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Nick: B|MbOgIgI
Oggetto: Lezioni di Grammatica 2° Parte
Data: 22/5/2005 12.15.35
Visite: 90

Si scrive qual è o qual'è?
Piaccia o no, la regoletta è semplice e si trova in qualunque testo scolastico. Alcune parole possono perdere un pezzetto alla fine sia davanti a vocale sia davanti a consonante: uno diventa un gatto e un amico. In questo caso abbiamo un troncamento, e non si usa l'apostrofo. Altre possono essere tagliate solo davanti a vocale: una rimane una gatta, ma diventa un'amica. Questa è l'elisione, e ci vuole l'apostrofo.

Nel caso di qual, espressioni come nel qual caso, in un certo qual modo ci obbligano, secondo quasi tutti gli autori, e secondo l'uso corrente, a concludere che si tratta di troncamento; e quindi: qual è, senza apostrofo.

Mi ero proposto di non intervenire in simili questioni, cioè in dubbi che possono essere risolti agevolmente consultando una qualunque grammatica elementare della lingua italiana. Ma qui faccio eccezione per rendere un omaggio a Luciano Satta, che ha mostrato come, anche su questioni banali e un po' aride come quella di troncamento/elisione, si possano scrivere cose intelligenti ed interessanti.

Anche gli aggettivi e pronomi tale e quale diventano tal e qual sia dinanzi a vocale sia dinanzi a consonante, sia al maschile sia al femminile. Ma sono elisioni o troncamenti ? Cioè, è ancora frequente l'uso di far cadere le vocali finali di queste due parole davanti ad altra parola che cominci per consonante?
Possiamo rispondere sì per tale, giacché, senza contare l'espressione fissa il tal dei tali, si usa dire ancora « Nel tal giornale c'è il tal fotoservizio ». E allora scriveremo tranquillamente senza apostrofo tal amico, tal impresa e così via.
Ma qual è piuttosto raro davanti a consonante, e suona antiquato. Perciò alcuni grammatici consigliano di restaurare la forma qual apostrofata: qual'e. La presenza di due vocali uguali non fa tollerare in questo esempio che si scriva quale è, salvo che non si voglia dare a quale un risalto particolare. Ma davanti ad altra vocale l'imbarazzo dell'apostrofo può essere eliminato scrivendo quale per intero: quale amore, quale odio. In ogni modo noi siamo a favore di qual è, senza apostrofo; torneremo sulla faccenda tra poco, nelle nostre consuete osservazioni. [...]
Ma vediamo in breve come se la cavano gli scrittori con l'apostrofo, e quindi con l'elisione e il troncamento. Essendo l'apostrofo un segno dei meno appariscenti, può accadere che molti errori siano in realtà sviste tipografiche e niente più; tuttavia li citeremo, nel dubbio assolvendo l'autore.
La disputa se si debba scrivere qual'è o qual è non è risolta né dalle grammatiche, né tanto meno dalla letteratura. Sono per l'apostrofo, fra gli altri, Federigo Tozzi, Mario Tobino, Tommaso Landolfi, Paolo Monelli, Bonaventura Tecchi. Non apostrofano invece Vasco Pratolini, Giuseppe Berto, Alberto Moravia, Goffredo Parise, Libero Bigiaretti.
Ripetiamo alla buona i termini della polemichetta; e prendiamo gli argomenti di due studiosi: Franco Fochi (fautore dell'apostrofo) e Bruno Migliorini (che non ce lo vuole).
Dice il Fochi che per quale « il troncamento è cosa del tutto finita, che appartiene alla storia, e non più all'uso della parola ». Egli prosegue citando il qual maraviglia di Brunetto Latini a Dante, che oggi più nessuno direbbe; e osserva che qual resta soltanto nel detto scherzosamente solenne Tal morì qual visse, in una o due espressioni come per la qual cosa. Ricordate le combinazioni con certo – in certo qual modo, un certo qual garbo, una certa qual mansione – egli insiste: « Ma ecco che qui mansione, di tre sillabe, preferisce la forma intera: "una certa quale mansione". E l'effetto aumenta con l'allungarsi del nome: "un certo quale spiritello", "una certa quale condiscendenza", ecc. ».Insomma, secondo il Fochi, essendo il qual tronco una cosa storicamente morta, c'è solo il quale da elidere; perciò, apostrofo.
E sentiamo Bruno Migliorini: « Che si scriva un uomo e non un'uomo, un enorme peso e invece un'enorme ingiustizia è una distinzione non fondata sulla fonetica ma sulla schematizzazione dei grammatici. Distinzione artificiale è perciò quella fra "troncamento" e "elisione", ma una volta che questa distinzione si accetti, ne discende come un corollario ineluttabile che si debba scrivere senza apostrofo tal è, qual è... ».
L'argomento del Fochi fa riflettere, è vero. Ma ha qualche punto debole. Anzitutto l'esempio un certo quale spiritello non è acconcio; diciamo quale spiritello e non qual spiritello solo perché è buona norma non troncare davanti a parola che cominci con s impura.
Inoltre il Fochi cita onestamente alcuni esempi di sopravvivenza di qual.
Aggiungiamo, pignoli, il diffuso « Qual buon vento ti porta? »; e quattro citazioni di scrittori: « E qual rispetto dal concessionario... » (Domenico Rea); « ...senza qual sacro pudore » (Riccardo Bacchelli); « Qual testimone veridico... » (Carlo Emilio Gadda); « ... qual più qual meno » (Virgilio Lilli). Queste nostre quattro citazioni, ne siamo certi, possono aumentare, anche se non di molto. E allora, è proprio morto il qual?
Ma il nostro discorso è un altro. Franco Fochi sostiene che si deve scrivere qual'è ma non condanna come errore qual è; insomma egli ha messo o rimesso di moda un'altra duplice grafia del patrio idioma. Con tutte le parole che si possono scrivere in due, tre, quattro modi, non ce n'era davvero bisogno. [La prima scienza pp. 72−75]


