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Nick: Franti
Oggetto: Lo Riposto ( Vai Maruzziè)
Data: 7/12/2004 16.32.2
Visite: 217

Premessa.
Thread già postato.
Stanotte ho rivisto Non si sevizia un paperino" di Lucio Fulci e ho pensato a questo thread.
E lo riposto, anche perchè mi piace.
E' lungo ma, se possibile, leggetelo.
Ne vale la pena e sono un non modesto.

Dedicato a NEVERLAND.


Daitarn Daitarn Daitarn!
Tarataratàtartàtaratà!
Du Dun Dun!
Daitarn Daitarn Daitarn
Tarataratàtartàtaratà!
Du Dun Dun!


Che bella sigla che ha Daitarn 3.
Il "Tarataratàtartàtaratà!" e il "Du Dun Dun!" sono le musichette della sigla.

Comunque dicevo, che bella sigla che ha Daitarn 3.
Ogni volta che la sento mi viene un brivido che parte dai coglioni e m’ arriva sotto al mento.
Spesso mi ritrovo a cantarla in auto, a squarciagola, alle tre del mattino ma anche alle sei e mezza, sempre del mattina, magari quasi ubriaco, con malinconia e gioia.
Perchè malinconia e gioia vanno a braccetto, lo sapete?

Daitarn Daitarn Daitarn!

Daitarn Daitarn Daitarn!

E’ passato un sacco di tempo, cazzo.
Ogni volta che sento la sigla di Daitarn 3, quella sigla mi riporta alle mie frustrazioni di quand’ero un pupo.
Avevo un "Complesso della Superiorità dei Settentrionali sui Meridionali".
Io lo chiamavo e lo chiamo così questo "Complesso".
Forse sarebbe meglio qualificarlo come "Il Complesso della Superiorità dei Polentoni sui Terroni".

Da bambino, da pupo insomma, io pensavo anzi sapevo che ero un Meridionale e cioè un Terrone.
E come tale inferiore a un Settentrionale, cioè ad un Polentone.
Cosa c’entra Daitarn 3 con questo "Complesso della Superiorità dei Polentoni sui Terroni"?
Daitarn 3 non è che c’entrasse tanto, ma altri cartoni animati sì.
Eccome se c'entravano.
Col discorso.
Spiego.
Odiavo quasi i miei amici di Milano, Torino, eccetera.
Quelli insomma che venivano con i propri genitori, nati nel mio paesello di mille abitanti, nel mio paesello di mille abitanti, appunto.
In agosto.
Ci venivano con i propri genitori, nati nel mio paesello di mille abitanti, nel mio paesello di mille abitanti.
Ci venivano a passare le ferie.
O soltanto a divertirsi per la Festa della Patrona del mio paesello di mille abitanti che è la Madonna Addolorata che non li ha menomati mai.
Purtroppo.

Li odiavo tanto, ma tanto tanto, ma così tanto che nessuno po’ immaginare quanto, perché, in quanto a cartoni animati giapponesi, stavano più avanti di anni rispetto a me e a quelli come me che abitavano al meridione e, per di più, in un paesello di mille abitanti.
Nella mia televisione e nella televisione dei miei amici del paese di mille abitanti c’erano solo le tre Reti Rai.
E là trasmettevano solo Goldrake, Capitan Harlock, Mazinga Z e Heidi che poi era roba per bambine e io non ero interessato.
E poi Remì che però era un lagnoso e che aveva un nonno che io allora pensavo fosse un pedofilo maniaco.
Remì aveva anche tre cani che non è un'enciclopedia e una scimmietta vestita da soldatino di latta.
Che poi morivano tutti, nonno, cani, scimmietta e solo Remì restava vivo.
Ed io che mi commuovevo spesso ma non mi piaceva piangere lo sapevo da tempo che morivano tutti e solo Remì restava vivo e non lo cagavo nemmeno di striscio.
Remì, intendo.
Nel senso del Cartone Animato.

