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Nick: Rasojo
Oggetto: Il Prence
Data: 14/10/2004 1.57.39
Visite: 53


Et hecco che advenio hora a narrare la romorosa Historia del Prencipe di Sangro, lo Duca Raimondo che at ferro et foco la Scientia di suo tempo mise, nec lascio' pietra insollevata in sua cerca del Vero, quantunque, secondo certuni, non sempre il Giusto, nec il Lecito a soppesar tenesse .

Giacesi tuttora, nel Cuore histesso di Parthenope, la renomata Cappella Sansevero; renomata, essa, tra color che sanno, et non certo tra il volgo nec le masse; che' par cosa incredibile, a primo cogito, che niuno cognosca detta Maraviglia, che est gemma fulgidissima et la piu' fulgida invero che scrigno nato di Megaride gelosamente serba; eppur lo Straniero che in nostre Lande perigliosamente avvii, quasi mai sa, et raramente havvi ventura di trovare chi d' essa l' indichi.

Che' il volgo stesso di nostra decaduta Razza, che pur tremo' un tempo al solo sentir del Prence, oggi beato l' ignora, e ne' piu' di Sua Fiamma, ne' di Sua Ombra, pensier si da', et la notte haffronta senza timor, ne' reverenza, di tanta perduta grandezza.

Pur cosi', bastante in certi giuorni la folla di Persone a empire il loco si rivela, che' simile a folgore che di Saggio in Saggio saetti, ignara del bruto terren et pensierosa delle cime elette solo, si avventa da secoli la Notizia del Prencipe, et sempre porta genti di acuto pensier et di profondo senso, a render homaggio al loco che solo ci rimane dell' Homo mirabile et, forse, del Fattucchiero tremendo.

Che' perduto est il Laboratorio, decaduto il Palazzo (antro oggi, horribile a dirsi, di dubbi insegnamenti et eversive frequentazioni) ; ma la ruina che nell' alba del 23 Settembre di 1889 Anno Domini, per Voler di Nostro Signore trascinava al suolo le stanze piu' elette del Duca, per Pieta' commovente dell' Altissimo ne risparmio' nella Cappella il piu' bel canto, il Suo Testamento perenne.

Visse, il Duca, nel Secolo Decimosesto ; ei vi nacque, invero, che correva l' anno millessettecentodieci ; e vi mori', o di morir fe' mostra, sessantaetuno anni dopo.

Vivissima mente mostro' il Di Sangro, fin da giovinetto; et narrasi che suo primo Ritrovato, ancor quasi imberbe, fue un palco piegabile di squisito progetto, atto a sgomberar il campo d' una festa dopo del teatro, perche' si corressero le Ronde de' Cavalieri; et che in questo humiliasse le piu' squisite menti d' altri Ingegner del tempo, che dovettero piegarsi a supremazia di Sue Carrucole inimitabilmente disposte.

Finiti cum Laude gli Histudii presso i pii Padri Gesuiti in Roma, torno' nella bella Citta' che gli die' i natali, ove di subito posesi al servigio di quel gran Carlo Quinto, che inspiegabilmente la plebe per anni et anni nomar Terzo volle, finoacche', Ironia del Fato, ei veramente Carlo Terzo divenne, ma non piu' di Napoli, bensi' di Spagna, ove ascese a, se non maggiore, piu' esteso Regno per succession del Padre.

Furor di gioventu' vide il Di Sangro farsi militare, et valorosamente pugnar pel Suo Signore alla Battaglia di Velletri in testa del Suo Reggimento, a Sue spese sostenuto et armato, come in quel tempo Nobilta' imponeva; et dedicarsi, anzi at novelle forme di Tattica et Addestramento; a punto che, narrasi, i soldati Suoi tiravan dieci colpi nel tempo bastante all' altri a tirarne appena quattro.

Di questo complimentossi a lui Federico di Prussia addirittura, massimo tra gli Strateghi di quel tempo ; ma dopo poco vuolse il Di Sangro novellamente prendere il cammino di Scienze a Lui piu' care, seppur meno palesi e di piu' ascosa Gloria.

Fratello Muratore, Alchimista, Tipografo, Maccanico e Inventore secondo l' amici ; ma anche Negromante et heretico secondo l' inimici.

Poco rimane a noi, che almeno esser nani sulle spalle di Giganti altrimenti potremmo, e non gia' nani et basta, di quanto ei ando' per lunghi anni elaborando; che' la Scientia de' tempi era segreta, per convinzione ma anche per paura; che' piu' e piu' volte fu il Prence in odor di guaji con le Cattolicissime Gerarchie di Santa Madre Chiesa, et anzi ebbe anche a vedere una Suo Libro posto all' Indice et proibito, in cui sotto mostra di discuter di certe usanze d' America ei at dottrine pericolose et maledette fue ritenuto accennare.

