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Nick: siddharta
Oggetto: E' morto Papa Luciani
Data: 2/4/2005 10.41.37
Visite: 158

Nonostante quello che potrebbe apparire dagli articoli che mi sono apperestato a incollarvi qui sotto, io sono stato sempre affascinato sin da piccolo dalla figura di Gesù Cristo. Da piccolo ho vissuto in una famiglia molto cattolica, ho frequentato la parrocchia del mio paese, ero affascinato dall'odore dell'incenso, dai canti liturgici, dalla passione di Cristo e dalla processione che si teneva al mio paese il venerdì santo.
Poi alcune domande cominciarono a balenarmi nella testa; ho amato e amo Madre Teresa di Calcutta che tutt'oggi vedo come la figura più vicina a Gesù Cristo e allora mi sono cominciato a chiedere perchè la chiesa, il Papa, fossero così diversi
da quell'idea che mi era stata tramandata di Gesù Cristo?!?!
Il mio percorso è stato graduale e lungo finchè un giorno, siccome faccio canzoni, scrissi un pezzo sul Papa.
Quel brano diventò sigla di una trasmissine di culto regionale e quella stessa canzone vinse una edizione del Premio Ciampi (due cose completamente opposte).
La cosa che più mi è rimasta impressa però e che a una edizione di Galassia Guttemberg conobbi Tullio Pironti, mi fu presentato da Alan De Luca e Pironti facendo riferimento alla mia canzone che aveva ascoltato in televisione, mi regalò un libro da lui edito che vi consiglio di leggere:

JOHN CORNWELL
La morte di papa Luciani
Un ladro nella notte

Da li in poi capii che la mia canzone era appena un gioco, uno sfottò rispetto a quello che nascondeva il misterioso mondo della chiesa.

p.s.

per chi volesse sapere di più vi allego quello gira su intenet in merito:

TASSELLI DI "VITA" BANCARIA

Gli affari sporchi della banca vaticana
Dagli anni Sessanta ad oggi all'ombra della "cupola"
(cfr. http://www.antimafiaduemila.com/modules.php?name=Sections&op=viewarticle&artid=895)


Un elemento fondamentale manca a completare, anche se sommariamente, il quadro della faccenda del banchiere Roberto Calvi: il ruolo del Vaticano.

Per quanto inattaccabile, grazie al diritto di extraterritorialità di cui gode, lo IOR, la banca vaticana, guidata al tempo da Monsignor Paul Casimir Marcinkus è risultata, a seguito di molte inchieste andatesi a schiantare sul più maestoso muro di gomma della storia, coinvolta in più crimini.

E non è solo storia passata. Il caso riportato alla ribalta dai quotidiani di tutto il mondo, in Italia dal settimanale l’Espresso, conferma che la finanza vaticana è a tutt’oggi gestita da personaggi senza scrupoli disposti a tutto pur di mantenere e accrescere il proprio potere.

Ripartiamo dalle origini.

Uno per tutti...

Ormai sono innumerevoli le investigazioni condotte da più parti che confermano al di là di ogni ragionevole dubbio che Sindona, Marcinkus e Calvi operarono in concerto al fine di raggiungere un obiettivo ben preciso: creare un polo finanziario cattolico capace di competere con la finanza laica internazionale.

E a ragione si può dire che ci riuscirono.

Il Banco Ambrosiano divenne, grazie anche all'insostituibile apporto della massoneria guidata da Licio Gelli e da Ortolani, una gigantesca macchina fabbrica soldi finalizzata al finanziamento dei più disparati progetti di potere in tutto il mondo.

L'obiettivo non è solo il mero accumulo di denaro, ma di disporne in quantità inimmaginabili e del tutto virtuali, per consentire ai controllori del sistema costituito, di orientare pensieri, guerre, alleanze, e traffici di ogni genere...

Forse per questa ragione, più di ogni altra, meritano l'appellativo de "i banchieri di Dio", perché i milioni di miliardi che gestiscono, sottraendoli illecitamente al popolo del mondo, li inebriano a tal punto da far sì che si arroghino il diritto di disporre della vita e della morte. E' un malcostume radicato, sostiene Carlo Calvi. Purtroppo è molto peggio, è una strategia perfettamente ordita.

Torniamo ai fatti.

Fu Mussolini a dare il via al moderno impero vaticano. All’indomani dei patti lateranensi l'Italia, oltre a riconoscere al nuovo Stato "Città del vaticano" l'esenzione dalla tasse e dai dazi sulle merci importate, predispose un "risarcimento" per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito all’unità d’Italia.

L'Art. 1 lo quantifica nella "somma di 750 milioni di lire (e di ulteriori) azioni di Stato consolidate al 5 per cento al portatore per un valore nominale di un miliardo di lire". (Alcune fonti riferiscono di un valore di azioni pari a 81 milioni di dollari al cambio del 1929). Una cifra complessiva, insomma che si aggirerebbe oggi attorno ai 2.000 miliardi delle vecchie lire.

Il giorno stesso papa Pio XI istituisce l'"Amministrazione speciale delle Opere di religione" per amministrare l'ingente patrimonio ereditato, e lo affida a Bernardino Nogara, che grazie alla sua abilità, la trasforma in un impero edilizio, industriale e soprattutto economico.

