Nick: Hightecno Oggetto: eros & pathos (cap XXXIV) Data: 10/12/2004 10.10.1 Visite: 80
Vivere implica l’essere indotti a fare un bilancio su noi stessi e tale valutazione, a volte, ci porta a constatare la nostra mancata realizzazione sul piano della individualità. Per portare a compimento tale impresa, ognuno di noi dovrebbe sottrarsi ai condizionamenti del collettivo. Ma impegnarsi in un simile cammino di autorealizzazione non è semplice, anche perché le distrazioni di una realtà effimera sono spesso così insistenti da indurci fuori strada. E così non sono molte le possibilità di cui l’individuo può disporre per riuscire a diventare e realizzare se stesso, ma fra queste spicca il legame amoroso che, anche da questo punto di vista, può offrire un concreto e valido aiuto. Soltanto la «grazia» della relazione d’amore può consentire all’individuo di rivelarsi come essere votato alla piena realizzazione di sé, al mistero di una piena effusione del proprio essere. Quando accesa e intensa, la fiamma dell’amore infonde in noi quel calore e quell’energia indispensabile per realizzare i grandi cambiamenti e le grandi imprese della nostra vita. E l’energia che avvertiamo scorrere nelle nostre vene in simili momenti non solo si espande verso l’altro, verso la persona amata ma, soprattutto, pervade tutta la profondità del nostro essere. Il rapporto d’amore, quando autentico, non limita né mortifica gli spazi della ricerca e dell’autonomia individuali ma, al contrario, li amplifica attraverso un incoraggiamento costante, attraverso quella che potremmo definire una trasfusione di energie finalizzata a metterci in condizione di afferrare tra le mani la nostra vita. Ma l’essere uniti nell’amore ha senso solo se ognuno dei partner viene amato e riconosciuto come individuo reale, unico e particolare e se, contemporaneamente, gli amanti riescono a formare una dualità, non in senso fusionale, ma come un essere insieme, l’uno al fianco dell’altra. La magia dell’incontro con «l’altra metà del cielo» è data soprattutto dalla scoperta dell’esistenza di un mondo diverso, fondato su basi differenti da quelle che per tanto tempo costituiranno le nostre autentiche fondamenta. E si tratta di basi indispensabili per costruire la nostra esistenza, giacché il solo pensare di poter vivere come monadi isolate e imperturbabili, significherebbe commettere un errore gravissimo, che avrebbe implicita l’idea di rinunciare a vivere. Camminare insieme all’altro, al fianco di un compagno con il quale confrontarsi, certi di potere trovare in lui (o in lei) risposte che da soli non sapremmo mai formulare, costituisce già di per sé una straordinaria ricchezza, nonché il presupposto per vivere come individui consapevoli del senso della vita, immersi in quella luce radiosa e rivelatrice che solo il rapporto amoroso sa alimentare. A questo proposito vorrei aggiungere che è singolare che nella nostra lingua, come in tutte quelle neolatine e, più in generale, in quelle indoeuropee, un solo sostantivo - amore, appunto - serva a indicarci due cose profondamente diverse: il sentimento di chi ama, magari non riamato, e il legame che unisce due esseri umani. Soprattutto per questo, e al di là dei luoghi comuni, l’amore è fonte di gioia e dolore, di felicità e disperazione e, da un punto di vista psicologico, può persino essere considerato come un fattore al contempo patogeno e terapeutico. È chiaro che a questo livello stiamo sempre riferendoci al sentimento che lega gli amanti, che presumibilmente dovrebbe accompagnarsi alla passione e che, di regola, suscita quelli che siamo soliti definire i «moti del cuore». Ebbene, dicevamo che l’amore può essere letto come un fattore patogeno e, quindi, come elemento generatore di sofferenza fino al punto, nelle situazioni più complesse, di farci ammalare, sia fisicamente che psicologicamente. Ciò accade perché il fallimento di un legame amoroso, viene descritto e vissuto come un fallimento personale, e la sofferenza che ci procura spesso viene letta come una punizione che in qualche modo ci siamo meritati. E questo disagio interno, questo macigno che schiaccia la nostra anima, esige una possibilità espressiva, un canale attraverso il quale manifestarsi in tutta la sua drammaticità. Ma se i parametri d’amore possono essere così atroci, altrettanto intensa sarà la forza vitale, rigenerante - e quindi terapeutica - che un rapporto valido e saldo riuscirà a trasmetterci. |