Pur decifro' il Di Sangro, in quell' Opera, l' antiquo Alfabeto Quipu de' Peruviani, fatto di nodi et spaghi misteriosamente giunti; et stampo' Ei detta Opera in cinque Colori, secondo un processo di Tipografia appositamente inventato, ch' abbisognava, a Suo dire, per aver una pagina, d' una torchiata sola.

Non volle altri guaji, il Prence, et di Tipografia fe' al suo Sovrano gradito regalo ; et torno' rinchiuso nel Laboratorio, ove si dice trovasse, per accidente, et poi perdesse, la formula del Lume Eterno, capace di risplender di fiamma senza consumo et senza posa alcuna.

Et altro ancora rinvenne : speciali cartocci d' Artiglieria di quasi niuno residuo, et tele impermeabili, et quei Colori che ancora a' tempi nostri hornano l' Affreschi in la Cappella, per nulla deteriorati ne' cangiati ; et va detto che in questo batte' il gran Leonardo.

Et perfino, in beffa, forse, a' Cardinali che tanto l' avevan tribolato, volle il Duca far mostra di saper riprodurre il Miracolo piu' grande di nostra amata terra; et liquefo' , in presenza d' altri, del sangue in un' ampolla, talquale quanto per intercessione dell' Altissimo quasi annualmente al Duomo avviene, il Di' di San Gennaro.

Et d' altre et altre maraviglie ancora si narra ; non ultima, una Carrozza che senza cavalli ne' vele per terra e per mare si movea.

Ma questo fue quel che la luce vide ; che' ben d' altro si mormora : di Sangue artificiale, ottenuto da limone et da maccanica sembianza di Stomaco, et di procedimenti atti a cangiare il velo in Pietra, et in Metallo l' Homo et le sue vene.

Et fatto sta che il Visitatore che entri la Cappella, senza fiato resta; che' lo sguardo subito attira , al centro, l' incredibile Cristo Velato; statua di Nostro Signore teste' tirato da Croce, opera del grande Sammartino.

Si giace , il Cristo, su un marmoreo letto ; et coperto est di Sudario, si' mirabilmente inciso et di tal qualita' trasparente, che invero a creder sia di Pietra si fatica ; et tornano allora a mente le antiche Croniche, che il Sammartino autor della sola statua contano, ma il Prence autor del velo, da Egli marmorizzato con alchemici mezzi.

Et fatto sta ancora che non e' solo, il Cristo, ad esser di velo di Pietra ricoperto ; ma anche altre due mirabili Statue, che ammirar si puote a' lati dell' Abside, a grandezza d' homo, di marmoreo tessuto ricoperte stanno: la velata Pudicizia alla mancina, mentre alla dritta con una Rete lotta il Disinganno.

Eppur si sa che Sammartino niuna mano mise a dette Statue, che lustrano invece la fama del Corradini et del Queirolo.

Et ancora si discute se questi, et in particolare Sammartino, a spirar riuscissero nel proprio letto, confortati da' Sacramenti; che alcuni dicono viver lo scultore per lunghi anni poscia ; ma altri il vuole finir pugnalato,et cavati l' occhi, dal Prencipe geloso che il Suo Segreto potesse svelare.

Ma non qui si sarebbe fermata, del Prence, la sciagurata Natura ; che' chi scenda una certa scaletta laterale, alla destra della Porta, si trova davanti, in due vitree Teche, a spettacolo horrendo et veramente capace di cagionar sonni agitati per lungo durare.

Il ghigno di due teschi irride da due Scheletri in parte mancanti ; et cosa maggiormente horribile, circondati essi stanno di loro stesse Vene, et Arterie , et Cuore; hurlanti nel nulla la mancante protezione dell' agognata carne.

Le Macchine Anatomiche (cosi' son nomate) hanno, si dice, origine ignota ; ma altri dice esser questa nota, e trista ; che scheletro d' homo et di donna sono, un tempo al servizio del Duca, che malaugurata idea ebber di tradirLo ; et ancor vivi il Duca inietto' lor nelle vene il metallo, le carni dissolse.

Io non so cosa vi sia di vero, et spero che l' Anima di un Nobile si' grande sia monda di quanto la fosca Fama dall' ombra attribuisce.

Et avrei voluto pregar su di Sua Tomba.

Ma Sua Tomba est vuota.



( Rasojo)




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