Nick: pearl jam Oggetto: Se mi lasci... Data: 26/10/2004 2.47.5 Visite: 133
Eternal sunshine of the spotless (Gondry’s) Mind Un film che si addentra e affonda nel vissuto dei suoi protagonisti, che, con sublime distorsione, ne rivela le sfaccettature, la variabilità, la complessa multidimensionalità, ETERNAL SUNSHINE (1) è fondamentalmente una commedia romantica che non ha timore di utilizzare in entrambe le chiavi (quella brillante e quella sentimentale\ drammatica) certi elementi propri della science fiction: anche (ma non solo) in questo senso è un lavoro sorprendentemente originale, un vero miracolo in un cinema asfittico e stereotipato come quello americano degli ultimi lustri. Gondry non ha assolutamente timore nel privilegiare il consueto basso profilo, sul quale tutta la sua opera si è sempre imperniata, e a girare l’intero, contorto e avviluppatissimo, percorso esistenziale di Joel facendo largo uso di macchine a mano, optando per tonalità livide, per l’armamentario scenografico paradilettantistico a lui abituale (i marchingegni della Lacuna Inc. che sembrano puro trovarobato), con effetti di illusionismo visivo estremamente semplici esaltati dal perfetto montaggio, piegando la straordinaria maschera di Jim Carrey sulla sbattuta, tirata, dolentissima immagine del suo personaggio, costringendo una nuova star come Elijah Wood alla comparsata. Alla seconda collaborazione con Charlie Kaufman (esempio più unico che raro di sceneggiatore star, riferimento chiave dei film ai quali collabora come può esserlo il regista o l’attore principale - è naturale pensare a un passaggio alla regia in futuro per il geniale screenplayer -) Gondry riesce, come in HUMAN NATURE, a imporre alla grande la sua personalità poiché, come egli stesso ha avuto modo di sottolineare, non opera sugli script di Kaufman un semplice lavoro di meccanica messa in immagini, ma li interpreta, cerca di tradurre visivamente l’impressione personale che ne ha ricevuto, dimostrando in più un’innata capacità di scavare nell’interiore dei personaggi e di restituirlo integralmente sullo schermo. In questo caso, poi, il nodo tematico del film, nascendo da un’idea comune, appartiene ad entrambi nello stesso modo e, come per il precedente lungometraggio, si riconduce a quella che, stilisticamente e concettualmente, ci pare una poetica visiva tra le più personali e riconoscibili in circolazione. E’ particolarmente sapiente il modo in cui il regista, nel rispetto dei meccanismi della commedia, dà ampio spazio al confronto tra i sessi senza edulcorarlo, al lato afflitto e tormentato della questione non rinunciando, tra squarci grotteschi e comici, a brucianti punte tragiche, a momenti di vera e propria claustrofobia kafkiana, a complicati percorsi di senso (laddove il discorso sul senso è sempre molto relativo per Gondry che, lavorando non poco sul piano onirico, una forte dose di confusione e di incomprensibilità la inocula naturalmente nelle cose che dirige - non è un caso che ami il cinema surrealista -: in questa chiave l’accettazione di un piano di incomprensibilità si incastra perfettamente nella sua opera poiché, anche se sono anni che opera negli USA, rimane, per vocazione e cultura, un autore profondamente europeo). Come già sottolineava Zambenedetti, in questo film si impasta la screwball più classica (THE AWFUL TRUTH è stato un titolo molto citato) con il cinema d’autore del Vecchio Continente, il teatro dell’assurdo e l’avanguardia e, come in ESSERE JOHN MALCOVICH, come in HUMAN NATURE, come in ADAPTATION come in CONFESSIONI DI UNA MENTE PERICOLOSA, il vero protagonista della pellicola è il cervello più ancora del cuore. E ancora a proposito del legame col cinema europeo: il modo con cui i film scritti da Kaufman giocano con le identità, il tempo e la memoria ricorda molto certi Resnais, tanto che mi spingerei ad affermare che se HUMAN NATURE è il suo MON ONCLE D’AMERIQUE, ADAPTATION il suo PROVIDENCE e CONFESSIONI DI UNA MENTE PERICOLOSA il suo STAVISKY, con ETERNAL SUNSHINE lo scrittore ha creato il suo MARIENBAD (parallelo tutt’altro che azzardato: la pervicacia del rifiuto di Lei a ricordarsi di Lui; i flashback che proiettano desideri ed eventi passati o che riflettono stati d’animo; i piani temporali che si mescolano, sono tutti elementi che troviamo, adeguatamente filtrati e adattati al flusso tramico, anche nello script kaufmaniano). A questo forte nucleo tematico, quello del suicidale dissipare il passato – i