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Nick: Franti
Oggetto: Dante
Data: 3/12/2004 14.43.31
Visite: 207

Dante era stato con Matteo alle superiori e poi all’università.
Entrambi iscritti alla facoltà di Sociologia.
Entrambi, all’università, avevano fondato una sorta di "Collettivo Politico Proletario".

Insieme, su una parete dell’aula magna, all’università, avevano scritto, con la vernice rossa, una frase sicuramente presa a prestito:

"Dovunque ci sarà un poliziotto che picchia qualcuno, dovunque un bambino appena nato piange, dovunque ci sarà battaglia contro il sangue e l’odio che appestano l’aria, io ci sarò. Dovunque ci sarà qualcuno che combatte per avere un posto in cui stare, o un lavoro decente o una mano d’aiuto, dovunque qualcuno combatte per essere libero, guarda nei loro occhi e mi vedrai".

Un luogo comune, pur se preso a prestito.

In verità Dante era stato un "Rosso" sin dalle superiori.
Tutti i compagni riempivano i loro diari con testi di canzoni e lui, dentro il suo, ci copiava i vecchi comunicati delle Brigate Rosse.

Adorava i temi di italiano.
I primi cominciavano cosi:

"Distruggeremo questo sistema basato sul denaro e sul potere".

E regolarmente prendeva quattro.
Poi capì come si prendeva sette, bastava inserire prima di "Distruggeremo questo sistema basato sul denaro eccetera", delle frasi che avessero attinenza con la traccia dettata dalla professoressa.

Il tutto dopo un po’ gli venne molto naturale.
Ci sapeva fare Dante con le parole.

Alla maturità uscì un tema che chiedeva se il costruire tante macchine, sempre più sofisticate, non avrebbe reso anche l’uomo sempre più simile alla macchina.

"L’uomo non sta diventando una macchina, l’uomo è sempre stato una macchina. Le macchine sono macchine perché così le abbiamo create noi, a nostra immagine e somiglianza. Comunque, distruggeremo questo sistema basato sul denaro e sul potere".

Dante era affascinato dal terrorismo, da tutto il terrorismo.
Anche da quello nero, da Fioravanti, da Vinciguerra, ad esempio, oppure anche dall’IRA e dall’ETA.
C’era qualcosa di così terribilmente romantico e misterioso.
Di così eroico e letterario, qualcosa che rimandava a tempi ormai apparentemente andati e tramontati, studiati sui libri di storia, tempi popolati da gente diversa, con alti ideali.
Insomma, c’era gente pronta a morire per le idee in cui credeva, la cosa più alta e nobile che un uomo potesse fare.
Ed erano lì, cioè esistevano veramente, erano dentro i telegiornali e non dentro i telefilms.
Era come se le strade, le città dove vivevano, si fossero trasformate lentamente nel set di un film, con i buoni, i cattivi, le sparatorie, gli inseguimenti e tutto il resto.

E poi i loro avversari, i politici, i capi della polizia erano tutti così esposti nelle loro debolezze. Come potevano mettersi a confronto con i terroristi, con le loro vite piatte e senza rischi.
Li vedevi lì, che esponevano in continuazione le loro idee senza però essere disposti a pagare niente per difenderle.
Erano così visibilmente codardi nei confronti di uomini che invece erano pronti a morire, così praticamente identici a tutti i cattivi, corrotti e vigliacchi dei telefilms americani.

No, non ci potevano essere dubbi da quale parte stare!
I terroristi erano invisibili, era impossibile anche soltanto pensare di poterli giudicare, anche nei processi.
I terroristi avevano una dignità ed una coerenza che nessun rappresentante dello stato si era mai sognato di dover dimostrare.
Quando si vedeva un politico, si sapeva già benissimo, ancor prima che cominciasse a parlare, quello che avrebbe detto.
Bastava leggergli il partito in sovrimpressione.
Era questo, più di tutto, che faceva incazzare Dante. La loro mancanza di imprevedibilità, l’assenza di novità.

"Dopo un po’ che parlano, ti dici: ma che cazzo li sto a sentire a fare?".

All’università, dopo un po’ di tempo, e successivamente alla scritta sull’aula magna, Dante non sapeva veramente cosa fare.
Il terrorismo rosso si era ormai esaurito da anni, come un tubetto di dentifricio.
E poi, ormai, il Comunismo e tutte le altre ideologie gli sembravano solo un insieme di luoghi comuni tenuti insieme dalla rabbia.
Poi la rabbia se ne andava, e tutti i luoghi comuni cadevano ognuno per conto suo e l’insieme si sgretolava.
E poi si era accorto che i vecchi comunicati delle BR erano scritti in un italiano piatto e senza stile, sembravano pensati non da una persona, ma direttamente da un ciclostile, e Dante era diventato abbastanza esigente in senso letterario.
Però l’idea romantica del combattente puro e disinteressato gli era rimasta, anzi.
Quello che gli mancava era una causa per la quale battersi, poter sparare, rischiare la vita.
In effetti, non aveva veramente più remore ideologiche che lo spingessero in una direzione o in un’altra.
Era aperto a tutte le cause
Bastava trovargli un uomo a cui piacesse sparare alla gente e che avesse accettato, sinceramente, dentro di sé, qualsiasi idea che avesse giustificato le sparatorie e che avessero reso la sua passione, una virtù.
Era quello che Dante stava facendo: cercava in modo ossessivo un’idea che richiedesse l’uso delle armi, per poter essere applicata, un’idea qualsiasi.

