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Nick:
NEVERLAND
Oggetto:
La Piovra:Morale dell'immorale
Data:
30/7/2005 20.47.5
Visite:
430
Premessa:
Scrivo sto thread soprattutto per me stesso, per fissare e nn perdere alcuni pensieri ed emozioni che nel bene e nel male mi appartengono da sempre, anche se spero lo stesso che con questo qualcuno (anche una sola persona) venga invogliato ad approfondire e a vedere/rivedere quello di cui ora mi accingo a parlare (anche se so, che data la lunghezza del post nessuno arriverà davvero fino in fondo, mi spiace perchè secondo me è un vero peccato eh):
un pezzo di storia della televisione (e del cinema) Italiana...
"La Piovra".
Come qualcuno di voi ben sa il mese scorso ho avuto modo, grazie alla mia passione per il cinema e alla mia ossessione collezionistica di DVD, di spararmi in maratona le prime due storiche serie de La Piovra.
Proprio questa settimana, ormai al termine, invece, con un paio di nottate ben assestate è toccato alla III e IV stagione (le migliori con l'interpretazone di Michele Placido).
La forza di questa Piovra qua è che bastano appena 5 minuti di visione per rimanere incollati allo schermo e venire catapultati in un mondo fatto di Cupola, mafiosi vecchio stampo (il Puparo), avvocati corrotti (Terrasini), assassini spietati, fedeli e con le loro regole ben precise (Santuzzu, il grande Adriano Pappalardo), uomini distrutti dalla mafia e dai ricatti (Aciduzzu, il sempre grande Mario Adorf), famiglie di industriali, banchieri come quella degli "Antinari" e dei "Rasi", senatori e politici corrotti (Salimbeni, Laudeo, Cannito, Ravanusa, Mantinera, Alessi), massoni, uomini misteriosi collezionisti implacabili dei segreti dell'Italia (Espinosa), giudici corrotti e non, agenti di polizia (Trevi, Quadri, Altero), scorte armate, giornalisti d'assalto (Davide Faeti), banche come base di riciclo e finanziamento per traffici illeciti, bambini puri ma sofferenti (Greta, Paola Cattani), preti e sacerdoti (Fra Bernardo, Abate Lovano), traffici di armi arabi e non, gestiti da loschi faccendieri (Kemal Yfter), traffici di droga e di materiale radioattivo, amori malinconici ma bellissimi vissuti assolutamente in momenti drammatici, donne bellissime (Esther Rasi, Giulia Antinari, Silvia Conti, Else Cattani, Olga Camastra)...
e poi inseguimenti, agguati, attentati, rapimenti, tradimenti, sparatorie, sangue, manovre finanziarie, piani per il sovvertimento della democrazia...
e in questo balletto tra il bene e il male su tutto spiccano due figure (almeno nella III e IV stagione), il commissario Corrado Cattani (un immenso Michele Placido) e il Mafioso mago della finanza, il silenzioso e malinconico Tano Cariddi (uno dei più sottovalutati attori Italiani, tale Remo Girone).
Tutto ciò era (è) sapientemente offerto da artigiani del cinema Italiano quali Damiano Damiani e Luca Perelli.
Ma come se nn bastasse il serial viene portato un gradino più in alto, oltre che alla superba e potente sceneggiatura, anche grazie alla Musica dei maestri del calibro di Ennio Morricone, Ritz Ortolani e Fausto Papetti.
Questo era (è) l'eredità dei poliziotteschi all'Itaiana ma anche la mamma e il papà di tutte le fiction TV che sarebbero seguite dopo (Ultimo, La Uno Bianca, Distretto di Polizia ecc.)...
tutto questo è la Piovra, gioia e dolore del piccolo schermo, un serial che nel bene e nel male è passato alla storia.
Ma cos'è sta Piovra qua, di cui sto tessendo le lodi?
La Piovra nacque nel 1984 con la prima serie diretta da Damiano Damiani e il pubblico si identificò subito nel protagonista, il commissario Corrado Cattani interpretato da un coinvolgente Michele Placido, attraverso il quale poteva finalmente combattere contro il male del mondo simboleggiato dalla mafia.
Cattani era infatti, agli occhi dei telespettatori, l'eroe teso a riscattare il diritto dei deboli e delle vittime di quella forza immanente che controllava i fili del Paese;
il campione deciso a combattere senza compromessi le regole crudeli dell'organizzazione;
l'investigatore capace di individuare le ramificazioni insospettabili nell'ambiente politico e finanziario, nazionale ed internazionale.
Così la lotta contro il crimine fu il fulcro emozionale che catalizzò l'attenzione degli spettatori sulla guerra che contrapponeva Cattani ad un potere locale il quale da una parte cercava di addolcirlo, corromperlo e dall'altra gli era mortalmente ostile...
