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Nick: Franti
Oggetto: Remake
Data: 5/1/2005 15.13.11
Visite: 138

PREMESSA.
Postato già.
Non è Carnevale ma non me ne fotte proprio.



Quando io ero piccolo mi vestivo da Carnevale.
E questa cosa mi stava sul culo.
Cioè, mi stava sul culo non il fatto di vestirmi, anzi di travestirmi, ma mi dava fastidio la locuzione mi vestivo da Carnevale.
Cioè, mica Carnevale è un uomo, un personaggio, uno con un costume, che tu vuoi imitarlo, vestirti come lui eccetera, eh.
Carnevale è una "Festa" e mica tu ti puoi vestire da Festa.
Come fa un ragazzino, ma anche un adulto, a vestirsi da "Festa"?
Mica si può, eh.
E allora, pure quando siamo piccoli, dobbiamo imparare a usare queste cazzo di preposizioni semplici come "per" e "da".
E quindi era più giusto se io mi vestivo, che poi era travestivo, "per" Carnevale e non "da" Carnevale.
"Per" una festa, cioè, non "Da" Festa.

Comunque, a parte questo fatto delle preposizioni semplici quali "per" e "da", o da piccolo, per il Carnevale, mi travestivo.

Da piccolissimo mi travestivo non io, cioè non mi sapevo travestire io, ma mi travestiva mamma.
Mi comprava dei costumi comuni o stranissimi che io non chiedevo, perché, si sa, quando sei piccolo, i tuoi godono a spendere soldi per travestirti per Carnevale e farti vedere in giro bellino bellino, a dir loro, dai loro amici, dai tuoi amici eccetera.
E a loro, ai tuoi genitori, non importa nulla quanto spendono per quel vestito strano che poi tu usi una volta all’anno e che, al massimo, riciclano, l’anno dopo, per tuo fratello più piccolo.
Non se ne fregano.
Lo comprano e basta.
Spendono parecchio?
Non se ne fottono.
Spendono e pazienza.

Poi quando fai quindici o sedici anni e non ti vuoi vestire per il Carnevale e chiedi ai tuoi, non so, un paio di comunissimi Jeans Levi’s, forse il primo paio di comunissimi Jeans Levi’s, e lo chiedi espressamente a loro, loro dicono "No, costa troppo".
E tu, nella tua testa, cominci a bestemmiare la Madonna del Santuario di Santa Margherita di Savoia, perché i tuoi genitori sono dei bastardi oltre che spendaccioni a cazzi loro.
Ma come?
Di vostra iniziativa spendete un sacco di soldi per un vestito per Carnevale che mi piglio quasi scuorno ad indossarlo, tra l’altro una volta all’anno, e non spendete una lira e mi dite "No, costa troppo", per un paio di comunissimi Jeans Levi’s che poi durano almeno un anno?
Che invenzioni di merda ‘sto fatto dei genitori.

Comunque niente, da piccolissimo mi travestiva mamma.
Mi travestiva con dei costumi che io non chiedevo e che neppure sapevo.
Una volta da Zorro, un’altra da Paggio, un’altra da Mago Zurlì eccetera.

Poi quando diventavo più grande decidevo io come travestirmi.
Cioè, mia madre, di sua iniziativa, mi comprava sempre un vestito per il Carnevale, ma, una volta diventato più grandicello e con il fisico di bambino che va all’asilo, mi ribellavo che non lo volevo quel costume che mamma aveva comprato, e me ne facevo comprare un altro.
Di vestito.
Cioè, per esempio, mamma mi comprava il vestito da Conte di Montecristo e io gli dicevo:

"Ma chi ti ha chiesto il vestito del Conte di Montecristo, io voglio il vestito di Sandokan.".

E mamma mi comprava, tutta mortificata, il vestito di Sandokan.
Però sbagliava sempre, i primi tempi.
Spiego questa cosa che mamma si sbagliava: io chiedevo Sandokan? Bene, mamma andava dal negoziante e diceva:

"Buongiorno, ha un costume da Sandokan per mio figlio?"