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Si può scrivere dell'altr'anno?
Marco Margottini; ha scritto su it.cultura.linguistica.italiano:

ho cercato invano su alcune grammatiche l'esattezza o meno dell'altr'anno e non l'ho trovate. Io lo scrivo e lo faccio scrivere così. Che dite indovino?
Se il problema è il doppio apostrofo, con una rapida ricerca ho trovato, nel romanzetto de' Promessi Sposi, questi due esempi:

Dalla piazza de' mercanti, la marmaglia insaccò, per quell'altr'arco, nella via de' fustagnai, e di lì si sparpagliò nel Cordusio. (XII)
Ora, convertito l'edifizio a tutt'altr'uso, i vani delle facciate son murati; ma l'antica ossatura, rimasta intatta, indica chiaramente l'antico stato, e l'antica destinazione di quello. (XXXVI)
"Roger" ha aggiunto:

Era costui in quella casa, forse da quarant'anni, cioè prima che nascesse don Rodrigo; entratovi al servizio del padre, il quale era stato tutt'un'altra cosa. (Cap. 6)
Si potrebbe fare di più?

Paolo Bonardi dalle Orbite Venusiane e Siderali ha proposto

Il vino d'un'altr'annata.
È cominciata allora la caccia ad altri possibili esempi di apostrofi multipli; non la riporterò, per non togliere al lettore il piacere di una ricerca personale. Io mi sono limitato a ricordare il petrarchesco

fior', frondi, herbe, ombre, antri, onde, aure soavi
(rvf 303)
da leggersi come se fosse:

fior', frond'herb'ombr'antr'ond'aure soavi
che t'annoda e ti snoda la lingua, mentre le mani sono impegnate a contare tutte le undici dita.

Da notare: l'unico apostrofo segnato nel testo è quello che non è seguito da vocale.