Tale istituzione diverrà IOR, Istituto per le opere religiose, nel 1942 per volontà di Pio XII che sancisce il varo di una vera e propria Banca vaticana, dotata di "un’autonoma personalità giuridica" allo scopo non più solo di raccogliere i beni della Santa Sede, bensì quello di amministrare il denaro e le proprietà cedute o affidate all’Istituto stesso da persone fisiche o giuridiche per fini di opere religiose e opere di pietà cristiana". Benché la presidenza venga affidata al cardinale Alberto di Jorio, l’effettiva gestione rimane nelle mani di Nogara affiancato da un altro abilissimo finanziere: il principe Massimo Spada, noto avvocato e agente di cambio. Entrambi non si pongono alcuno scrupolo nel tipo di affari da concludere...

Nel 1967 lo IOR vantava già un ruolo determinante in Borsa, ma è anche l’anno in cui finisce per la banca vaticana l’esenzione totale dal pagamento delle tasse.

Infatti la nuova legislazione fiscale italiana dal dicembre del 1962 impone una tassazione fino al 30% sui profitti derivanti dai dividendi azionari, la Democrazia Cristiana fa scudo crociato al Vaticano, ma il Partito socialista (che sostiene il primo governo di centro-sinistra guidato da Aldo Moro) si oppone. Il Vaticano è tenuto a pagare.

Un bel danno per la Santa Sede che decide di esportare il suo patrimonio all'estero. Qui entra in scena Michele Sindona, già amico di Paolo VI per avergli curato gli affari quando Giovanni Battista Montini era arcivescovo di Milano. Sindona gli aveva trovato terreni e fondi per l'edificazione della Casa della Madonnina, divenendo così il "consulente finanziario" della curia milanese che si sposta poi in blocco a Palazzo con l'elezione di Montini a papa. Tanto che negli ambienti vaticani era stata ribattezzata "la mafia milanese" a causa delle amicizie poco raccomandabili del consulente esterno. Sindona, del resto, che ha già esteso il suo raggio d'affari negli Stati Uniti dove ottiene uno strepitoso successo sui rotocalchi che contano, ha fatto le amicizie "giuste": il banchiere David M. Kennedy (presidente della Continental Illinois Bank, al quale Sindona cederà il 22% della sua Banca Privata Finanziaria), l'avvocato Richard Nixon e il boss mafioso italo-americano Joe Doto, noto all’FBI come "Joe Adonis", che affida al finanziere di Patti le sue più riservate e spericolate operazioni finanziarie.

Su incarico di Adonis, Sindona si reca a New York dove viene accolto dalla famiglia mafiosa di Don Vito Genovese, per il conto della quale, Sindona si occupa di creare i canali per il riciclaggio dei proventi illeciti di varia natura.

Era infatti già esperto di banche off-shore dove far transitare eurodollari esentasse: la soluzione giusta anche per le esigenze di Papa Montini.

Ad affiancare Sindona nelle varie operazioni dall’interno dello IOR Paolo VI sceglie il vescovo Paul Marcinkus, americano di origine lituana, amico personale del papa, nonché sua guardia del corpo. Il duo si diletta immediatamente in acrobazie finanziarie con la doppia finalità di fare miliardi e di evadere il fisco italiano.

E se come si dice, non c’è due senza tre, si unisce allo spericolata coppia un terzo personaggio: Roberto Calvi.

Il primo affare grande affare del trio ha inizio con la spartizione della società anonima Compendium, punto di partenza di una ragnatela societaria costituita dal scatole cinesi attraverso cui avvengono vorticosi passaggi di pacchetti azionari tra le varie off-shore. Subito dopo viene fondata a Nassau, Bahamas, dalla Compendium stessa controllata dall’Ambrosiano, la Cisalpine Overseas Bank, un istituto di credito la cui presidenza viene affidata a Marcinkus.
Sindona ha un altro compito molto importante da portare avanti: riciclare i soldi della mafia. Tra i vari casi un esempio è l’affare Finambro in cui il finanziere na a disposizione da "investire" 200 milioni di dollari di quegli anni, la cui provenienza è sconosciuta. Per "lavarli" vengono costituite società intestate a prestanome e a piccoli istituti di credito i cui capitali minimi aumentano improvvisamente e soprattutto vertiginosamente. Coinvolti nell’affare ovviamente anche Calvi e Marcinkus, ma devono restare anonimi. Solo più avanti l’UIC (Ufficio Italiano Cambi) accerterà che la grossa capitalizzazione della Finambro era avvenuta grazie ai versamenti di una finanziaria lussemburghese: la Capisec Holding Sa, controllata dalla triade.

La particolare situazione dello IOR, dovuta proprio alla extraterritorialità dello Stato vaticano rispetto all’Italia, consentiva l’esportazione "legale" dei capitali italiani all’estero.

Le modalità sono spiegate da Sindona stesso nel libro Il mistero Sindona (Nick Tosches, Sugarco, Milano, 1986): "Tra il 1971 e il 1973 Sindona e Marcinkus arrivano a maneggiare obbligazioni falsificate di provenienza mafiosa per un miliardo di dollari.

Sarebbero state utili per realizzare una delle imprese più ardite di Sindona: il tentativo di impadronirsi della Bastogi, ossia della "Società Italiana per le strade ferrate meridionali", sempre in concerto con il prelato. L’operazione fallì per motivi tuttora non chiariti, ma verosimilmente ricostruiti attraverso le investigazioni di due agenti dell’FBI e della testimonianza di Leopold Ledl, portaborse invischiato in un grosso affare di obbligazioni falsificate dalla mafia americana e commissionate dal Vaticano.

