeno, non mi riferisco ai comunissimi "un'albero", "qual'è il libro di Maria?", "o fatto una torta", "c'è ne sono a migliaia", ecc.ecc.).
Finora ho parlato delle mie difficoltà con tre persone soltanto, e tutte e tre mi hanno consigliato di esprimere chiaramente all'autore del lavoro il mio pensiero, perché se si fida di me accoglierà in maniera costruttiva anche la mia personale (ma solo fino a un certo punto) critica.
Ma pare facile!
Come e dove trovare le parole e il coraggio di invitare una persona cara (e tra l'altro intelligente e profonda, curiosa di conoscere e mentalmente molto aperta) a rinunciare a questo sforzo oppure impegnarsi SERIAMENTE per concretizzarlo in qualcosa di buono perché, ora come ora, non è proprio arte sua?
Finché scrive per se stesso, posso anche comprendere il discorso di scrivere senza regole, come fosse una sorta di "flusso di coscienza" (ma tra il flusso di coscienza e ciò che scrive questa persona ce ne passa e ce ne passa, attenzione), ma quando questa persona aspira a pubblicare e vendere, seppur a persone di sua conoscenza, un lavoro che non ha né capo né coda, e magari pensa che sia bene farlo anche perché c'è qualcuno che lo rende "buono" mentre invece è a malapena accettabile, come si fa a non dirglielo?
E, ammesso che SIA ASSOLUTAMENTE NECESSARIO fargli capire tutto, come si fa a dirglielo senza fargli crollare il mondo addosso?
Io penso a me stessa, che amo cucinare ma per ora sono una completa frana. Amo preparare dolci e qualcuno mi riesce benissimo ma ho ancora tanto da migliorare. Eppure se qualche amico o una persona cara mi dice "hm, è accettabile", "hm, sì...beh, è buono...." e mi fa capire che i miei sforzi e la mia dedizione sono andati quasi del tutto dispersi, io ci resto malissimo, ma a dir poco.
Come vi comportereste al posto mio?
Quali parole usereste per essere onesti e sinceri senza ferire la persona in questione?
E soprattutto, che atteggiamento adottereste nella stesura della prefazione.
Io già mi ci vedo: schematica, compassionevole e ultraveloce.
Che amarezza.