Le tre reti Rai stavano inguaiate in quanto a programmazione di cartoni animati, ma inguaiate tanto.
Tanto, tanto, tanto.
E stavano inguaiando anche me e i miei amici del paesello di mille abitanti.
Come adesso, insomma
Gli altri robot ed eroi giapponesi li trasmettevano sulle reti private.
E nella mia televisione e nella televisione dei miei amici del paese di mille abitanti non c’erano reti private, eccezion fatta per Canale 21 che però non trasmetteva un bel cazzo di nulla riguardo agli eroi dei cartoni giapponesi.
Solo più tardi si affacciò, nella mia televisione e nella televisione dei miei amici del paese di mille abitanti, un’altra Rete Privata che si chiamava Telecapri e faceva un programma alle quattro del pomeriggio e che finiva alle cinque e mezzo che si chiamava Uffi.
Uffi era un pupazzo extraterrestre che era accompagnato da una bonazza presentatrice dai capelli corti e con la faccia da porca che si chiamava Teresa e che presentava una serie di cartoni animati giapponesi nuovissimi.
Nuovissimi per me e per i miei amici del paesino di mille abitanti.
E per la Terronia in genere.
Nel senso che quei cartoni, nel Nord Italia, erano comparsi con almeno tre anni di anticipo.
Poi Uffi il pupazzo extraterrestre che era accompagnato da presentatrice dai capelli corti e con la faccia da porca che si chiamava Teresa compariva anche alle sette di mattina, in un programma che si chiamava "Sveglia Ragazzi".
Che io mi alzavo alle sei e mezzo del mattino per vederlo.
Poi mi toccava bestemmiare perché ero obbligato ad andare a scuola.

Nel Nord Italia invece non c’era Uffi, il pupazzo extraterrestre.
E neppure Teresa la presentatrice bonazza con i capelli corti e la faccia da porca.
Uffi non serviva proprio nel Nord Italia.
E neppure Teresa la presentatrice bonazza con i capelli corti e la faccia da porca.
Nel Nord Italia c’erano da anni delle televisioni strane con un casino di reti private dai nomi meneghini e veneziani e gianduiotti.
E, quando su quelle televisioni strane con un casino di reti private dai nomi meneghini e veneziani e gianduiotti, comparivano già robot futuristici e all’avanguardia, tutti con armi spaziali nuovissime, tipo Gundam, Daitarn3, Baldios, io e i miei amici del paesino di mille abitanti, stavamo ancora ad apprezzare Goldrake e Il Grande Mazinger.

Loro, quelli del Nord Italia, avevano i loro robot giganteschi, nati dalla fusione di due o tre robot più piccoli o dalla fusione di più navicelle spaziali, con i loro lineamenti quadrati, e noi, nel senso di io e i miei amici del paesello di mille abitanti, potevamo solo apprezzare robot dalle forme tonde, molto superati e retrò insomma, come Goldrake e Il Grande Mazinger.

Cosa voglio dire con forme tonde e lineamenti quadrati?
Beh, provate a notare la differenza tra un braccio o una coscia di Daitarn3 e un braccio e una coscia di Goldrake.
Un abisso, dai.

Poi Gundam e Daitarn3 e altri robot dai lineamenti quadrati e futuristici sono arrivati pure nella mia televisione e nella televisione dei miei amici del paese di mille abitanti.
Con molto ritardo.

E io imparavo tutte le canzoni delle sigle a memoria.
Per poi spiattellarle in faccia agli amici polentoni che venivano con i propri genitori, nati nel mio paesello di mille abitanti, nel mio paesello di mille abitanti, appunto.

Per dimostrare che

"…questi robot li conosco pure io che sono di un paesino di mille abitanti, caro mio!".
Solo che storpiavo sempre le sigle di questi cartoni di robot.

Per esempio la sigla di Daltanious, io dicevo

"È Daltanius bimbumbaleggiù".

Invece era:

"È Daltanius che compare giù".

Godsigma?
Bene, riguardo a Godsigma dicevo:

"Godsigma! Scagliando la sua spada nello Spazio! Dum Dum! Di certi suoi nemici ha preso il vizio, la forza la forza, la forza vinceràààààà".

E invece era:

"Ti getti sui nemici a precipizio, la forza, la forza, la forza vinceràaaa!".

Quale cazzo di vizio.
Dove m'era uscito 'sto vizio a me non lo capirò mai.

Poi Zorro, che non era un robot ma un giustiziere mascherato in carne ed ossa, vestito di nero e con un fioretto e un cavallo nero, comunque noi pupi lo guardavamo, dicevo:

"Zorro Zorro Zorrooo ti impicchi cattiva paura!".

Invece faceva:

"Zorro Zorro Zorrooooo, di te chi è cattivo ha paura!"

E poi Capitan Harlock.
Il mio preferito.
Qua dicevo :

"Il suo teschio è una bandiera che lui lancia contro il mar, ma è un uomo generoso come Mal".

Su questa sigla ancora oggi non ho capito cosa dice, ma so per certo che Mal non c’entrava nulla e che Mal cantava invece la sigla di Furia Cavallo del West.
E che Furia Cavallo del West non era un robot giapponese ma un cavallo nero intelligentissimo, anzi una cavalla nera intelligentissima, e non c’entrava un cazzo con i robot giapponesi.
Come Zorro, insomma.


Uno per tre e tre per uno perché
Insieme noi usciamo sempre dai guai
E difendiam la Terra dall'ombra della guerra
Il nostro cuore battera' per la libertà
Intrighi e loschi piani dei mostri disumani
Il nostro raggio spazzerà nell'immensità'


Questa è la prima bellissima strofa della sigla di Daitarn 3.