I giochi però, non possono durare per sempre; le rocambolesche speculazioni di Sindona cominciano ad insospettire le autorità tanto in Italia quanto negli Usa. Come in un tragico domino con la crisi della DC in patria, lo scandalo Watergate in America ed una sfavorevole congiuntura generale che creano gravi problemi di liquidità per Sindona, crollano una per una le banche del finanziere: la Banca Privata, la cui liquidazione sarà affidata all’avvocato Giorgio Ambrosoli ucciso da un sicario mafioso su mandato di Sindona, la Franklin Bank negli Usa e la Finabank a Ginevra...

Marcinkus e Calvi corrono ai ripari per proteggere i loro capitali del dissesto del socio. Sindona vuole vendicarsi e, con una lettera firmata da un certo Cavallo alla Banca D’Italia, dà il via, forse anche al di là delle sue reali intenzioni, alla capitolazione del Banco Ambrosiano. Ma ci vorrà ancora un po’ di tempo, perché mentre Sindona precipita l’unico referente rimasto per Marcinkus, Gelli e la mafia è proprio Roberto Calvi.

Il vento però è cambiato e a complicare la faccenda subentra la morte di Paolo VI, da molti considerato il vero e proprio ispiratore della triade Sindona-Marcinkus-Calvi.

Gli succede l’ex patriarca di Venezia, Albino Luciani, Giovanni Paolo II, inviso a Marcinkus e soprattutto per niente incline alle relazioni pericolose. Tra i suoi primi intenti quello di ripulire l’economia vaticana e l’immagine della Chiesa imbrattata dal fango dei vari scandali, compresa la pubblicazione sul settimanale "Op" diretto dal piduista Pecorelli della lista di quei prelati presuntamente affiliati alla massoneria. Tra i vari nomi quello di Marcinkus. Tra le priorità di papa Luciani, quindi c’è sicuramente l’allontanamento del tanto discusso vescovo e degli altri "compagni d’avventura".

"Ci sono altri cambiamenti all’interno dello IOR che devono esser operati immediatamente - disse Luciani al segretario di Stato Jean Villot - Marcinkus, Mennini, De Strobel e Monsignor De Bonis devono essere sostituti. Subito... Voglio che siano interrotti tutti i nostri rapporti con il Banco Ambrosiano, e ciò deve avvenire nell’immediato futuro".

La mattina del 29 settembre 1978, poche ore dopo il succitato colloquio, Giovanni Paolo I viene ritrovato morto. Il mistero attorno alla sua scomparsa non è mai stato svelato poiché il cadavere, frettolosamente imbalsamato, non venne mai sottoposto ad autopsia.

Con l’elezione di Giovanni Paolo II tutto torna alla "normalità", infatti Marcinkus godeva di un certo favore presso papa Wojtyla.

Continuano quindi gli investimenti pericolosi tra l’Ambrosiano e lo IOR. Tra le tante attività, un miliardo e trecento milioni di dollari vengono investiti nel finanziamento dei regimi militari di Argentina, Uruguay e Paraguay; a sostegno degli scioperanti di Solidarnosc a Danzica; nell’acquisto di missili Exocet per la guerra nelle isole Falkland, per pagare tangenti ai politici e nei fondi neri pronti ad ogni evenienza.

Questi dati sono il frutto della ricerca condotta dal giudice Antonio Pizzi che fu il primo a formulare un atto d’accusa allo IOR per il concorso di Bancarotta fraudolenta verso il vertice della banca vaticana.

Fabrizio Rizzi nel suo libro Ambrosiano e Vaticano sintetizza così il documento del giudice Pizzi "lo IOR, collaboratore occulto, canale chiave dei passaggi di denaro con operazioni fraudolente e distrattive che hanno distrutto il patrimonio della banca di Calvi".

In sostanza la struttura dell’Ambrosiano era così concepita: Milano era la capogruppo, all’estero, nei paradisi fiscali, la Holding del Lussemburgo, l’Overseas di Nassau (nel cui consiglio di amministrazione sedeva Marcinkus), il Banco Commercial di Managua e il Banco Andino operavano attraverso una ventina di società (le principali erano la Manic di Panama e Utc di Lussemburgo) dove venivano depositati o fatti transitare conti miliardari e titoli azionari. I fondi giungevano in deposito diretti o "back to back", vale a dire attraverso un prestito delle banche internazionali.

In questo gioco acrobatico lo IOR "svolgeva la funzione di importante strumento operativo nella esecuzione della strategia gestionale dell’intero gruppo adottata dal vertice del Banco Ambrosiano" poiché come già accennato, sfruttava la sua posizione di "legalità", per consentire tali passaggi.

A conclusione si legge "L’esistenza di un legame tra IOR e Ambrosiano andava ben oltre i rapporti normalmente intercorrenti tra istituti di credito, essendo tale da giustificare le intestazione fiduciarie e i depositi fiduciari" il supporto di Marcinkus consenti alla banca di Calvi di "gestire delle risorse in modo diverso rispetto a quello apparente, con tutte le possibilità di abusi che queste situazioni comportano".

Ne consegue che la versione della Santa Sede di disconoscere le operazioni effettuate dalle consociate del Banco non può essere verosimile, le famose lettere di patronage sono una prova in tal senso.