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Quale articolo per il... ehm... lo pneumatico?
Paola de Vita mi ha scritto:

dopo una correzione dalla maestra di mia figlia, un dubbio mi attanaglia: qual è l'articolo di pneumatico?
Il oppure lo?
Vediamo:

Lo/gli e uno si adoperano:
[...]
d) Davanti a x (grafia che rappresenta un gruppo di velare+sibilante [...] ) e ad altri rari gruppi di consonante che non abbiano l o r come secondo elemento; x: lo xenofobo; pn: uno pneumococco; ps: uno psicologo; pt: lo ptialismo; ct: lo ctenidio; mn: lo mnemonismo; ft: lo ftalato.
Piuttosto stabili - benché non di uso generale - gli articoli lo e uno davanti a x (ma «un xilofono» in Pratolini: BRUNET 1979: 37) e a ps («uno psicanalista» Cancogni, cit. in BRUNET 1979: 37, «lo psicodramma» «Panorama»,16.3.1986, 54; con la preposizione articolata: «il commento dello Pseudacrone» Paratore, Lett. latina, 435, ecc.). Con pn, invece, sono più frequenti nella lingua familiare il e un, specie col sostantivo pneumatico (esempi da giornali e anche da testi letterari in BRUNET 1979:38-39). Ma non mancano esempi dell'uso più sorvegliato, anche nei quotidiani: «uno pneumatico», «gli pneumatici» («La Repubblica», 31.8.1986, 13 e 12-13.10.1986, 15).
[...]
[Luca Serianni, Grammatica, ed. Garzanti pp. 116-117]
A parte la regola, che prescrive lo, mi chiedo però perché a molti sembra più naturale il pneumatico.

In primo luogo dobbiamo ricordare la difficoltà che molti incontrano nella pronuncia di questi gruppi consonantici, che non sono propri della lingua italiana, ma di parole derivanti da altre lingue; e pneumatico è forse l'unico termine di uso corrente. E questo da solo spiega una evidente incertezza nell'uso.

Inoltre, probabilmente, nel nesso pn-, a differenza di ps- e pt-, la seconda consonante, sonora, tende ad assimilare il vocabolo al caso p+vocale; allora il pneumatico è forse l'effetto di una pronuncia che tende a il p(e)neumatico o qualcosa del genere.

E una maestra, come deve comportarsi? Sicuramente deve insegnare lo pneumatico; ma senza farne un dramma se qualcuno dice il.


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Si mette l'apostrofo davanti ai numeri e alle sigle?
Stefano Toticchi mi ha scritto:

Proprio durante la navigazione nel suo sito, trovando all'interno di una stessa frase « del '700 » e « dell'800 » mi è tornato alla mente un vecchio dubbio:
di fronte a cifra, è corretto apostrofare articoli e preposizioni?
Es.: l'1 o lo 1? (Peraltro bruttissima foneticamente questa seconda forma!)
O anche: l'8º o lo 8º? (l'VIII o lo VIII?)
Ho scritto proprio così? Ecco che mi vengono dei dubbi, e mi precipito a consultare il Serianni e il Lesina.

In genere l'uso dell'apostrofo davanti a cifra è sconsigliato. Escludendo lo 1 e lo 8, entrambi gli autori suggeriscono di scrivere i numeri per esteso: quindi l'uno e l'otto. Ed anche il Settecento e l'Ottocento, come periodi storici.

Ma l'apostrofo davanti alla cifra non viene condannato del tutto. Il Lesina (par. 8.1.1) accetta « per ragioni di coerenza » l'uso dell'apostrofo in una sequenza di numeri: « dal 16 all'82 ». Nel Serianni ho trovato « l'85 » (IV.60), « ha votato l'82,5% degli elettori » (VI.3) « ... i secoli dall'XI in poi » (VI.36) - quanto al secondo esempio nessuno scriverebbe « ha votato l'ottantadue virgola cinque per cento... »

L'indicazione abbreviata del secolo si trova sia in cifre che in lettere: il '300 e il Trecento (con l'iniziale maiuscola) (Serianni VI.21) Non ho trovato però soluzione al dubbio relativo alle forme del '700 e dell'800, dove l'apostrofo nel primo caso indica la caduta della cifra mille, nel secondo caso diventa l'indicazione dell'elisione dell'articolo. Ci penserò.