Io quei cartoni giapponesi non li vedo più.
Non per noia o altro.
ma semplicemente perché le tre Reti Rai sono sempre più inguaiate e perché le Reti Private non trasmettono quasi più cartoni di robot giapponesi e preferiscono trasmettere altri cartoni, veramente inutili.

Io non so come faranno i bambini di adesso fra dieci o quindici anni senza poter raccontare di aver visto Daitarn 3 e senza poter cantare la sigla di Daitarn 3, a memoria o quasi, alle tre di notte, in auto, insieme ad altri amici, quasi a ricordare con malinconia i tempi andati o quasi a sentirsi dei pupi.

Che cazzo di sigle canteranno, i bambini dia desso?
E di quali cartoni, poi?
La sigla dei Pokemon o di quel cartone che si chiama Yughi Yo, magari?
Che sigle di merda, dai.
Bruttissime.

Comunque, dicevo, io quei cartoni giapponesi non li vedo più.
Adesso sono interessato ad altre cose, tipo film gialli e horror italiani che trasmettevano quando io ero un bambino e che allora non vedevo perché ero interessato ai cartoni dei robot giapponesi.

Mio padre me lo diceva sempre di guardare quei film perché sarebbero diventate perle ma io non lo cagavo e vedevo i cartoni.

Mio padre aveva ragione.

Però mi succede una cosa.
Vedo questi film horror e gialli italiani e penso.
Penso, penso, penso e poi penso.
E ancora penso.
E mi rattristo.
Ma non per il film in sé che dovrebbe farmi paura o qualcosa di simile.
Penso, penso, penso e poi penso.
E ancora penso.
Ai cazzi miei.
E mi rattristo.
Per cazzi miei.
Devo smetterla con questo genere di film, mi sa.
Sennò finisce che muoio a furia di pensare.
Penso e muoio impazzendo, insomma.
E già morire è un’inculata, morire pensando e impazzendo, poi.

Per esempio mi è capitato di rivedere un film giallo di Lucio Fulci che si chiama "Non Si Sevizia un Paperino".
Questo film è ambientato ad Accendura, una paesello di pochi abitanti, che si trova in Lucania.
Un paesello come il mio, insomma.
Qui avvengono una serie di omicidi di bambini e per questi omicidi verrà accusata una donna che si chiama Selvaggia, che è Florinda Bolkan, che è una fattucchiera che abita in una casa sulle alture.
La fattucchiera Selvaggia con gli omicidi non c’entra nulla, ma gli abitanti di Accendura vanno da lei e la massacrano.
E mentre massacrano Selvaggia la Fattucchiera che è Florinda Bolkan in maniera orripilante con pietre, bastoni eccetera, fino a farla morire lentamente, che fa Fulci?
Ci mette sopra una canzone d’amore bellissima, malinconica e dolcissima di Ornella Vanoni che si chiama "Quei giorni insieme a te".

"Quei giorni insieme a te", di Ornella vanoni, fa così:

"Quei giorni insieme a te
Io li cancellerei
E’ stata un’odissea difficile, inutile
Noi eravamo in due
E adoravamo te
Uno ero io, l’altro eri tu
E non avevi il tempo di volere bene a me…"

E io comincio a pensare, a pensare, a pensare e a pensare.
E a rattristarmi.
Ma non per Selvaggia la fattucchiera che è poi Florinda Bolkan che viene massacrata.
Perché per quello dovrei soltanto rabbrividire.
Ma comincio a pensare, a pensare, a pensare e a pensare ai cazzi miei.
E a rattristarmi per cazzi miei.
Quasi quasi piango.

Dico io: caro Lucio Fulci che starai in Paradiso, all’Inferno o al Purgatorio e questo non lo so, ma non potevi, in quel film, mettere, che so, mentre Selvaggia la fattucchiera che è poi Florinda Bolkan viene massacrata, dicevo, non potevi mettere, che so, una sigla agghiacciante tipo una musica inquietante dei Goblin come faceva Dario Argento?
Era proprio necessario metter su una canzone d’amore bellissima, malinconica e dolcissima di Ornella Vanoni che si chiama "Quei giorni insieme a te"?
Ma poi, caro Lucio Fulci pace all'anima tua, che cazzo c’entra quella canzone della Vanoni con il film cruento che hai fatto?
Scusa Lucio Fulci che starai in Paradiso, all’Inferno o al Purgatorio e questo non lo so, ma lo sai che mi distogli lo sguardo e i pensieri dal tuo film che poi è un capolavoro?
Scusa Lucio Fulci che starai in Paradiso, all’Inferno o al Purgatorio e questo non lo so, ma ci provi gusto a farmi pensare, a pensare, a pensare e a pensare ai cazzi miei?
Scusa Lucio Fulci che starai in Paradiso, all’Inferno o al Purgatorio e questo non lo so, ma ci provi gusto a farmi venire una tristezza che quasi quasi piango?
Anzi, non quasi quasi, piango proprio, caro Lucio Fulci.
Piango come se avessi un piatto di cipolle crude e tagliate a pochi centimetri dal viso.
Sei contento?
Non ti sei mai chiesto che, a questo punto, se il tuo obiettivo era farmi pensare e pensare e poi farmi rattristare e poi piangere come se avessi un piatto di cipolle crude e tagliate a pochi centimetri dal viso, potevi fare il regista de "Il Venditore di palloncini" o di "Love Story" invece che di "Non Si Sevizia Un Paperino" che è un thriller agghiacciante e non un film d’amore commuovente?
Contento tu.
Io non sono contento.
Tu?