E il negoziante cacciava un costume tutto stano che tutto era fuorché il costume di Sandokan.

E così mamma si ritirava a casa con un costume di raso verde con le maniche a sbuffo, con i pantaloni alla zuava e gli stivali bianchi con la punta alzata, tipo Simbad il Marinaio che a quell'epoca e quando sei bambino non sai chi è, e il turbante bianco con il rubino sulla fronte.

Io lo vedevo questo costume qua e dicevo:

"Mamma, mannaggia Sant’Antonio Abate, ti sei fatta fottere dal negoziante, eh? Sandokan ha una fascia in fronte e non ha il turbante bianco col rubino, ha una casacca gialla a righe e non questo vestito di raso verde con le maniche a sbuffo. Sandokan ha i pantaloni neri e non pantaloni a zuava. Ha gli stivali neri senza punta e non questi stivali bianchi con la punta alzata, tipo Simbad! Ma mannaggia Sant’Antonio Abate un’altra volta, ma sei cretina? Ti fai fottere così dai negozianti che di vestiti, telefilm e cartoni animati, non sanno un cazzo? Ma perché non porti me dal negoziante quando mi devi comprare il vestito, eh?".

Allora mamma, non so se lo faceva per calmarmi e per non farmi bestemmiare o per dimostrare a se stesa che il negoziante non l’aveva fottuta e presa per il culo, facendogli spendere soldi a vanvera, mi diceva:

"Ma calmati. E poi lo so che questo costume non è di Sandokan. Mica sono ignorante, eh! Sono pur sempre una maestra. E’ il vestito del Maraja".

Marachè?
Ma chi è ‘sto Maraja?
Che poi, quando se piccolo, che cazzo ne sai cosa sia un Maraja.
Adesso lo so, ma quando ero piccolo no.
Secondo me, nessuno, da piccolo, sa cosa sia un Maraja.

E io dicevo:

"Ma che significa Maraja? Ma chi ti ha chiesto il costume da Marana? Io volevo il costume di Sandokan, mica il Maraja che non so manco chi è! E allora che sono cresciuto a fare se tu fai di testa tua e mi compri i costumi che vuoi, nonostante io te ne chieda altri. Di costumi".

E mamma si mortificava.
Io non volevo ancora mortificarla perché mi dispiaceva e non gli dicevo:

"Comunque inutile che fai che lo sapevi che questo era il Maraja, che tanto lo so io e lo sai tu che il negoziante ti ha fottuto i soldi".

Cioè questa cosa la pensavo nella mia testa ma non gliela dicevo, per non mortificarla ulteriormente.
E, sempre per non mortificarla e per non farle spendere altri soldi, indossavo il costume del Marana e andavo all’asilo.

Comunque poi mamma mi spiegava che il Maraja è un principe arabo.

All’asilo mi chiedevano, gli altri bambini:

"Che costume è questo?"

E io:

"Sono vestito da Maraja".

E io vari bambini:

"E chi è?"
"Che è ‘sto Maraja?"
"Ma ti fai comprare ancora questi vestiti sconosciuti da mamma"

Mannaggia Cristo, bastardi di merda, ma perché non vi fate i cazzi vostri, eh?
Se mia mamma è cretina che colpa ne ho io?
E pure se è cretina mica posso mortificarla sempre e far spendere soldi su soldi, eh!
Ma perché è necessario che mi chiedete da cosa sono travestito?
E poi che cazzo di colpa ho io se voi siete ignoranti e non sapete neppure che il Maraja è un principe arabo, eh!

Queste cose non le dicevo ai bambini amici, ma le pensavo.
Non dicevo nulla e facevo finta di niente, perché mi scocciava dare spiegazioni.