Non appena uscito dal carcere Calvi deve far fronte, alla richiesta dei vertici delle consociate estere del Perù e del Nicaragua di poter coprire una parte dei debiti, solo per l’Andino si parla di 900 milioni di dollari. E’ per questo che il banchiere riesce a farsi firmare alcune lettere in cui la banca vaticana ammette di controllare determinate società, ma Marcinkus, in cambio chiede a sua volta un impegno di Manleva, vale a dire lettere firmate da Calvi in cui questi "garantiva contestualmente che il Banco Ambrosiano Overseas Ltd sollevava lo IOR da ogni possibile conseguenza verso terzi originata dal rilascio delle lettere di patronage e che queste avrebbero avuto effetto solamente all’interno delle banche a cui erano state indirizzate. Calvi si impegnava inoltre a operare in modo che l’indebitamento di tali società nei confronti del Banco Ambrosiano Andino e dell’Ambrosiano Group Banco Comercial venisse diminuito e che entro il 30 giugno 1982 venisse eliminato anche qualsiasi collegamento formale con lo IOR" (La storia del Banco Ambrosiano).

Con la firma di Marcinkus Calvi riesce a tamponare momentaneamente l’emorragia, ma la situazione andrà precipitando inesorabilmente.

Infatti le lettere di patronage si rivelano essere l’arma che affonda definitivamente il Banco nel giro di sei mesi.

Secondo gli inquirenti "le lettere sono la prova che lo IOR voleva supportare Calvi ad ogni costo, pur nella concreta prospettiva di un aggravamento traumatico della già pesantissima situazione patrimoniale"

Secondariamente, scrive ancora il giudice, "ai dirigenti dello IOR non poteva sfuggire il fine fraudolento della emissione delle lettere di patronage", quindi non è credibile la difesa dell’istituto vaticano che si professa "vittima di Calvi".

Non è concepibile, rincara Rizzi, visto che Marcinkus sedeva nel consiglio di amministrazione dell’Overseas di Nassau "che costituiva uno dei nodi nevralgici del sistema operativo" così come è assurdo pensare che lo IOR potesse ignorare il modus operandi di Calvi e le finalità da lui perseguite, in particolare, essendo intestatario della UTC, che muoveva miliardi di lire.

I commissari liquidatori del Banco hanno lasciato in proposito una nota "Appare improponibile l’ipotesi che lo IOR sia stato imbrogliato da Calvi mentre appare difficilmente contestabile che lo IOR fosse consapevole - se non a livello di singole operazioni, quanto meno a livello di insieme - che Calvi stava realizzando un costruzione di operazioni poco limpide".

Non ha dubbi dunque il giudice Prizzi quando chiede il rinvio a giudizio e spicca il mandato di cattura. "Al di là di ogni ragionevole perplessità vi sono sufficienti elementi di consapevolezza, precisi e inequivocabili pur nella contestabile complessità della vicenda" per dichiarare monsignore e i due dirigenti IOR "bancarottieri".

Al processo però Marcinkus, De Strobel e Mennini non arriveranno mai.

Infatti appellandosi all'Art. 11 del trattato del Laterano che esplicita la "non ingerenza negli affari degli enti centrali della chiesa", la quinta sezione della Corte di Cassazione decreta il diritto all’immunità di Marcinkus.

Dopo un lunghissimo braccio di ferro il 25 maggio 1984, a Ginevra, viene firmato l’accordo in base al quale il Vaticano versa ai creditori del Banco 240 miliardi di lire, ma nel documento si legge di un "contributo volontario" da parte della banca vaticana, motivandolo "unicamente in ragione della sua speciale posizione". Un atto di misericordia... chiosa il giornalista Mario Guarino.

Marcinkus rimarrà alla guida dello IOR fino al 19 giugno 1989 per poi ritornarsene nella natia Chigago.

Solo il 16 aprile 1992 il Tribunale di Milano comminerà pesanti pene detentive per la bancarotta fraudolenta dell'Ambrosiano.

...tutti per uno!

Merita veramente un capitolo a parte il legame tra mafia e vaticano. Un rapporto che come abbiamo visto avveniva attraverso diversi intermediari.

Sono moltissimi i collaboratori di giustizia, ex uomini d’onore per lo più appartenenti a Cosa Nostra, che hanno riferito nel corso di innumerevoli processi, del ruolo svolto da Sindona e Calvi nel riciclaggio degli immensi proventi illeciti frutto di vari traffici.

Il più confacente alla nostra inchiesta è senza dubbio il pentito Vincenzo Calcara, boss di Castel Vetrano, che, interrogato dai magistrati Luca Tescaroli e Anna Maria Monteleone per oltre sette ore, ha rivelato che il Presidente del Banco Ambrosiano era stato ucciso dalla mafia perché non aveva saputo gestire i miliardi che Cosa Nostra gli aveva affidato. Ha poi aggiunto che un giorno, mentre si trovava in Sardegna, era stato avvicinato da uno sconosciuto, "mi sono sentito chiamare per nome e cognome da uno sconosciuto che mi ha mostrato una pistola che teneva dentro la cintola. Mi disse di non preoccuparmi perché se avesse voluto mi avrebbe già ucciso. Poi mi offrì i soldi". Duecento milioni di lire se avesse ritrattato le dichiarazioni con le quali aveva affermato di aver portato due valigie con dieci miliardi di lire del boss della Cupola Francesco Messina Denaro, padre di Matteo, oggi uno dei più ricercati e pericolosi latitanti di Cosa Nostra, a Roma a casa del notaio Salvatore Albano (che vantava tra i suoi clienti Frank Coppola e Luciano Liggio) da destinare a Calvi affinché li "investisse". Infatti Calcara ricorda che proprio in quell’occasione vide salire nell’abitazione del professionista, in via Cassia a Roma, il Presidente dell’Ambrosiano e Monsignor Marcinkus. "Ho già scontato le mie condanne, non sono più sotto protezione e non ne voglio e se parlo - ha voluto sottolineare ai due pm - è una questione di coscienza e lealtà verso la giustizia e per chi è morto per essa". Il riferimento è al giudice Paolo Borsellino a cui Calcara fece per primo il nome del notaio Albano, ma non verbalizzò e non scese nei particolari poiché il tenente Canale, stretto collaboratore del giudice lo dissuase "mi disse di non rendere dichiarazioni sul trasferimento del denaro ad Albano, sulla presenza di Calvi, sul trasporto in Calabria di kalashnikov e sul fatto che ero un uomo d’onore riservato", in sostanza, spiega " di non parlare di argomenti di cui non potevo dare i riscontri perché, altrimenti, sarei finito ai pesci e quelle dichiarazioni si sarebbero rivoltate contro di me". (Il tenente Canale è sotto processo a Palermo per associazione mafiosa).

