Nick: B|MbOgIgI Oggetto: Lezioni di Grammatica 1° Parte Data: 21/5/2005 14.6.43 Visite: 121
Questioni di grammatica italiana. Prima parte. Ortografia, pronuncia, articoli, nomi, aggettivi ecc. -------------------------------------------------------------------------------- Non sarebbe ora di riformare l'ortografia italiana? L'ortografia della lingua italiana, come credo di ogni altra lingua, è estremamente variabile nel tempo. Che la grafia dell'italiano del '600 fosse non solo molto diversa dall'attuale, ma anche notevolmente variabile, è evidente. Casi molto noti sono l'uso irregolare degli accenti; la presenza di h etimologiche in anchora, in huomo ecc. A questi si potrebbe aggiungere l'uso delle maiuscole; la punteggiatura; e non parliamo qui delle abbreviazioni. Le convenzioni ortografiche che utilizziamo sono state messe a punto piuttosto recentemente; alcune (la distinzione fra accenti acuti e gravi, i plurali delle parole in -cia e -gia) soltanto intorno alla metà del '900; ed in alcuni casi (il tipo di accento sulla i e sulla u) sono ancora incerte. Naturalmente l'ortografia non è una scienza esatta; anzi, essendo pura convenzione, non è neppure una scienza. È appunto una convenzione; e come tutte le convenzioni, serve a finalità eminentemente pratiche. Non ci si può ogni volta rompere la testa a chiedersi «come si scrive»? Si stabilisce che si scrive così, e per un po' non si cambia. Ma allora non potremmo scrivere ognuno come gli pare? Ci sono alcune buone ragioni per preferire una convenzione, per quanto arbitraria, al puro arbitrio individuale. In primo luogo, l'industria editoriale, come tutte le industrie moderne, ha bisogno di una grande uniformità, di un notevole numero di norme. Non si troverà più scritto provincie con la i, per lo stesso motivo per cui è molto difficile trovare un foglio di carta di formato diverso dall'A4 e soci. I testi possono passare da un'edizione ad un'altra; un libro può avere diverse edizioni, può essere citato in un altro libro, in un articolo di giornale, può passare ad una diversa casa editrice ecc. Sarebbe una complicazione intollerabile se ogni volta il testo fosse modificato, per adattarlo ai gusti di quel particolare editore, redattore, correttore di bozze ecc. Ortografia arbitraria ed irregolare sono sempre sinonimo di scarsa circolazione del libro, di una modesta alfabetizzazione della popolazione – come era appunto nel '600. Ma è forse più importante un'altra considerazione. Quando leggo un testo, devo potermi concentrare sul significato, sulle parole, sulle frasi. Tutto ciò che distoglie la mia attenzione dal senso, rappresenta un ostacolo fastidioso. La forma editoriale del testo: l'impaginazione, la forma dei caratteri, la punteggiatura, l'ortografia, in questo senso devono essere trasparenti; cioè io devo leggere senza accorgermi di queste cose. Leggere un testo con un'ortografia che cambia continuamente, oppure che è completamente diversa da quella di un altro testo che ho appena messo via, comporta la stessa fatica che proverei leggendo un testo scritto su pagine ognuna di un colore diverso, oppure con una dimensione di carattere che cambia da una riga all'altra ecc. Quelli che scrivono ke invece di che, x invece di per, 6 invece di sei, forse si credono di fare una gran bella figata, ma devono rendersi conto che costringono il lettore ad un costante sforzo di decifrazione della loro prosa. Magari si abituano a questo stile, ma poi saranno loro a fare una gran fatica a leggere un testo scritto in grafia convenzionale: come quella ragazza, ormai leggendaria, che credeva che il luogotenente di Garibaldi si chiamasse Nino Biperio. Io do si scrive con accento o senza? Giorgio Corini ha scritto: Qualcuno sa dirmi qual è il modo più corretto di scrivere do (prima persona singolare dell'indicativo del verbo dare)? Lo chiedo perché io ho sempre scritto do ma mi hanno detto che una professoressa di lettere ritiene non solo grammaticalmente corretto, ma addirittura più giusto scrivere dò per evitare confusioni con la nota musicale. Mi immagino il dialogo: – Mi dai un la? – – No, ti dò un do. Allora dovremmo accentare anche mi: – Mì dai un mi? Come faremo con il fa? – Qui che nota fa il clarinetto? – Qui il