Nick: Althusser Oggetto: CATERINA VA IN CITTA' Data: 14/1/2005 13.47.16 Visite: 272
L'ho visto qualche giorno fa e mi è piaciuto, però è uno stereotipo, ben riuscito per l'amor del cielo, ma comunque uno stereotipo. Che voglio dire? Nel mio liceo scientifico personaggi cosi' non c'erano, era un liceo di periferia, difficile trovarci figli di ministri e di grandi scrittori. Noi eravamo per lo più figli di operai e di piccola borghesia, di professori nella migliore delle ipotesi. Invece in Caterina va in città il messaggio di fondo è: al di là delle differenze apparenti c'è una casta di privilegiati che in fondo è della stessa pasta e scusate la banalità di una rima baciata degna dei peggiori poeti o dei migliori rapper. del resto la realtà è spesso un punto di vista. Il messaggio in se non è falso. Quando mi sono ritrovato ad occupare la facoltà di lettere durante la pantera ne ho conosciuti tanti di fighetti con la puzza al naso, ce n'erano fra gli occupanti di sinistra e fra i controccupanti di destra. I primi venivano quasi tutti dal Genovesi, dall'Umberto, dal Pontano, dai licei più prestigiosi di Napoli, che ci andavi a casa e scoprivi che si possono avere 300 m2 a disposizione con vista sugli scorci più suggestivi della nostra città. Io Capri ero abituato a vederla da lontano, perchè da Capodichino Hills il mare lo vedi lontano, come la lepre di pezza nelle corse dei cani, che serve giusto a farti correre perchè tanto non la prenderai mai. Sulle monumentali librerie l'opera omnia di Karl Marx scrutava austera il lavoro sempre uguale di camerieri di un altro colore (mi è sempre stata sul cazzo l'espressione "di colore", perchè pure noi abbiamo un colore, solo che è diverso da altri colori), assunzioni regolari e vestiti in disuso regalati come bravi buona bianchi, che lavano la propria coscienza di fronte alla miseria del mondo, con 4 stracci pagati pure una fortuna. Anche i controccupanti più noti venivano dai licei prestigiosi di Napoli e a casa loro non ci sono mai andato, però dai racconti dei primi che li conoscevano più che bene, avendoci condiviso anni d'infanzia e d'adolescenza dorata, sapevo che erano residenze altrettanto faraoniche. Magari non c'era Marx sugli scaffali, ma i camerieri erano degli stessi colori e ricevevano gli stessi vestiti che nessuno metteva più. E' tutto vero, solo che la facoltà di lettere non è il mondo e non lo è nemmeno Caterina va in città e quando mi dicono, come il ragazzino nel film, che i comunisti sono tutti ricchi, mi girano un po' le palle. Perchè io di comunisti che si sono rotti le chiappe una vita intera in fabbrica ne conosco un sacco, sono la maggioranza, solo che è una maggioranza senza volto, che si vede meno. Conosco pure i loro figli coi quali ho occupato centri sociali, ho messo in piedi progetti culturali e musicali. Sono i miei fratelli e qualcuno di loro è iscritto pure qua e sfido chiunque a dirci che siamo figli di papà. Siamo comunisti e veniamo dal popolo e ne siamo pure fieri. |