A conferma di quanto da lui sostenuto il pentito cita anche le dichiarazioni di un altro mafioso di spicco, Giuseppe (?) Lucchese, reggente del mandamento di Ciaculli, il quale gli disse "che c’erano anche altre persone, oltre ad Albano, che intrattenevano rapporti finanziari per conto di Cosa Nostra con Calvi. Non mi fece i nomi".

Il 31 dicembre 1989 il giornale inglese "Sunday Correspondent" titola "Noriega ricatta il Vaticano?"

E' lo scrittore Mario Guarino a riproporre il caso.

Nell’articolo si prospetta che il Vaticano possa offrire al dittatore panamense (ricercato per traffico internazionale di cocaina) la possibilità di sfuggire alle autorità Usa. La motivazione sarebbe da ricercarsi nel fatto che Noriega riciclava i capitali del narcotraffico anche tramite la Bellatrix, società appartenente al trio Sindona, Marcinkus e Calvi. La secca reazione della Santa sede affidata al portavoce Joaquin Navarro Valls, è apparsa piuttosto debole, scrive l’Espresso che ha riportato la notizia.

Le indagini successive accerteranno che la Connection nasce dalla partecipazione dell’Ambrosiano nel Banco Mercantile Agricolo (istituto di credito colombiano poi controllato dalla Bcci di Swalah Naqvi). Noriega è stato uno dei maggiori clienti-azionisti del Banco, come del resto Pablo Escobar, capo del Cartello di Medellìn, centrale mondiale della produzione e del traffico di stupefacenti, sempre in stretta relazioni sia con la ‘Ndrangheta che con Cosa Nostra.

La vicenda però più emblematica è senz'altro quella delle obbligazioni false che il Vaticano avrebbe ordinato ad un faccendiere viennese, Leopold Ledl, per un valore di un miliardo di dollari circa. La sua storia concorda in moltissimi punti con quella riportata nel noto best-seller "The Vatican Connection", sintesi della lunghissima e approfondita indagine condotta dal sergente Joseph J. Coffey, assistente speciale del capo degli investigatori del Dipartimento di polizia di New York, che vide la sua inchiesta su mafia e vaticano svanire nel nulla perché coinvolgeva l'allora segretario del ministro del Tesoro degli Stati Uniti, John Connally vicino ad ambienti mafiosi.

Se si tratti esattamente della stessa trattativa nessuno è in grado di dirlo, è plausibile pensare che siano l’una il proseguo dell’altra o il frutto di due affari paralleli che dovevano convogliare nello stesso risultato. Comunque non cambia la sostanza dei fatti.

Lopold Ledl (autore del libro autobiografico Per conto del Vaticano) deve la sua fortuna o forse sfortuna alla sua incredibile intraprendenza. Il passaggio da semplice venditore di spazzole da lui stesso brevettate a console generale del Burundi e a mediatore tra il Vaticano e la mafia americana è breve, ma piuttosto complesso. Perciò non ci soffermeremo.

E’ importante invece ripartire dall’incontro di Ledl con Heinrich Sauter, altro personaggio lugubre dalle mille entrature che risiedeva in un castello sulla via Cassia a Roma edificato su un terreno della Sgi, la ditta più grande e solida del Vaticano. E’ qui che Ledl conosce le persone "giuste". Il più importante fu certamente il cardinale Eugène Tisserant che, insieme a Monsignor Benelli e di nuovo Paul Marcinkus erano i personaggi chiave della scena finanziaria del Vaticano.

Alla fine del '68, inizio '69 Ledl riceve la nomina come "uomo di paglia" del Vaticano. Il suo primo incarico è una delicatissima consegna di pillole anticoncezionali che da Marsiglia dovevano passare per la Spagna per poi arrivare in India e in Ghana. Inutile dire che se il carico fosse stato scoperto, si sarebbe verificato uno scandalo di enormi proporzioni vista la serrata opposizione della Chiesa ai mezzi "preventivi".

Tra gli altri affari: compravendita di armi, traffico di opere d’arte (un settore particolarmente caro a Monsignor Benelli), conio di monete false, speculazioni sui conti degli eredi degli ebrei morti in campo di concentramento, lingotti falsi.... ecc.