clarinetto fà un fa. Per una serie di motivi che non è il caso di spiegare, nella notazione musicale usata dal sistema Kodaly il si si chiama ti (si significa sol diesis): – Tì ho aggiunto un ti alla parte. Quasi quasi dimenticavo il re: Il concerto in re di Beethoven è il ré dei concerti per violino e orchestra. Per il si c'è un problema: infatti esiste già il si e il sì. Come distinguere? Forse con l'acca (come "io ho" – Sih sente questo si? – Sì. Dunque, dunque: ho dimenticato qualcosa? Il sol. ...il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d'intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v'era sembrato prima un sol giogo... diventerà: un sól giogo. Do (dò) l'idea? Si mette l'accento sulle parole tutte in lettere maiuscole? Per la mia solita distrazione ho perso il messaggio originale, quindi non mi ricordo chi mi ha chiesto: Quando si scrive tutto in stampatello, bisogna accentare i nomi dei gionri della settimana? Penso che il problema riguardi non tanto la differenza tra "corsivo" e "stampatello" quanto quella tra "minuscolo e "maiuscolo". Credo quindi che lei mi chieda se si deve scrivere LUNEDI oppure LUNEDÌ Se avete letto le mie modeste pagine, avrete capito che io non amo affrontare le questioni di grammatica in termini "si deve" "non si deve". Non stupitevi quindi se do una risposta che riconosce le ragioni di entrambe le soluzioni. L'ortografia italiana rimane la stessa, sia che si scriva in minuscolo, sia che si scriva in maiuscolo. Gli accenti quindi rimangono: QUESTA È UNA REGOLA SEMPLICE, E LA RISPOSTA È: SÌ. Può esistere, per noi tecnologici, il problema di inserire le accentate maiuscole dalla tastiera. Esistono varie soluzioni, abbastanza semplici. La prima è utilizzare il tasto Alt+ un numero. Senza consultare nessun manuale, mi ricordo che la È maiuscola accentata si ottiene (sotto Windows) con la combinazione Alt+0200. La Ì accentata? Vado a vedere: Alt+204. In italiano le vocali accentate sono, fortunatamente, poche; e non si richiedere un grande esercizio di memoria. Altra soluzione. Scrivere in minuscolo, e poi trasformare in maiuscolo. Se uno usa MS Word, basta selezionare il testo che si vuole trasformare (anche la singola lettera accentata), andare sulla barra dei menu, scegliere Formato => Maiuscole/minuscole, dare il comando TUTTO MAIUSCOLE. Anche qui, ho imparato una rapida combinazione di tasti: Alt+O, M. Per quanto riguarda la È con accento grave (la È di EGLI È, per intenderci) mi sono fatto una piccola macro, che ho assegnato alla combinazione di tasti Ctrl+è. Un minimo di pratica con MS Word è sufficiente per tutte queste operazioni. Ultima sponda. Si scrive LUNEDI. Il correttore ortografico di MS Word protesta, e segna la parola con un'ondina rossa. Si accetta la soluzione proposta, che è appunto: LUNEDÌ. Il fastidio per le maiuscole accentate, però, non deriva solo da incuria. C'è un'altra ragione, di tipo estetico. La nostra scrittura - tanto a mano, quanto, e più, a stampa - ha una doppia origine. Le lettere minuscole nascono nel IX secolo dalla cosiddetta minuscola carolingia, subiscono varie trasformazioni, danno origine alla cosiddetta scrittura "gotica" (quella tutta a spigoli, che con i Goti non c'entra per nulla) per poi ridiventare arrotondate in età rinascimentale. Nel '500 da questa grafia a mano i primi tipografi, come il parigino Claude Garamond, trassero i caratteri minuscoli che, sostanzialmente, ancora adesso usiamo. Invece le lettere maiuscole riproducono quasi immutate le lettere dell'epigrafia monumentale romana. Naturalmente sono lettere nate senza accenti (e senza la W e la Y, ovviamente; ed anche senza la U, che si scriveva V); sono soprattutto lettere costruite secondo un ideale geometrico, che tende ad un'altezza uguale e ad una larghezza omogenea. L'uso di accenti (ma anche dell'apostrofo, e di tutti i segni di interpunzione) turba quest'armonia; e quindi è comprensibile se molti, per soddisfare l'occhio, tendano ad evitare i (pochi) accenti richiesti dalla lingua italiana. Io, per me, continuo a mettere l'accento su LUNEDÌ. Ci leggiamo domani per la seconda parte....l'argomento sarà: Si scrive qual è o qual'è? ...mi raccomando studiate che a fine corso ci sono gli esami   |