Daitarn, Daitarn
Arriva già il nemico scatta
Ma tu ci sei amico Daitarn
Evviva Daitarn III
Daitarn, Daitarn
Per noi tu sei davvero forte
Per noi tu sei davvero grande
Evviva Daitarn III


Che bel ritornello che ha la sigla di Daitarn 3.

Qualche tempo fa andai al Cinema a vedere un film horror coreano che si chiama "Phone".
Molti considerano "Phone" un film giapponese come "The Ring" ma invece è coreano.
Tale confusione è dettata dal fatto che i coreani hanno gli occhi a mandorla come i giapponesi
E i coreani sono molto simili ai giapponesi.
Ma i coreani sono i coreani e i giapponesi sono i giapponesi.
Che ignoranza che c’è in giro.
Che superficialità.
E che confusione.
Scambiare un coreano con un giapponese? Mah.

Comunque andai a vedere "Phone".

Nel film si parla dello spirito di una ragazza che si impossessa del corpo di una bambina, attraverso lo squillo di un cellulare, per vendicarsi della sua morte.
Perché la ragazza in vita era innamorata del papà della bambina e con lui aveva comprato due cellulari.
Questi cellulari servivano per sentirsi, prendere appuntamenti per fare all’amore.
Con sentimento, passione e dolcezza.
Fare all'amore, intendo.
Solo che all’improvviso l’uomo, che poi è il papà della bambina di cui lo spirito della ragazza si impossessa, resosi conto che si sta sputtanando, non la chiama più.
E la ragazza piange, piange, piange.
E la ragazza che piange sta sempre col cellulare in mano in attesa di un sms o di una chiamata da parte dell’uomo-padre della bambina.
Ma nulla.
L’uomo non chiama e la ragazza incontra la madre-moglie dell’uomo-e madre della bambina che ha scoperto tutto.
La ragazza è diventata pazza e si scaglia contro la donna, offendendola e dicendole che il marito non la ama e che lei e l’uomo, che poi è il papà della bambina di cui lo spirito della ragazza si impossessa, si sentivano e si mandavano sms e prendevano appuntamenti per amarsi e fare all’amore, per il tramite di due cellulari appositi.
Un casino!
La donna, madre-moglie dell’uomo-e madre della bambina che ha scoperto tutto, per farla breve ammazza la ragazza e tenta di strapparle da mano, come se fosse uno sfregio, il cellulare che serviva per sentirsi, prendere appuntamenti per fare all’amore con l’uomo-padre della bambina-e marito della donna assassina.
Un casino al quadrato, insomma.
Ma la madre-moglie dell’uomo-e madre della bambina che ha scoperto tutto, non riesce a strappare, dalla mano del cadavere della ragazza che ha ammazzato, il cellulare.
E così mura il cadavere nella propria casa insieme al cellulare.
Un casino al cubo, insomma.

Mi sa che il regista voleva evidenziare la circostanza che la ragazza che poi muore e che si impossesserà del corpo della bambina, per poi vendicarsi della donna da cui è stata uccisa, era così legata a quel cellulare, da attendere per l’ultima volta, prima di morire, una chiamata o un sms semplice semplice, da parte dell’uomo-padre della bambina-e marito della donna che l’ha uccisa.
Insomma, il cellulare era l’ultimo legame che la ragazza che poi muore e che si impossesserà del corpo della bambina, aveva con l’uomo-padre della bambina-e marito della donna che l’ha uccisa.

Ma questa è una cosa tristissima.
E’ una cosa triste di un film d’amore che finisce male.
Che cazzo c’entra ‘sta cosa con un film horror coreano?
Era proprio necessario inserirla ‘sta cosa?

E io, così come avviene per "Non Si Sevizia Un Paperino" di Lucio Fulci, comincio a pensare, a pensare, a pensare e ancora a pensare.
E a rattristarmi.

