Nick: rockgirl Oggetto: Poesia del Giorno Data: 21/4/2010 12.56.41 Visite: 319
Gerontion (1919). Nella figura del vecchio che, abbandonato su un’isola decadente, attende con ansia il verificarsi di un miracolo che lo liberi dalle pene, si riflette l’immagine della cultura decadente, della civiltà in declino: "Cristo la tigre" viene sbranato dai protagonisti di questo purgatorio decadente, e, persa la passione, Gerontion si chiede allora se una redenzione del mondo è ancora possibile. La desolazione si estende ed i paesaggi si moltiplicano; l’angoscia di Gerontion è la disperata aridità di chi ha conosciuto tutto ed in tutto ha sentito l’inquinamento ("Dopo una tal conoscenza, quale perdono?"); il sopravvento della punizione è certo, ma il senso di colpa non è passivo, bensì (come nel Purgatorio dantesco) egli soffre perché desidera soffrire per purificarsi Gerontion Non sei né giovane né vecchio Ma è come se dormissi dopo pranzo Sogndo di entrambe queste età. Eccomi, vecchio in un mese arido, Mentre un ragazzo mi legge, aspettando la pioggia. Non fui alle gole infuocate Né combattei nella calda pioggia Né col ginocchio affondato dentro paludi salmastre Combattei, agitando una daga, e morso dalle mosche. La mia casa è una casa in rovina, E l’ebreo si rannicchia al davanzale, il padrone, Generato in qualche taverna d’Anversa, A Bruxelles pieno di vesciche, a Londra cencioso e spiantato. La capra a notte tossisce nel campo che sta dietro; Rocce, muschio, gramigna, ferrivecchi, merde. La donna tiene la cucina, fa il tè, Di sera sternuta, rovistando nello scolo che sgocciola. Io un vecchio, Una testa intronata fra spazi ventosi. I segni sono presi per miracoli. « Vogliamo vedere un segno! » La parola in una parola, incapace di dire una parola, Fasciata di tenebra. Nell’adolescenza dell’anno Venne Cristo la tigre Nel maggio depravato, corniolo e castagno, albero di Giuda In fiore, per essere mangiato, per essere spartito, per essere bevuto Fra i bisbigli; da Mr. Silvero Con mani carezzevoli, che a Limoges Camminò tutta la notte nella stanza accanto; Da Hakagawa, che si inchinava fra i Tiziano; Da Madame de Tornquist, che nella stanza buia Spostava le candele, da Fräulein von Kulp Che nel salone si volse, una mano alla porta. Spole vuote Tessono il vento. Io non ho spettri, Un vecchio in una casa con correnti d’aria Sotto un gomitolo di vento. Dopo una tale conoscenza, cos’è mai il perdono? Ora penso Che la storia abbia molti passaggi nascosti, e corridoi tortuosi E varchi, e che ci inganni con bisbiglianti ambizioni, E che ci guidi con le vanità. Ora penso che dia Quando la nostra attenzione è distratta, E che quanto ci dà lo dia con turbamenti Così lusinghieri che il dato affama ciò che si desidera. E ci dà Troppo tardi ciò in cui più non si crede, o se ancora Ci crediamo, soltanto nel ricordo, come passioni riconsiderate. E troppo presto dà in deboli mani, ciò che è pensato può essere Dispensato, finché il rifiuto propaga la paura. Penso Che né paura né coraggio ci salvino. I vizi innaturali Hanno per padre il nostro eroismo. Le virtù Ci sono imposte dai nostri impudenti delitti. Queste lacrime sono scosse dall’albero che arreca la collera. La tigre balza nell’anno nuovo. Ci divora. Infine, Penso che non giungemmo a conclusione, quando m’irrigidii In una casa d’affitto. Infine, Penso d’averlo detto per un preciso scopo, e non perché costretto Dalle blandizie dei demoni che guardano al passato. Su questo, onestamente ti vorrei rispondere. Io che ero presso al tuo cuore ne fui scacciato Perdendo la bellezza nel terrore, il terrore nella ricerca. Ho perduto la mia passione: perché dovrei conservarla Se ciò che si conserva si contamina? Ho perduto la vista e l’odorato, l’udito, il gusto e il tatto: Come li potrò usare per esserti più accanto? Questi, con mille futili decisioni Prolungano il profitto del loro gelido delirio, Eccitano la membrana, quando il senso si è raffreddato, Con salse pungenti, moltiplicano la varietà In una desolazione di specchi. Cosa farà il ragno? Sospenderà le sue mosse, o indugerà Il tonchio? da Bailhache, Fresca, Mrs. Cammel, roteavano Oltre l’orbita dell’Orsa tremolante In atomi infranti. Gabbiano controvento, negli stretti ventosi Di Belle Isle, o rapido sull’Horn, Piume bianche nella neve, i richiami del Golfo, E un vecchio sospinto dagli Alísei In un angolo di sonno. Padroni della casa, I pensieri di un arido cervello in un’arida stagione. thomas stearns eliot
Eppur va tutto bene va proprio tutto bene, manca un po' l'appetito e il valium per dormire l'ho finito. |