Il business della sua vita però si presenta quando il cardinale Tisserant lo convoca in Vaticano e dopo averlo accolto con il solito confidenziale saluto "Ah, è arrivato da Vienna il mio buon amico Johann Strauss", gli prospetta le difficoltà in cui versano tanto l’economia italiana che quella vaticana e gli propone, senza mezzi termini, di creargli l’opportunità di acquistare titoli falsi per la somma minima di alcune centinaia di milioni di dollari. Oltre a Tisserant nell'affare erano coinvolti il solito Marcinkus (da qui il collegamento con il fallito tentativo di scalata alla Bastogi di Sindona, riuscito poi a Marcinkus anni dopo) e Monsignor Benelli, l'amico intimo del papa e il capo effettivo della Segreteria di Stato che "aveva a sua disposizione un potere praticamente illimitato e, per di più, aveva sempre voce in capitolo in ogni decisione".

"I titoli falsificati - spiega Ledl - avrebbero dovuto essere naturalmente investimenti azionari sicuri, le cosiddette blue chips, e quindi risultare titoli affidabili dal valore stabile e con una tendenza in borsa all’aumento costante. Sottoposti alla falsificazione sarebbero dovuti essere soprattutto i titoli IBM, Coca Cola, Chrysler, Boeing".

Ledl sapeva a chi doveva rivolgersi per avere un lavoro con i fiocchi.

"Pensai subito a Ricky Jacobs a Los Angeles", boss mafioso vicino alla famiglia di De Lorenzo specializzata nel crimine economico.

La cifra da raggiungere con i titoli falsi era di un miliardo di dollari.

Jacobs accetta l’affare e si mette al lavoro per produrre i più perfetti falsi d’autore possibili, ma prima di investire nel business vuole avere garanzie su quegli acquirenti così facoltosi.

Il 29 giugno 1971 Ledl incontra Tisserant, Benelli e non ricorda se ci fosse Marcinkus. Benché i tre prelati fossero al corrente che il loro acquirente era la mafia, Ledl non fece nomi, e come documento di convalida dell'affare prepararono una specie di lettera di commissione, utilizzando un foglio di carta intestata della Sacra Congregazione dei Religiosi, non più attiva da qualche tempo. Un piccolo stratagemma per poter scaricare ogni eventuale responsabilità all’insaputa dei malavitosi americani.

L’affare poteva decollare. Si accordano per un primo invio della merce da verificare per il "solo" valore di quattordici milioni e quattrocentocinquantamila dollari che i mafiosi presentarono puntuali il giorno stabilito. Tutti, compresi i prelati, stabiliscono che si tratta di un ottimo lavoro.

Al momento del pagamento di questa prima tranche, però, i "religiosi" dicono di poter pagare solo in lire italiane. Un bel problema. "Avevo rifiutato le lire - precisa il faccendiere - non solo perché ritenevo rischioso il passaggio attraverso le frontiere ma soprattutto perché sospettavo che Tisserant, Benelli e Marcinkus volessero liberarsi, con il nostro aiuto, dei soldi che avevano comprato dalla mafia, soldi provenienti dai riscatti pagati per liberare le vittime dei rapimenti".

"Ora, dopo un primo lauto guadagno, probabilmente dovuto alle mediazioni di Sindona, pensavano di raddoppiare pagando con quei soldi l’acquisto dei titoli. Non era un segreto, tra gli "addetti ai lavori", che dallo IOR passavano i soldi sporchi della mafia".

Da quel mancato pagamento che lo IOR rimanda in continuazione con scuse risibili, l'affare comincia ad andare alla deriva. Per una serie di errori le autorità competenti scoprono che si tratta di falsi e il tutto va a monte anche dopo un secondo tentativo.

Ledl racconta tutta la storia dopo aver scontato in carcere una condanna ridicola per il commercio di lauree false, in realtà lui sospetta che lo volessero fuori dalla circolazione.

E poi fermamente convinto che l’affare andò comunque in porto più tardi, e conclude amaramente: "I miei amici risparmiarono così la provvigione di cinquanta milioni di dollari autentici che avrei dovuto ricevere per i miei servizi come intermediario tra il Vaticano e la mafia". Inutile dire che Ledl fu l’unico a pagare in questa storia. Fortuna sua ci ha rimesso solo una bella cifra.

Il lupo perde il pelo...

Ma non il vizio. Il tre ottobre scorso il settimanale italiano l’Espresso ha pubblicato un dossier di attualità su un recente scandalo che vede ancora una volta coinvolto il Vaticano. Le modalità della truffa, perché di questo si tratta, sono veramente di calviniana memoria.

Martin Frenkel, finanziere statunitense di 48 anni, aveva bisogno di un alleato influente per raggiungere il suo scopo: ottenere 150 miliardi di dollari.

L’alleato è sì, la Santa Sede.

Lo sostiene l’accusa rappresentata dalla corte distrettuale di Jackson, Mississipi, che oltre a Frenkel, ha incriminato i suoi principali soci: Edward David Collins, Thomas Corbally e Monsignor Emilio Colagiovanni, presidente della fondazione Monitor Ecclesiasticus, giudice emerito della Sacra Rota, consulente giuridico del papa, consigliere della Congregazione per il culto divino e della Congregazione per il clero.

Dopo aver negato per un anno le sue responsabilità, venerdì 6 settembre scorso, Monsignor Colagiovanni si è dichiarato colpevole di associazione a delinquere e di false dichiarazioni a fini di frode. Rischia al massimo dieci anni di carcere. La sua confessione trascina nei guai una fetta della gerarchia pontificia che per motivi inerenti la "conduzione di attività commerciali private, non sovrane, e secolari, non religiose, a fini di frode", può essere processata. Coinvolti nello scandalo i cardinali Giovanbattista Re, Pio Laghi e Agostino Cacciavillan, tra i prelati più potenti, con loro, l’arcivescovo Francesco Salerno, Monsignor Giovanni d’Ercole, presidente della fondazione Don Orione, e i dirigenti dello IOR Lelio Scaletti e Anthony Chiminello.

