Nick: Kashmir Oggetto: Viaggio Data: 13/2/2005 1.22.17 Visite: 82
Il cielo è nero. Gli astri sono come delle scale, scendo, salgo, a volte mi perdo nel buio, per poi ritrovarmi ad inciampare in un nuovo scalino temendo di ferirmi, ma non evitando la caduta per questo. Le galassie, come delle strade che portano a miliardi di direzioni, e solo il caso potrà decidere quale direzione prenderò. Le stelle: fari stessi delle strade, se non illuminassero la mia via, non vedrei neanche le direzioni, e mi perderei nel buio, non ritrovandomi mai più, in equilibrio tra la vita e la morte sull’anello di un pianeta, inciamperei, sprofonderei nel vuoto infinito, non smetterei mai di cadere. Nasce un bambino sulla Terra. La Terra è un piccolo astro, è solo un timido scalino. Cos’è un bambino in confronto ad essa? Guarderà le galassie da lontano, dal basso, chiedendosi se un giorno riuscirà a salire, per guidato dalla luce delle stelle, per poi percorrere una direzione. Piovono meteore. C’è una pioggia di meteore. Il bambino, che ora è un po’ cresciuto, dovrà lottare per non farsi colpire. Deve fuggire, non può ripararsi, le meteore distruggono tutto, nessun riparo, niente di niente potrà salvarlo, se non sé stesso, tramite una rapidità e dei riflessi innati, o maturati a furia di salire scale, e percorrere strade. C’è una sola direzione evitata dalla caduta delle meteore. Lui la riesce a vedere, grazie alle stelle, e corre imperterrito verso di essa, respira in maniera affannata, fino a non sentire più i polmoni, fino a non sentire più nulla, con nessun organo vitale, neanche il rumore dei suoi passi, fino a credere quasi di volare. La raggiunge, la percorre, fugge fin quando non vede le meteore sparire nel nulla, come granelli di sabbia portati via da una tagliente tramontana. Non sapeva che ci sarebbe stata una pioggia di meteore. Il caso ha voluto che ci fosse una pioggia di meteore. Il caso ha voluto che proprio quella direzione fosse libera dalla pioggia. Il caso ha voluto che lui abbia preso quella direzione. Non se lo sarebbe mai aspettato, avrebbe creduto di star lì per sempre, in mezzo, senza mai riuscire a saper scegliere, senza una guida, qualcosa che gli suggerisse. Fu costretto a prendere quella direzione. Cosa c’è in quella strada? Per ora una sottile nube bianca a reggere il corpo fluttuante di lui che si accinge a proseguire timoroso, ma senza la benché minima intenzione di fermarsi. Incontra un altro essere, lo guarda sorridendo, lui cerca di tendergli la mano, ma l’essere è intangibile, rimane lì a fissarlo e a sorridere per tutto il percorso. Silenzio. I timpani non possono funzionare nell’infinito, non ci sono onde sonore, non c’è aria che distribuisca il suono, non c’è nulla. Solo la stradina. Si volta. Il piccolo essere non sorride più, ha la bocca spalancata, gli occhi sbarrati. Sta cadendo dalla stradina, lentamente, fluttuando. Lui cerca di correre, ma non c’è gravità che tenga, e tentando con tutte le forze di raggiungere l’esserino alla fine ci riesce, e, come per magia, stavolta riesce ad afferrargli la mano. L’esserino sorride. Lui, si volta. L’esserino è svanito. Scorge una luce da lontano. Un’altra rampa di scale.
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