Come un pazzo incoerente, ma solo all’apparenza, cominciò a frequentare una sede missina.

È che c’è qualcosa nella politica che la rende ambigua, che non si sa se si vuole quello che si dice di volere e non invece l’esatto opposto.
Basta prendere un ecologista.
Gli sta sul serio a cuore l’ambiente e soffre ogni volta che qualche disastro ecologico va a smerdare qualche angolo di Terra.
Poi quello stesso ecologista, ad un certo punto della sua vita, entra nei Verdi, che sono "un partito politico", e, a quel punto, entrano in gioco variabili completamente diverse.

Un partito per funzionare ha bisogno di elettori, elettori che abbiano paura, e ogni volta che una centrale nucleare salta in aria, lui gongolerà come un tacchino.
Un partito politico aveva bisogno di un avversario per esistere.

Questo forniva a Dante una specie di giustificazione al fatto che aveva cominciato a frequentare i missini.
Se qualcuno lo avesse accusato di fascismo, avrebbe spiegato che nessuno, più dei missini, auspicavano in Italia l’avvento del comunismo.
I comunisti, al contrario, sarebbero stati sicuramente i più contenti se l’Italia fosse caduta sotto un golpe fascista.
Non c’era niente da temere, quindi, dei missini.
L’MSI era, secondo Dante, l’unico partito a perseguire fini democratici e di sinistra, al contrario di tutti gli altri.
E poi, magari, non erano soltanto i partiti, erano proprio anche gli elettori che votavano per il contrario di quello che avrebbero voluto in realtà. Insomma, ci doveva essere un motivo se i democristiani erano rimasti lassù, per così tanto tempo.

Dante aveva una teoria personale sul corpo elettorale. Secondo lui, l’intelligenza poteva essere espressa solo individualmente.
Se due persone esprimevano, congiuntamente, il loro pensiero, l’intelligenza espressa diventava l’intersezione delle due intelligenze, che era generalmente minore della somma delle due aree.
Quindi, man mano che le persone aumentavano di numero ed i modi di pensare cominciavano ad essere molti, le intersezioni rispetto al totale erano sempre meno e l’intelligenza espressa in media tendeva a zero.

Era come un bersaglio per il tiro con l’arco.
Il fatto che la maggior parte delle frecce era fuori dal bordo esterno, non voleva dire che la gente non avesse mirato al centro.
Ma all’MSI, Dante non si aspettava di trovare granché. Ed infatti non c’era granché.
La maggior parte erano militari di carriera in pensione, che andavano a chiacchierare tra loro come al circolo ufficiali.
Per il resto, c’erano alcuni ragazzi vocianti e nessuno che li moderasse.
I capi sezione non si vedevano quasi mai.
La nausea che provava per i politici di professione si era acuita proprio all’interno della sede dell’MSI.
Se prima riusciva ad intuire il marcio che c’era, così, per sentito dire, quel marcio l’aveva proprio potuto osservare tutto da vicino.
La cosa orrenda era che i capicorrente della sede locale, sbandieravano in ogni occasione il loro enorme distacco dagli usi comuni della politica.
In realtà, chiunque avesse avuto soldi da buttare, poteva diventare un leader di partito.
A livello sociale bastavano pochi soldi, in un piccolo partito.
Bastava pagare l’iscrizione ad un gruppo sufficiente di amici e poi portarli alle riunioni e farli votare a favore.
Tutto fatto!

Quando si votavano i delegati da mandare al congresso nazionale…
Chi non aveva soldi poteva stare lì, a strillare quanto voleva, anche se a parlare era la persona più convincente del mondo, anche se le cose che diceva erano incontrovertibilmente vere.
Se non aveva i soldi per pagare i voti, per pagare le comparse votanti, non poteva cambiare niente.

A Dante, così, cominciavano a far ridere coloro che dicevano che, in fondo, erano le idee che contavano e che portavano avanti le cose.
Se c’era un campo dove le idee non avevano nessun potere, quel campo era proprio la politica.
Perché non si trattava di convincere nessuno.
Si trattava semplicemente di mettere mano al portafoglio.
E non erano soltanto i livelli più alti ad essere interessati.
Tutto cominciava proprio dal livello più basso, dal primo livello.
E non occorrevano supposizioni, teorie, teoremi per affermare quella convinzione.
Era tutto lì, alla luce del sole, bastava entrare in una sede locale di un partito qualsiasi e guardare.
Ci volevano i soldi.
E la cosa grave era che i soldi bastavano ed avanzavano, che non ci voleva nient’altro, nessuna altra qualità.

E non era così solo all’MSI, non era così soltanto perché i fascisti erano fascisti, no.
Bastava andare ad una riunione dei Verdi o del PCI, che tanto le loro riunioni erano aperte a tutto.

Così Dante lasciò la sede missina e ridivenne, stranamente o meno, un "Rosso".
O meglio, un "Porpora".
E piano piano si schiarì del tutto.




P.S. - Non mio. Ho fatto delle aggiunte e delle modifiche. Abbastanza.



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