Per ora la Santa Sede non è riuscita a fornire una spiegazione valida e sarà chiamata a corrispondere una bella cifra di risarcimento, non ancora quantificata, ma in tutta probabilità superiore ai 240 milioni di dollari versati per riparare una parte del buco lasciato da Marcinkus e compagni anni addietro Martin Frenkel, tramite il suo paravento Thunor Trust, è specializzato nella compravendita di compagnie assicurative in difficoltà. Tra il 1991 e il 1998 ne acquisisce sei i cui patrimoni figurano gestiti dalla Lns, una società che fa capo a Frenkel e che smista il grosso dei capitali in Svizzera. Gli affari vanno bene, ma per tentare il colpo di una vita ci vuole un appoggio più sostanzioso.

Tramite la sua ex amante, Kaethe Schuster conosce Thomas Corbally, eminenza grigia della Kroll Associates, l’agenzia investigativa che si è occupata del caso Calvi, ed entrano in società. Fondano la Asc al fine di acquisire la Capitol Life, una grossa compagnia del Colorado, ma le autorità di Denver sono molto severe.

La Asc appare come un’organizzazione caritatevole che vuole ridistribuire i dividendi ai poveri. I fondi neri di Frenkel appaiono versati da una charity vaticana e nessuno oppone alcuna obiezione.

Per raggiungere il proprio scopo Corbally coinvolge Tom Bolan, avvocato cattolico ultraconservatore ex consulente di Ronald Reagan e Padre Peter Jacobs, prete liberal con "ristorante a New York e parrocchia a Trastevere" che a sua volta chiama a raccolta anche Colagiovanni.

Frenkel riceve gli illustri ospiti nella sua splendida villa del Connecticut e propone il suo affare: dare vita ad una Fondazione con il nome di San Francesco per "aiutare il povero e lenire le sofferenze" Marty ci metterà 55 milioni di dollari, la Santa Sede si prenderà il 10%, ma i restanti 50 li gestirà lui per acquisire compagnie assicuratrici.

L’affare sembra andar a gonfie vele, il segretario di Stato Sodano però ha espresso dubbi, con un incontro chiarificatore il Vaticano accetterà i 5 milioni, ma non così in questo modo.

Sarà Colagiovanni a mettere a disposizione la sua fondazione che costituirà la San Francesco.

"Piovano, Salerno e il cardinale Giovambattista Re, sostituto di Sodano, vengono informati, Padre Jacobs, a sua volta, mette al corrente del progetto il cardinale Pio Laghi, presidente della Congregazione per l’educazione cattolica ed ex Nunzio Apostolico negli Usa. Il cardinale interviene a favore e incassa una donazione di 100 mila dollari per un ospedale, e scrive una lettera a Marty per ringraziare, ma Jacobs gli chiede di riscrivere la lettere per rendere merito alla associazione". Laghi esegue e come lui molti altri ricevono regali.

Nel frattempo, a causa della pressione delle autorità del Colorado, Frenkel decide di abbandonare l’idea della Capitol Life e punta la Western United, il presidente Paul Sandifur, si accerta della veridicità dell’operato della San Francesco, con risposte vaghe, ma convincenti, come sanno fare in Vaticano. Sandifur si predispone a siglare l’accordo; viene persino invitato ad un esclusivo tour della Santa Sede.

Quando tutto sembra andare per il meglio gli investigatori americani scoprono che la Lns, la società numero uno di Marty non è altro che una casella postale a New York. Marty, tramite passaporto falso, fuggirà a Roma, in tasca 15 milioni di dollari in diamanti e 16 milioni di dollari in monete d’oro.

La fine che farà Marty Frenkel è immaginabile, resta sempre il dubbio di come il Vaticano riuscirà a uscirne più o meno pulito anche questa volta.

Perché è certo che ci riuscirà.



Vedi anche:

http://digilander.libero.it/nonsiamosoli/terzomillennio/tm089844.html: [...] una fetta dell'economia mondiale si basa principalmente sul traffico d'armi e di droga. Esiste una compravendita d'armamenti definita, per assurdo, legale, con il pretesto di una qualche legittima difesa, ma ce n'è un'altra ben più proficua, adottata e controllata da tutti gli stati più potenti, in primis U.S. ed U.K. [...] che sorregge la ricchezza del primo mondo. Ricchezza che, fino a prima della caduta del muro di Berlino, era gestita, oltre dalle due potenze già citate, anche dall'ex URSS (oggi sostituito dalla Cina. Quest'ultima [...] sta creando un suo programmatore autonomo) [...]. Dopo il 30 agosto 1991, la quota di potere, detenuta dall'Unione delle Repubbliche Bolsceviche, è stata assorbita dalle due nazioni di lingua anglofona. Logicamente, il tutto avveniva ed avviene, adesso dopo la glasnost, con un nuovo assetto, in modo occulto. Sfruttando la caratteristica peculiare del Regno Unito, cioè "l'imperialità", che si estende su tutto il globo terrestre; ed affiancandole, parallelamente, all'organizzazione ufficiale burocratica, attendente alla gestione dello stesso, un'altra, completamente sotterranea, come quella massone, gestita in modo informatico attraverso un super computer, avviluppandolo in una ragnatela di malaffare con base a New York. Questa, collegata a periferiche disseminate nei chakra economici del pianeta, è il computer del fondo monetario mondiale. La scheda del programma centrale è in Lussemburgo, ma fattivamente detto piano è monitorato costantemente dagli USA e dall'Inghilterra, fin dagli anni '70, pianificato per sovrintendere e decidere le sorti di tutte le situazioni politiche del mondo. Centri nevralgici di detta organizzazione si trovano, oltre che in Lussemburgo, New York e Londra anche nelle banche centrali del Liechtenstein, di Hong Kong, nel Banco di Sicilia di Palermo ed in Vaticano presso lo IOR. Questo macro elaboratore è capace di prevedere, in tempo reale, tutte le situazioni: economiche, politiche, sociali, religiose, finanziarie, monetarie, rivoluzionarie, demografiche e chi più ne ha, più ne metta; arrivando negli angoli più sperduti della Terra e dando la possibilità, a chi lo gestisce, d'intervenire a proprio piacimento e nella maniera più proficua e conveniente. Attraverso quest'elaborazione, detti personaggi, sono in grado di porre in essere le strategie che più ritengono idonee ad eliminare, neutralizzare o a far volgere a proprio favore, i più disparati e possibili accadimenti, al punto di innescare conflitti nucleari, qualora ne ritenessero l'indispensabilità, per salvaguardare i propri interessi.