Penso, penso, penso e penso.

Penso che io pure sono sempre con un cellulare in mano, in attesa di una chiamata, di un sms, per un appuntamento o non so per cosa.
Sempre.
Squilla il cellulare?
Driiiiiiiin.
Scappo se il cellulare sta lontano da me.
Ma è difficile che il cellulare sia lontano da me.
Vado a prendere di corsa il cellulare.
Se ce l’ho in tasca, prendo il cellulare dalla tasca in un decimo di secondo.
Vedo sul display?
Chi è?
Vincenzo!
Vincenzo…Vincenzo…Vincenzo…
Mannaggia San Vincenzo!

Oppure succede questo.
Pling.
Questo è il rumore che il mio cellulare fa quando arriva un sms.
E’ arrivato un sms?
Scappo se il cellulare sta lontano da me.
Ma è difficile che il cellulare sia lontano da me.
Vado a prendere di corsa il cellulare.
Se ce l’ho in tasca, prendo il cellulare dalla tasca in un decimo di secondo.
Vedo sul display?
Chi è?

"Vodafone: il tuo traffico disponibile è di 6,40 euro".

Ma che cazzo me ne fotte a me, scusa Omnitel, eh?
Scusa cara Omnitel, ma è proprio necessario che mi devi inviare questi sms che mi fanno spaventare, poi sperare e poi illudere e poi disilludere e poi incazzare?
Ma cara Omnitel, non puoi mandare questi sms inutili e del cazzo in un altro momento un po’ più tranquillo per me che, guarda, questo che sto passando non è proprio periodo che mi sento un povero frustrato e ingrassato tra l’altro?
O devo cambiare scheda, cara Omintel, e metter su, nel mio cellulare una scheda Wind o Tim?
Guarda, Omitel, la tua fortuna è che Qualcuna conosce il mio numero di cellulare Omnitel, e io sono in attesa di qualche chiamata o di qualche sms di questa Qualcuna e quindi non posso cambiare scheda, sennò sai che vaffanculo ti prendevi, cara la mia Omintel?
Cerca di essere comprensiva, cara Omnitel, e soprattutto, cerca di aver rispetto per uno che quasi gli piglia un infarto appena sente il Pling che segnala un sms.
Per piacere, eh?

Ecco.
Io sto impazzendo con questo cellulare.
Ce l’ho sempre dietro.
Spessissimo in mano.
In attesa di una chiamata o di un sms
Io sto impazzendo ma non sono pazzo completamente.
Ma sono sicuro che di questo passo impazzirò.
E morirò pazzo.
Un’inculata al quadrato, insomma.
E quando morirò, nessuno riuscirà a strapparmi il mio cellulare da mano.
Mi seppelliranno con il cellulare.
Come la ragazza di "Phone".
Che mi fa pensare, pensare, pensare, pensare e pensare.
E che mi fa rattristare.
Ma non mi fa piangere.
Ma quasi.
Eppure io odiavo il mio cellulare.
E adoravo i film horror orientali
Da quando ho visto Phone", basta film horror orientali.

Mi seppelliranno col cellulare in mano.
Chiuderanno la mia bella bara mente Mario piange.
Mario è un altro che pure piange spesso.
Secondo me, nel senso che non l'ho mai visto piangere Mario se non una volta in una discoteca.
Come si fa a piangere in una discoteca?
Comunque, secondo me,Mario è un altro che pure piange spesso.

Comunque, dicevo, poi infileranno me e la bara nel loculo e qualcuno sentirà "Driiiiiiiiin Driiiiiiin"
Riapriranno il loculo, apriranno la bara, vedranno il mio cadavere bianco, noteranno il cellulare che squilla stretto nella mia mano destra e scorgeranno sul Display il nome di chi mi chiama.
Leggeranno "Qualcuna".

E io, che guarderò tutta la scena, sotto forma di spirito, dall’alto, bestemmierò e penserò:

"Giustamente tu dovevi aspettare che io impazzissi e che morissi impazzito con un cellulare stretto in mano per chiamare, eh? E mo ti fai nel culo cara Qualcuna. E io? M’inculo pure io. E’ un’inculata al cubo cara Qualcuna. Perché? Perché già quando muori è un’inculata. Se poi muori impazzendo che è una morte di merda, l’inculata è al quadrato. Se poi dopo che sei morto impazzito per una Qualcuna che ti doveva chiamare, squilla il cellulare che hai in mano, mentre sei morto, e sul display compare il nome "qualcuna", beh sei stato inculato per la terza volta. Indi un’inculata al cubo".

E pure da morto e sotto forma di spirito mi toccherà pensare, pensare, pensare, pensare e ancora pensare.
E rattristarmi.
E non potrò neppure mordermi le mani perché sono uno spirito e le mani sono fatte di spirito e non di carne.