Quando diventai più grande facevo la Primina e la Seconda elementare, mia madre finalmente capì che doveva portare me dal negoziante a comprare il vestito per Carnevale.
E il negoziante, che negli anni addietro poteva permettersi di fottere soldi a quell’ignorante carnevalesca di mamma, a me non poteva mica fottermi.
Perché sapevo quello che volevo ed ero un esperto di costumi di Carnevale.
Anzi per carnevale.
Così io chiedevo il costume di Goldrake e il negoziante mi dava il costume di Goldrake.
E lo portavo a casa.
Il costume di Goldrake.
E mamma pagava.

Ma a casa era una tragedia.
Sì, perché Carnevale viene di Febbraio e a Febbraio fa freddo.
E così tua madre sotto il vestito di Goldrake, ti faceva mettere una dolcevita di merda, marroncino chiara.
Ma dico io, se proprio vuoi mettermi una dolcevita sotto il vestito perché Carnevale viene di Febbraio e a Febbraio fa freddo, perché non me ne metti una bianca di dolcevita invece che una marroncino chiaro?
Come si abbina un colore marroncino chiaro sul busto nero di Goldrake, sul Raggio Gamma che è rosso e sulle lame dell’alabarda spaziale, che stanno sulle spalle, e sono bianche?
Mettimi una dolcevita bianca che si abbina meglio, eh, che si abbina meglio come colori!
Poi, sempre perché Carnevale viene di Febbraio e a Febbraio fa freddo, sopra il vestito, prima di uscire per giocare, mamma mi metteva un cappotto.
O un piumino giallo.
Avete mai visto voi Goldrake con il cappotto o il piumino giallo? I
o mai.
Non solo: il costume di Goldrake aveva dei gambaletti che si mantenevano sotto le scarpe grazie a degli elastici tipo quelli delle mutande Cagi.
E le scarpe che indossavi e sotto le quali, grazie a questi elastici tipo quelli delle mutande Cagi, mantenevi fermi gli stivali erano le Polacchine di camoscio Kickers.
Marroni.
Tutti i bambini, allora, indossavano questa Polacchine di camoscio Kickers.
Marroni.
E gli elastici tipo quelli delle mutande Cagi, a furia di camminare e giocare e zompare (perché Goldrake zompa spesso e tu devi zompare per fare le mosse di karate robotico) si consumavano e si rompevano.
E una volta che gli elastici tipo quelli delle mutande Cagi si rompevano, i gambaletti di Goldrake si ritiravano su, fino al perone.
E, una volta che i gambaletti di Goldrake si ritiravano su, fino al perone, usciva fuori il pantalone di velluto grigio e le Polacchine di camoscio Kickers.
Marroni.
E facevi Goldrake con la dolcevita marroncino chiaro, il cappotto o il piumino giallo, il pantalone di velluto grigio e le Polacchine di camoscio Kickers. Marroni.
Un Goldrake di merda, insomma.

Quando facevo la Terza Elementare, mamma mi propose di vestirmi da Lady Oscar.
La mandai a fanculo perché era ignorante e non sapeva che Lady Oscar era una femmina, sennò che ci stava a fare il termine "Lady" prima del nome "Oscar".
E mica io ero recchione io, eh.
Mi vestii da Mazinga Z.
Andai nella mia classe ma fu una tragedia.
Nella mia classe nessuno si era travestito per il Carnevale.
Vi spiego: mia madre forse allora era più ricca, non lo so, ma si poteva permettere di comprarmi il vestito di Mazinga Z per Carnevale.
I miei compagni di classe allora, forse, avevano le mamme e i padri più poveri e quindi non si potevano permettere di comprare loro il costume di Mazinga Z per Carnevale o altri vestiti.
E quindi feci la mia prima figura di merda.
Solo io mi ero travestito per Carnevale.
Tutti gli altri avevano il grembiule blu.
Mi guardavano come se fossi E.T l’Extraterrestre, ma io ero Mazinga Z, quale cazzo di E.T l'Extraterrestre?!?
Mi sentii parecchio in imbarazzo.
Nessuno pareva conoscermi.
Fu allora che mamma mi mise le mani sulle spalle e disse:

"Bambini, questo è Pierluigi vestito da Mazinga Z. Vedete come sta vene vestito così, eh. Fatelo giocare con voi, su".