http://www.lavocedellacampania.it/inchiesta_settembre_2002.htm: ...nelle austere e vellutate stanze del Vaticano si nascondeva la possibilità di un investimento finanziario a tassi astronomici. Interessi fino al tredici per cento senza alcun rischio per il capitale. Percentuali del diciotto per cento in occasione del Giubileo. Insomma, un vero affare. Del resto, chi non affiderebbe i propri risparmi nientemeno che a San Pietro, allo Ior, il celebre e talvolta famigerato istituto per le opere religiose che agisce sui mercati internazionali come vera e propria struttura di credito? L'investimento, però, aveva bisogno di qualcuno interno al Vaticano: nello Ior, infatti, possono movimentare capitali solo appartenenti al clero o laici interni al piccolo stato cattolico [...].

http://www.uaar.it/: La Chiesa [...] ricerca, oggi più di ieri, l’appropriarsi di ricchezze e denaro come vero e unico modo per la conservazione del potere. La mistificazione dei cosiddetti valori, che ipocritamente cerca di riproporre, non riescono a nascondere l’impegno sfrenato con il quale si adopera per allargare il suo potere temporale. L’impegno finanziario delle sue banche e dei suoi traffici più o meno leciti (più che meno) tendenti all’accumulo del denaro, ben guidato prima dal Marcinkus di turno ed ora dai suoi discepoli e complici, e teso ad attribuirsi il «denaro finanziario» autoalimentato dai meccanismi delle speculazioni in borsa e con investimenti eufemisticamente definibili spregiudicati, ha rivelato a tutt’oggi i clamorosi coinvolgimenti nelle inchieste sulle tangenti - vedi Card. Angelini Ministro della sanità del Vaticano, nel riciclaggio del denaro sporco - vedi IOR Banca Vaticana per le opere di religione, nel coinvolgimento nelle indagini di mafia - vedi Cassisa vescovo di Monreale e il frate Frittitta, nelle indagini sull’usura a Napoli (vedi coinvolgimento del Card. Giordano) e dell’indagato vescovo di Barcellona per presunti investimenti illegali (traffico d’armi?). [...] Ricordiamo: il papa pronuncia parole contro «le mani insanguinate dei responsabili di genocidi e crimini di guerra», mentre di nascosto attiva la diplomazia vaticana perché intervenga presso il Governo Inglese e liberi Pinochet per considerazioni di ordine «umanitario»: le stesse addotte per far fuggire dall’Europa nel ’45 i criminali nazisti. Ora come allora assistiamo sempre ad uno spettacolo indecente.

http://www.espressonline.it/ESW_articolo/0,2393,19572,00.html: ... cardinali, con la benedizione di Sua Santità, veleggiano felici tra le isole della finanza off shore. Le Isole Cayman, ad esempio. Oppure le Turks and Caicos. Tutte nei mari delle Antille. Aprite l'Annuario pontificio, nuovissima edizione del 2001, e scoprite che nel luglio dell'anno scorso, zitto zitto, mentre il Giubileo occupava la ribalta, il Vaticano ha scorporato le Cayman dalla diocesi di Kingston in Giamaica, le ha trasformate in territorio di missione e le ha date in cura all'arcivescovo di Detroit negli Stati Uniti, cardinale Adam Joseph Maida. Identica la sorte delle isole Turks and Caicos. Facevano parte della diocesi di Nassau nelle Bahamas. Ma sono state anch'esse ritagliate, trasformate in avamposto missionario e date in feudo all'allora arcivescovo di Newark, Theodore Edgar McCarrick, oggi promosso a Washington e anche lui fatto cardinale. Territori di missione le Cayman e le Turks and Caicos? Proprio così, stando all'Annuario.



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E' morto Papa Luciani   2/4/2005 10.41.37 (157 visite)   siddharta
   re:E' morto Papa Luciani   2/4/2005 13.18.5 (24 visite)   [Velvet]
      re:E' morto Papa Luciani   2/4/2005 13.26.18 (26 visite)   Sigma
         rispondo io....   2/4/2005 14.11.9 (21 visite)   golden
            re:rispondo io....   2/4/2005 14.46.13 (19 visite)   Sigma
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