Noi siamo un trio all'erta e pieni di brio
Seguiam la scia se un meganoide ci spia
E il Mach Patrol ci porta, nell'occhio all'avventura
Verso l'ignoto corre e va come un fulmine
E in aria si trasforma in un robot che ha un'arma
Ha l'energia solare che è invincibile


Questa è la seconda strofa della sigla di Daitarn 3.
Bellissima.

Ho letto il numero quarantadue di Wolverine.
Wolverine è un mutante nato oltre un secolo fa in Cadada, dotato di artigli retrattili, di uno scheletro di un metallo indistruttibile che si chiama adamantino, di sensi ipersviluppati e di un fattore di guarigione che gli permette di guarire, appunto, dalle ferite più terribili.
Pure se lo colpiscono a morte, al cuore, a Wolverine, Wolverine guarisce.
E la ferita al cuore si rimargina.
Io vorrei essere Wolverine.

Ho letto dunque questo numero quarantadue di Wolverine.
E sul numero quarantadue di Wolverine c’era un monologo bellissimo di una ragazza, che poi veniva uccisa da sgherri sconosciuti, che si rivolgeva a Wolverine, che non conosceva ma di cui si fidava, a pelle.
Una cosa così, insomma.

Io sono rimasto talmente colpito da questo monologo, ma talmente colpito, che l’ho adattato come se dovessi scriverlo a una donna.
Quindi ho scritto questa cosa come se dovessi scriverlo per una donna ma non l’ho mandato a una donna.
Non l’ho mandata a nessuno questa cosa adattata da me e tratta da Wolverine numero quaratadue e l’ho tenuta per me.
L’ho fatta leggere, questa cosa, ad un amico e mi ha detto che era bella.
Quindi volevo dare questa cosa a Mario, per dirgli:

"Mandala alla tua ex, vai! Che ti frega? Manda!"

E Mario sicuro sicuro gliel’avrebbe mandata alla sua ex.

Poi ho pensato che è meglio che non mandavo questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue, a Mario.
Perché poi Mario gliel’avrebbe mandata veramente alla sua ex questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue e sarebbe successo un casino, perché la sua ex avrebbe pensato che Mario si era suicidato.

E allora niente questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue inviata a Mario.
Niente di niente.
L’ho tenuta per me questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue.
E questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue è venuta così, completamente rifatta da me:

Ehi, Squallida, ti sei mai sentita sola?
Hai mai avuto paura?
Io sempre. Sempre impaurito.
E sempre solo.

Sai perché amo la pioggia, Squallida?
Sai quel film dove dicono che la pioggia pulisce tutto…per questo amo la pioggia.
Da quando non mi sento più pulito?
Non sono solo io.
E’ tutto il mondo che è stato usato, sporcato e schiacciato.
E’ un mondo squallido. Tutto qui.
Un mondo di squallore.
Se vuoi sopravvivere devi diventare squallido.
Così si chiama questo gioco squallido?
Sopravvivere?

Non hai mai chiesto la mia storia, Squallida.
Pensavo che non ti interessasse.
Ma non è così, vero?
Non è che non ti interessi…è che pensi di conoscerla già.
Forse è proprio così..
Forse sarebbe solo..Insomma, una perdita di tempo.
Forse mi sbaglio e tu sei proprio come mi sembravi all’inizio.
Ma non credo proprio, Squallida.
Penso di averti capito.
Forse solo i più squallidi possono permettersi di provare interesse.

Non so quando arriveranno.
Non so cosa faranno quando saranno qui.
So solo che arriveranno e allora saranno guai. Brutti guai.
Forse mi porteranno via.
Diranno che è ora di tornare a casa. Come se quella casa fosse mia.
Se andrà così no li seguirò.
Non voglio tornarci.
Dovranno prima farmi fuori.
E lo faranno.
Sai cosa significa far fuori…qualcuno?
Ho visto cose toste e dolorose.
E so di non essere tosto perché ho provato dolore.
So anche cosa ho visto quella sera..e quando ti ho rivista la mattina dopo, Squallida, non avevi un graffio.
Neppure uno.
E ho capito che eri te che cercavo.
E ti avevo trovata.
Forse anche tu lo sapevi.
In un mondo squallido devi decidere a chi badare, no?
Devi scegliere per chi batterti. Per chi ne vale la pena.
La scelta può anche essere arbitraria.
Non importa…basta che sia la tua.
Perché ci serve una scusa anche solo per salutarci?
Siamo tanto spaventati da scordarci di essere umani?
Dobbiamo sempre cercare giustificazioni, alibi, menzogne..anche con noi stessi.
Anzi, soprattutto con noi stessi.
E’ questo che stavi facendo? Darmi una scusa? Lasciarmi la prima mossa?
Non sapevi quando fosse terrificante per me provarci?
E tu non hai reso le cose più facili.