Seconda figura di merda.
Non dissi nulla ma pensai.

"Mamma, innanzitutto non ti mando a fanculo perché sono educato. Secondo non ho bisogno di te per socializzare, indi evita di farmi fare ‘ste figure che poi tutti mi dicono che vivo sotto la gonna di mia madre. Terzo che dici a fare che sono vestito bene? Così umilii i miei amici che mica sono ricchi come te e hanno le mamme e i padri più poveri e quindi non si possono permettere di comprare loro il costume di Mazinga Z per Carnevale o altri vestiti. Quanto perché non chiudi quel cesso di merda e tiri la catenella?".

Non dissi nulla.
Nulla nulla.
Ma chiamai in disparte mamma e gli chiesi di voler andare via da là e di portarmi con lei nella sua scuola, che là c’erano bambini più ricchi e più competenti di vestiti di Carnevale e che sapevano che il mio costume era di Mazinga Z e non di E.T.
E là nessuno mi avrebbe visto come un extraterrestre.

Mia madre mi accontentò
Nella sua scuola non è che i bambini navigassero nell’oro.
Certo, non erano poveri come quelli della mia classe, con le mamme e i padri che non sii potevano permettere di comprare loro il vestito di Mazinga Z per Carnevale o altri vestiti, ma neppure ricchi da permettersi Mazinga Z.
Ma neppure Zorro o Sandokan che, nel frattempo, era passato di moda come travestimento per Carnevale.
Questi bambini nella scuola di mamma erano vestiti con abiti usati dai fratelli più grandi o con cenci usati dai genitori o comprati al mercato.
Uno era vestito con l’abito vecchio da Carabiniere del papà che ce n’andavano due di bambini dentro.
Un altro con una mimetica da soldato che ce n’andavano quattro di bambini dentro.
Una bambina era vestita da contadina, con lo scialle della nonna sulle spalle.
E tutti, al posto dei coriandoli, avevano pezzi tagliuzzati dei quaderni a quadretti, che ti lanciavano in faccia.
Insomma la situazione non era proprio rosea.
Era una situazione Marroncino Chiaro.
Cioè non di merda ma quasi.

Dovevo risollevare questa situazione Marroncino Chiaro.
Così andai nella cucina di Rosinella, che era la bidella della scuola di mamma, e mi rubai delle uova.
Presi le uova e le lanciai nella scuola e in faccia ai bambini.
Infrascai mezza scuola.
Poi tolsi la sedia da sotto il culo di Gianna, che era una bambina cicciona, e le saltai coi piedi sulla pancia, mentre lei piangeva.
Poi mi vattei con uno che non stava ai miei scherzi.

Finale?
Mamma mi stroppiò e mi riaccompagnò a casa.
E il vestito di Mazinga Z si era tutto scassato e scucito.
Ma fu il più bel Carnevale della mia vita.

Sono passati tanti anni e io, per il Carnevale, non mi travesto più
E non solo per il Carnevale.
Capita soltanto qualche volta che mi travesto da Franti.
E così mi diletto a fare il pupo discolo e anarchico. Così come Eco disegnava Franti.
A fare, poi. Ad essere. Io sono molto Franti.
Pure se non posso permettermi di esserlo appieno, per un sacco di motivi.
Già, mica sempre la maschera è quella di Franti
La maschera è quella che, spesso, usiamo fuori, nella vita "comune" e di tutti i giorni.
Lasciamo stare ‘sto discorso comunque che altrimenti mi rattristo.
Comunque non è che questa cosa di Franti mi diverti da impazzire, eh.



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