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Nick: Alberto M.
Oggetto: Pictures yourself in a boat.
Data: 2/10/2009 11.26.43
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MUSICA
30/9/2009 - RITRATTI

Storia di Lucy,
nel cielo coi diamanti




Si è spenta a 46 anni la donna che aveva ispirato Lucy in the sky with diamonds dei Beatles. A John Lennon bastò un disegno del figlio Julian. Vita o favola?


Pubblico anche qui l'articolo uscito stamani sul giornale.



La bambina dagli occhi di caleidoscopio è morta, anche se non era più bambina da tempo e, a dirla tutta, neanche era lei quella dagli occhi di caleidoscopio. Lucy O’ Donnel Vodden, dopo 46 anni vissuti da donna qualunque nel Surrey, se n’è andata per un morbo raro, che corrode meticolosamente le difese immunitarie. Era stata lei a ispirare una delle canzoni più celebri dei Beatles, quella Lucy in the Sky with diamonds interpretata per decenni come un invito neanche troppo allusivo agli allucinogeni. Questioni di acronimi fraintesi: Lucy, Sky, Diamonds, quindi L.S.D. Facile, no? No.
Deve essere stato complicato, per Lucy, far sì che la vita reale non deragliasse, fatalmente abbindolata dalle sirene della fantasia. Lucy era una donna in carne ed ossa, che però da bambina aveva funto da innocente anello di congiunzione tra due menti superiori. Mica facile, tenere insieme le due parti: quotidiano e fantastico, prosa e poesia. "Più prosa che poesia", come cantava qualcuno.
Era andata così. Da una parte c’era Lewis Carroll, dall’altra John Lennon. Nel mezzo, lei e un altro bambino, Julian, che di John era il figlio. Un giorno Julian tornò dall’asilo. Era il 1967, aveva quattro anni. Suo padre era famoso come Gesù Cristo o giù di lì. Julian aveva in mano un disegno, John chiese cosa rappresentasse: "E’ Lucy nel cielo con i diamanti". Lucy era la sua amichetta d’asilo, Lucy fu la scintilla per uno dei molti trip di Lennon. Ne scaturì una canzone che solo lui poteva scrivere, anche se alla storia è passata con la doppia firma. Figurarsi: Paul McCartney era il contabile degli scarafaggi, il situazionista del successo, perennemente a metà strada tra le moine diabetiche di Obladì Obladà e le ballatone romantiche alla Yesterday. Con Lucy, il baronetto, non c’entra quasi niente.
Come spesso accade alle comparse improvvisamente eternate con tutti gli onori, Lucy fu più strumento inconsapevole che soggetto partecipe. Soltanto dopo molti anni scoprì che, sì, quella Lucy era proprio lei. Soltanto negli ultimi anni aveva ritrovato l’amicizia di Julian, che si dice "stravolto per la perdita". Anche i blog ne piangono la scomparsa, sebbene Lucy non sia mai stata una star. Forse, però, ha rappresentato molto di più. Non tanto la protagonista di una canzone, quanto il ruolo: quello della bambina che scova da qualche parte la porta per varcare la soglia di un mondo parallelo e finalmente Altro. Un mondo dove le bambine non invecchiano e le donne non muoiono anzitempo per una malattia conosciuta ai più – vedi te il destino – solo perché il Dottor House, quando non sa che diagnosi fare, butta là un improbabile: "E’ lupus". E alla fine lupus non è mai. A meno che non ti chiami Lucy.
"Se fossi un po’ meno materialista, oggi la immaginerei nel cielo coi diamanti". E’ solo uno dei molti epitaffi apparsi in Rete. Eppure non costa nulla, ora, immaginarla davvero in quel mondo Altro. A volte succede, nei libri come in tivù. A volte un premio Nobel prende un eteronimo di Fernando Pessoa e lo fa passeggiare per Lisbona. Altre ancora i naufraghi di Lost entrano ed escono da varchi spaziotemporali, con buona pace della razionalità (ma chi se ne frega, certe volte, della razionalità). Con Lucy, 42 anni fa, successe di entrare in un colpo solo dentro un libro e una canzone. Il brano porta il suo nome, il libro era Alice nel paese delle meraviglie.
John Lennon ci ha perso la voce nel ripetere che quel brano, perla tra perle nel disco del Sergente Pepper, con l’Lsd non c’entrava niente. Non gli hanno mai creduto: più facile reiterare lo stereotipo del cantante strafatto che inneggia alle droghe. Macché: le strofe sono adorne di alberi di mandarino e cieli di marmellata, fiori di plastica e facchini di plastilina, torte di caramella e cavalli a dondolo. E’ un parco-giochi, è l’asilo di Lucy e Julian, è Peter Pan mano nella mano con Alice. L’unica concessione al reale riguarda la "ragazza con occhi di caleidoscopio". Lì, solo lì, Lennon non parlava di Lucy O’ Donnel. Alludeva a Yoko Ono, "venuta a salvarmi scendendo dal cielo: il titolo giusto dovrebbe essere Yoko in the sky with diamonds". Non un granché, come spiegazione. Quando il desiderio di verità svilisce la sfera fantastica, del resto, non è quasi mai un momento elettrizzante.
Lucy è stata molte cose. Una canzone, un’idea, persino uno scheletro vecchio tre milioni di anni, scoperto in Etiopia nel ’74 e chiamato così perché durante gli scavi era quello il brano che passava più volte la radio. Soprattutto, Lucy è stata un sogno di bambina. Da piccola è entrata in un disegno. Poi quel disegno si è fatto canzone. Poi la vita, così fuoriluogo, ha preso il sopravvento. Fino a quando, giusto ieri, la donna-bambina è salita su un taxi fatto di giornali. E stavolta, la destinazione, la conosceva solo lei.


Nel Dicembre del nostro sfacelo.
Compratelo.



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