Posso entrare?
Ti ho portato una specie di libro
Ecco la tua specie di libro.
Ti ho dato una specie di nome, sai?
Vuoi sapere quale?
Squallida.
Suona un po’ negativo?
Mi sa di sì. Non che tu lo sia, davvero. O orse sì. Non lo so.
Ti ho portato questa specie di libro nel tuo posto.
Un bel posto. Ti basta e avanza.
Ti ho vista ogni giorno con una specie di libro diverso, Squallida.
Fai solo questo? Leggi?
Voglio dire…tutto il giorno?
Fai altre cose, lo so.
Tipo beccarti una coltellata.
Che mi importa?
M’importa molto.
Se ti becchi una coltellata per una squallidata a un tipo poco squallido, è uno schifo.
Ma se fai una squallidata a un tipo squallido allora è figo.
Apprezzerai la differenza perché leggi molto.
Dovrà pur significare qualcosa, no?
A me piaceva leggere, sai? Adesso scrivo.
Vorresti leggermi?
Se trovi le mie cose te le faccio leggere. Promesso.
Le tengo nascoste.
Ora devo andare.
Ti lascio questa specie di libro.
Baderai a me, Squallida? Ci posso contare?
Grazie Squallida. Goditi quella specie di libro.
Buona Notte.

Ti credo, Squallida e non hai idea di cosa significhi per me.
Insomma, stanotte riuscirò a dormire.
Dormire sul serio, riposare senza angosciarmi.
Sei dall’altra parte del corridoio e ora mi conosci.
Ti sei beccata qualche coltellata, ma non ti hanno fermato.
Mi sento al sicuro.

Hai capito, Squallida?
Sono stato chiaro?
Quando verranno da me farai quel che serve?
Non posso dirti tutto perché non so se sei la persona giusta.
Lo pensavo e forse mi sbagliavo.
Forse, però.
Un sacco di cose devi capirle da sola, e se ci riesci sarà più facile.
Io non ci riesco.
Ma forse a te non serve molto.

Ricordatelo, Squallida, perché qualcuno verrà a dirti che vuole aiutarti, che vuole quello che vuoi tu.
Quando ti dicono così stanno mentendo.
Non lo fanno apposta, ma non sanno niente.
Niente di niente.

Ci sono degli altri, Squallida.
Sono loro. E sono venuti a prendermi.
Io sono scappato.
Ma tu non scappi mai, vero?
Almeno stavolta non scappare.
Quando loro verranno a prendermi conto su di te.
Mi spiace dirtelo solo ora.
Mi spiace scaricartelo addosso.
Non te lo sei cercato.
Avevi già i tuoi problemi.
Non ti servono i miei.
Ma che altro potevo fare?
Nessuno mi ha mai creduto quando ho detto la verità.
Che altro dovevo fare?
Ci ho provato. Non ascoltavano.
Se ne fregavano. Volevano sempre le prove.
Alla fine l’unica prova sarà il mio cadavere.
Cadavere non in senso letterale.
Ma qualcosa di simile.
E sarà troppo tardi, no?

E’ così che va.
Diranno tutto e il contrario di tutto.
Poi dimenticheranno.
Quello che mi sarà successo sembrerà normale, Squallida.
Si potrà dimenticare.
E’ questo che mi spaventa..
Per favore, fai almeno questo per me.
Mi chiamo Mario.
Non dimenticarmi.

Sto ridendo.
Che risate a pensare all’ex di Mario che legge questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue e piange e si dispera credendo che Mario si sia suicidato.
Ma poi, leggendo questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue, come si fa a pensare a un suicidio se è una cosa dolcissima.

Neppure io avevo pensato che questa cosa ispirata da Wolverine numero quaratadue poteva far pensare a un suicidio.
Me l’ha fatto notare un’amica.
Mi sa che questa mia amica è deviata come l’ex di Mario che piange e si dispera pensando al suicidio di Mario.



Daitarn, Daitarn
Arriva già il nemico scatta
Ma tu ci sei amico Daitarn
Evviva Daitarn III
Daitarn, Daitarn
Per noi tu sei davvero forte
Per noi tu sei davvero grande
Evviva Daitarn III


Questo è di nuovo il ritornello della sigla di Daitarn 3.

Un pò di sabati sera fa, in uno dei miei, anzi dei nostri, soliti sabato sera, sono uscito con Mario e sono tornato a casa con Mario alle sei e mezzo del mattino di Domenica.
Abbiamo visto l’alba in auto, sulla tangenziale.
Eravamo pieni zeppi di cipolle e carne e di alcool.
Cioè, l’alcool era andato scemando perché avevamo riempito lo stomaco di cipolle e carne.