suoi segni, le sue figure – Gondry, che oltre che dell’aspetto strutturale e visivo, si dimostra supremo gestore del coté drammatico (si pensi soltanto al prefinale: il momento del delicato confronto col passato rimosso, che ritorna sottoforma di voce registrata in cassetta, ha un’intensità bergmaniana), associa le costanti della sua opera: la circolarità (il film finisce dove era cominciato – l’incipit-prologo rivela essere il finale - con l’aggiunta di una brevissima coda che ci dice del destino dei protagonisti), la struttura a puzzle, la stratificazione dei livelli rappresentativi (oltre a due distinti filoni narrativi: il percorso mentale di Joel da un lato e la notte trascorsa dai membri della Lacuna Inc. dall’altro), lo sconfinamento dei piani rappresentativi gli uni negli altri (le vicende di Stan,Patrick, Mary e del dottore si ripercuotono sulla psiche di Joel; i ricordi di quest’ultimo gli vengono rubati da Patrick che gli subentra nella vita di Clem; un ricordo che si mescola all’altro – la pioggia allora può cadere nella stanza, il mare dilagare in salotto, il lettone stare in riva a una spiaggia innevata, il fascio luminoso della pila, in mano a Clementine nel loro primo incontro notturno, diventare la luce ossessiva di tanti ricordi e allucinazioni -), la rappresentazione dell’infanzia (corredi&memorabilia), il sogno\l’incubo, la fuga dalla realtà. Tutto questo si combina magicamente in un film che, interpretato da dio dall’intero cast, conferma, se ce n’era bisogno, che Michel Gondry è un grande artista, che si confronta con il cinema con il medesimo atteggiamento, lo stesso candore, lo stesso contagioso entusiasmo col quale ha sempre operato negli altri campi e che con ETERNAL SUNSHINE OF THE SPOTLESS MIND ci regala un film che invade fragorosamente cuore e testa. Beati gli smemorati che ogni volta lo rivedranno per la prima volta. Il titolo deriva da questo passo del poeta Alexander Pope: How happy is the blameless Vestal's lot! The world forgetting, by the world forgot. Eternal sunshine of the spotless mind! Each pray'r accepted, and each wish resign'd. "Eloisa ad Abelardo" Da anni Jim Carrey sta cercando di oltrepassare la sottile linea che divide comedy e drama sugli scaffali di Blockbuster. Con Eternal Sunshine, ci è finalmente riuscito. Non solo. Grazie ad una interpretazione asciutta ed impeccabile, e ad una faccia che finalmente comincia ad acquistare la solidità necessaria a reggere la pressione della pellicola, il plastico comico si candida ad una possibile nomination all’Academy Award nel 2005. Il merito? La felice collaborazione di Charlie Kaufman e Michel Gondry, che se da un lato non ha portato fortuna a Patricia Arquette nel primo lungometraggio scritto e diretto dalla brillante coppia, Human Nature, dall’altro ha finalmente confermato il talento drammatico di Carrey. Eternal Sunshine è una ventata d’aria fresca, un film in puro stile Kaufman (intricato, cervellotico, spiazzante, ibrido) al quale si aggiunge lo stile delicatamente surreale di Gondry, che non rinuncia al pieno orchestrale dell’illusionismo imparato sui banchi del videoclip. Il risultato? Un piccolo gioiello architettato per stupire e commuovere, per sedurre e sbalordire. Ma che cos’è Eternal Sunshine? Di che cosa parla? L’amore trionfa alla fine? Scopritelo da soli. Posso solo scrivere che l’istinto europeo c’è e si percepisce in più di una scelta narrativa. E visiva. Le spiagge del Connecticut sembrano quelle della Normandia. Ma ho già detto abbastanza. Eternal Sunshine è un film che va goduto con gli occhi, con il cervello e con il cuore, che merita più di una visione e che è destinato ad imprimersi nella memoria, appunto, con la grazia di un bacio sulla fronte, di una carezza, di una lacrima che si forma lentamente sugli occhi della persona amata dopo che le avete confessato di amarla. È un momento raro nel panorama del cinema commerciale di questo terzo millennio, per cui, buona visione. E cercate di non dimenticarvi di coloro che amate. Un vero capolavoro per quanto mi riguarda. Tutto nuovo.Regia ,sceneggiatura,un mai sopra le righe ,Carrey. Che potrebbe essere un serio candidato all'oscar. Ho pianto piu' di quanto potevo. Piccolo aneddoto: Usciamo ,ci si incontra con delle amiche,fuori il cinema,..SI parla... All'improvviso,non riesco a mantenere le lacrime.E scoppio a piangere. Chissa' se non mi son giocato una gran bella scopata....eh..... Un vero capolavoro.Vivamente consigliato. |