Questa situazione me ne fa tornare in mente anche un'altra:
di fronte ad esempio ad alcune sigle, viene considerata la grafia o la pronuncia per una corretta scrittura?
Es.: l'LSD o lo LSD? L'RNA o lo RNA?
Per rispondere a questa domanda, dovremmo prima chiederci: come si pronunciano le sigle? Si tiene conto della forma completa delle parole abbreviate, oppure le si legge come una parola unica? Se il risultato è impronunciabile, e la sigla è straniera, si scandiscono le singole lettere all'italiana, o secondo l'uso (vero o presunto!) straniero? È una di quelle discussioni che impegnano per giorni e giorni it.cultura.linguistica.italiano, con scambio di chilometrici messaggi non esenti da insulti personali.

Sigle facilmente pronunciabili come ONU non danno problema: l'ONU. Il Serianni (IV.11) riporta due forme, usate dallo stesso contesto dallo stesso autore: « il FBI » (presumibilmente « il Federal... » ecc.) e « l'FBI » (probabilmente « l'èf-bi-ài »). Nello stesso luogo vi sono tutte le possibilità di scrivere con l'articolo il vecchio MSI - tutte tranne una: per quanto mi ricordi, tutti lo chiamavano senza tanti complimenti il MIS.


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Parole e sillabe, ovvero: Come andare a capo con dell'uomo e simili?
È una vecchia questione scolastica.
Le proposte sono:

dello / uomo
dell' / uomo
del / l'uomo
La regola generale è: si va a capo dividendo la parola in sillabe.
Ma una preposizione articolata è una parola?
Quando c'è un apostrofo, dove finisce la sillaba? Per metterci ancor di più nei guai:

Che cos'è una parola?
Che cos'è una sillaba?
Le migliori grammatiche sono estremamente caute nel definire questi termini, che solo apparentemente sono facili da individuare. Molte grammatiche non usano proprio il termine "parola".
Altri (pochi) testi sono scopertamente incauti. Cito fra tutti il Dardano Trifone, di cui possiedo solo un'edizione scolastica:

... con parole (o vocaboli) s'intendono le parole quali appaiono nella frasi; per es.: ragazzi, allegri, camminavano, nelle, strade, dei, quartieri, centrali. [p.494]
Una parola è una parola. Grazie tante!

In realtà noi, parlando, emettiamo un flusso continuo di suoni, nei quali possiamo, con un'operazione intellettuale, individuare singoli nuclei portatori di un significato, o di una relazione grammaticale.
La grafia tradizionale ha suddiviso, in modo piuttosto empirico, le singole parole, separandole con uno spazietto bianco; ma questa distinzione è in gran parte artificiosa.
Non c'è dubbio che in: "Carlo vede Andrea", possiamo individuare tre distinti nuclei di significato, che corrispondono a gruppi di suoni organizzati intorno ad un accento. Ma gli articoli? Le preposizione articolate? È possibile considerarli portatori autonomi di significato?
A ciò si aggiungono fenomeni fonetici, che la grafia tradizionale esprime con grande difficoltà. Perché scrivo "soprattutto" con due t, e "che bello!", quando la corretta pronuncia italiana (non padana) raddoppia ugualmente e unisce in "chebbello"?
Noi italiani abbiamo un'ortografia che, grazie a Dio, è in gran parte fonetica, a differenza del delirio inglese. Ma nessuno è perfetto, e in particolare i fenomeni che nascono dal fondersi delle parole in un'unica catena sonora sono rappresentati molto male. Possiamo sottilmente distinguere tra elisione e troncamento, e quindi scrivere "un'amica" e "un amico", ma la presenza o meno dell'apostrofo non corrisponde assolutamente a nessun effetto sonoro. Allo stesso modo in "dimmelo" (quante parole sono?) il raddoppiamento della m rappresenta il suono, ma ciò non toglie che il pronome personale rimanga esattamente lo stesso pronome personale di "me lo dici" (tre parole!). Riassumendo, io metterei come regole generali di comportamento:

Compatibilmente con le convenzioni tradizionali dell'ortografia, la scelta da fare è quella che meglio rappresenta la pronuncia. Quindi se io dico "dell'uomo" non posso scrivere "dello / uomo", che è un'altra cosa.
Là dove si ha, o si presume di avere, una possibilità di scelta fra due soluzioni, occorre rimanere coerenti con le proprie scelte. Coloro che scrivono "dell' / uomo", mantenendo insieme le due l che nascono da un raddoppiamento fonosintattico (in questo caso fusione tra preposizione "di" e articolo "lo"), dovrebbero, per gli stessi ottimi motivi, scrivere anche "di / mmelo", poiché è indubbio che anche la prima m appartiene al pronome personale.
Conclusione: del / l'uomo, e non se ne parli più.