Non è che abbiamo scorte di carne e cipolle in auto io e Mario, da mangiare, quando usciamo il Sabato sera e torniamo la Domenica mattina.
Ci mancherebbe.
E’ che siamo andati a ballare e ci siamo ubriacati quasi e poi ci siamo fermati a mangiare un Kebaab da alcuni nostri amici libici, alle cinque del mattino.
E il Kebaab contiene carne e cipolle, per lo più.

Comunque, stavamo io e Mario, in auto sulla tangenziale, alle sei e mezzo di Domenica mattina, pieni zeppi di cipolle e carne e di alcool, quando io ho detto a Mario:

"Mario, ma possiamo fare sempre questa vita? La Domenica mattina, a quest’ora la gente dorme e noi siamo in macchina pieni zeppi di cipolle e carne e di alcool che torniamo a casa per dormire? Ma dai, è possibile? Facciamo pietà, siamo dei poveri frustrati di trent’anni. A trent’anni la gente si sposa, fa dei figli, una famiglia. E noi? Epoi questa vita mi sembra un giochino della Play Station. facciamo sempre le stesse cose. Mica siamo in un videogioco noi, eh! Cazzo è vita reale la nostra, non una Play Station."

E Mario ha risposto, quasi sconsolato:

"E che vuoi fare?"

E io:

"Niente, farla finita con questa vita che pare un videogioco della Play Station. Facciam’ sempre le stesse cose".

Poi mi sono fermato un attimo, mi sono rivolto di nuovo a Mario e gli ho detto:

"Ma sai che ti dico Mà? Ma chi uccide a noi? A quelli come te e me non li uccide nessuno!"

Mario mi ha guardato sorridente, orgoglioso per quella considerazione.
Ma non ha detto nulla, a parte il sorriso fiero.
Poi ho aggiunto.

"Mà, sai perché a noi non ci uccide nessuno e nessuno può ammazzarci? Perché siamo già morti. Siamo dei morti che camminano, che cantano la sigla di Daitarn 3 e che vanno in auto in auto sulla tangenziale, alle sei e mezzo di Domenica mattina, pieni zeppi di cipolle e carne e di alcool. Siamo degli Zombies insomma. Hai presenti gli Zombies di Romero? Morti viventi, ecco. Ci hanno spaccato il cuore che non batte più, ci hanno ucciso già, ma adesso camminiamo, cantiamo la sigla di Daitarn 3 e andiamo in auto in auto sulla tangenziale, alle sei e mezzo di Domenica mattina, pieni zeppi di cipolle e carne e di alcool. Ci hanno spaccato e fermato il cuore ma non il cervello. Per ucciderci di nuovo dovrebbero colpirci e distruggerci il cervello. Sennò continuiamo sempre con la nostra vita che sembra la Play Station"

Mi sono fermato un secondo e poi ho aggiunto:

"E chi me lo distrugge a me il cervello…"

Mario mi ha sorriso.
Secondo me era commosso, ma non so perché boh.

Ha aggiunto:

"Bella ‘sta cosa oh! Io la scriverei da qualche parte, per ricordarmela fra qualche anno.".

Poi siamo stati zitti.

Morale della favola?
Per uno Zombie il morire, prima di diventare Zombie, è un’inculata a metà.


Daitarn
Arriva il nemico
Prepararsi
Robot a energia solare
Daitarn


Questa è una voce robotizzata che sta nella sigla di Daitarn 3.
E’ una parte della sigla che non mi piace.
Troppo fredda e asettica.
E non mi fa pensare a nulla.
Meglio così.
Non voglio pensare e poi pensare e poi pensare e poi pensare e poi pensare.
O forse no.
Non lo so.
Comunque questa parte della voce robotizzata che sta nella sigla di Daitarn 3 è una parte che non mi piace.
Chi ha scritto la sigla di Daitarn 3 poteva sicuramente farne a meno di questa parte con la voce robotizzata.
Inutile.


Daitarn, Daitarn
Arriva già il nemico scatta
Ma tu ci sei amico Daitarn
Evviva Daitarn III
Daitarn, Daitarn
Per noi tu sei davvero forte
Per noi tu sei davvero grande
Evviva Daitarn III


E adesso che faccio?
Vedo un film?
No, niente film.
Non è che mi vada tanto.
Canto? Neppure mi va.
Lavoro? Che palle!
Chiamo? No.
Il cellulare? Lo spengo, dai.

Ho un’idea.
Divento Daitarn 3.
Aziono l’energia solare e brucio Qualcuna.
Sì!
Vado?
Vai!

Ed ora con l’aiuto del sole vincerò!
Attacco Solare!
Energia!
WHAAAAAAAAMP!

Bruciata!
Forse…



Vittorio Emanuele.



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