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Dopo i puntini di sospensione si usa la minuscola o la maiuscola?
Puntini con minuscole:
« Cioè.... » rispose, con voce tremolante, don Abbondio: « cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi.... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi.... noi siamo i servitori del comune ».
(Promessi Sposi, I)
Nutrirsi... non fare più versi... nessuna notte insonne...
non più sigarette... non donne... tentare bei cieli più tersi:
(Guido Gozzano, Alle soglie)
Puntini con maiuscole:
Fate a mio modo, Renzo; andate a Lecco; cercate del dottor Azzecca-garbugli, raccontategli.... Ma non lo chiamate così, per amor del cielo: è un soprannome. Bisogna dire il signor dottor.... Come si chiama, ora?
(Promessi Sposi, III)
È quella che lasciò, per infortuni,
la casa al nonno di mio nonno... E noi
la confinammo nel solaio, poi
che porta pena... L'han veduta alcuni
lasciare il quadro; in certi noviluni
s'ode il suo passo lungo i corridoi...
(Guido Gozzano, La signorina Felicita ovvero la Felicità)
Un po' di questo, un po' di quello:
Vorrei vedere che mi faceste....! Per amor del cielo! Non si scherza. Non si tratta di torto o di ragione; si tratta di forza. E quando, questa mattina, vi davo un buon parere.... eh! subito nelle furie.
(Promessi Sposi, II)

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Nota:
Per il Manzoni i puntini di sospensione son sempre quattro.

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Dopo il punto esclamativo si può usare la minuscola?
I Promessi Sposi. Dall'Introduzione:

Sì; ma com'è dozzinale! com'è sguaiato! com'è scorretto! Idiotismi lombardi a iosa, frasi della lingua adoperate a sproposito, grammatica arbitraria, periodi sgangherati.
Ma che? quando siamo stati al punto di raccapezzar tutte le dette obiezioni e risposte, per disporle con qualche ordine, misericordia! venivano a fare un libro.
Dal Capitolo I:

« Oh! suggerire a lei che sa di latino! » interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce.
« Misericordia! cos'ha, signor padrone? »
« Ohimè! tacete, e non apparecchiate altro: datemi un bicchiere del mio vino. »
« E lei mi vorrà sostenere che non ha niente! » disse Perpetua, empiendo il bicchiere, e tenendolo poi in mano, come se non volesse darlo che in premio della confidenza che si faceva tanto aspettare.
« Per amor del cielo! non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi: ne va.... ne va la vita! »
« Brava! come quando.... »
« Delle sue! » esclamò Perpetua. « Oh che birbone! oh che soverchiatore! oh che uomo senza timor di Dio! »
« Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto? »
« Oh! siam qui soli che nessun ci sente. Ma come farà, povero signor padrone? »
« Ma! io l'avrei bene il mio povero parere da darle; ma poi.... »
« [...] Quando mi fosse toccata una schioppettata nella schiena, Dio liberi! l'arcivescovo me la leverebbe? »
« Eh! le schioppettate non si dànno via come confetti: [...] »
« [...] Ma! la doveva accader per l'appunto a me. »
« Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro. »
Così dicendo prese il lume, e, brontolando sempre: « una piccola bagattella! a un galantuomo par mio! e domani com'andrà? » e altre simili lamentazioni, s'avviò per salire in camera. Giunto su la soglia, si voltò indietro verso Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e solenne : « per amor del cielo! » e disparve.




Per la 3° lezione ci vediamo venerdì Prox!!...e mi raccomando STUDIATE!!!!



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