...la società siciliana, con tutte le sue consuetudini di riservatezza, di chiusura istintiva, di diffidenza storica verso la continentalità, era da sempre l'ambiente ideale della cultura di mafia, l'antistato per eccellenza...
E il commissario Cattani, dopo che la mafia aveva causato la morte della moglie e della figlia e di tanti amici e collaboratori, denuncia, in un processo che vede coinvolti tutti i massimi esponenti della mafia, lo stato di impotenza in cui la legge si trova a combattere.
Ma il risultato non è quello sperato: in pratica tutti gli imputati sono rimessi in libertà.
Di lì a poco Cattani sarebbe diventato un uomo malinconico che vive solo per un unico scopo:
sconfiggere la mafia.
Un uomo che vive come in un viaggio premio, dove ogni giorno la vita poteva essergli strappata in un attentato di stampo mafioso.
Un piccolo ma tenace uomo contro una forza invisibile e più grande di lui.
"Una volta la maestra ci parlò della Stella Polare,
ricordo che era il mese di Maggio e io quella notte stessa, invece di andare a dormire, zitto zitto, piano piano, mi arrampicai fino alla soffitta e poi attraverso una scala sul terrazzino.
Avevo in mente ancora le parole della maestra:
'dovete cercare il Piccolo Carro che si trova fra il Drago, Ceveo e l'Orsa Maggiore e poi risalire su su su tutto il Timone, e lassù c'è la Stella Polare, che è fissa'.
Ha indicato la strada per secoli e secoli ai marinai, ai viandanti.
Ma...quella notte in cielo c'erano miliardi di stelle
e io mi sentivo così, così piccolo, così confuso...
avevo otto anni.
E dov'era il Quadrato di Pegaso? E Orione? E le Pleiadi? Dov'era il Carro?
Mi sembrava...
come potevo io trovare una cosa tanto piccola ma così importante...
da solo, come si fa?"
Un piccolo uomo che poi si trovò contro un altro piccolo grande uomo di nome Tano.
Un uomo che dalla povertà con lo studio e la tenacia riuscì a diventare, lentamente ma inesorabilmente, uno degli uomini più potenti d'Italia.
"Il potere è malattia...
Ma è anche la cura!"
"Allora Greta, dimmi un pò...cos'è che non ti piace di Tano?
"...la bocca..."
"La bocca? E perchè non ti piace la bocca di Tano?"
"Perchè, perchè non ride mai..."
Tano Cariddi, il male e la malinconia...
uno dei cattivi più belli della storia del cinema, nonostante il male nn si può nn avere un minimo di pietà per lui, nn si riesce a nn amarlo!
La Piovra è stata grande fino alla sesta serie poi è stata tutto uno scivolare nella soap opera.
Negli anni Ottanta ha indubbiamente contribuito alla crescita culturale e politica dei telespettatori, perché, usando il linguaggio accattivante della fiction, ha fatto prendere coscienza di uno dei più grandi mali del nostro tempo, in maniera responsabile, mostrando tutte le facce del problema, stando sempre dalla parte delle istituzioni democratiche che combattono la malavita organizzata a prezzo della loro stessa vita.
La Piovra ha sempre avuto la pretesa di essere film di "denuncia".
Walter Veltroni entusiasta la iscrisse nei "programmi che hanno cambiato l'Italia" perché quella Cosa Nostra portata sul piccolo schermo raccontava "la mafia che dirige il traffico mondiale della droga, ricicla denaro sporco in gigantesche operazioni finanziarie, che assume il controllo di intere regioni del Paese e condiziona strutture dell' apparato statale e del sistema politico".
Questa mafia ce la facevano scoprire, tra passioni amorose e patinati paesaggi siciliani da postcard, i commissari come Cattani, i poliziotti come Licata, i magistrati come Silvia Conti.
Cattani, Licata, Conti ci prendevano per mano e ci accompagnavano in quel labirinto di morte e potere, di tradimento e violenza che è il crimine organizzato o il potere politico che, con quel crimine, spregiudicamente si potenzia e si perpetua.
Ma era davvero così?
Davvero la Piovra denunciava la mafia e il potere politico, con la mafia colluso?
Beh ovviamente diventava "polpettone popolare", sempre più consolatorio, sempre più rito assolutorio.
Quella realtà disintegrata trovava, nella fiction, come per miracolo, le sue "vie d'uscita".
Come d'incanto, i cattivi erano palesemente cattivi. Nel loro delirio di onnipotenza si infilavano in strade senza uscita rovinando se stessi e il proprio potere.
I buoni indiscutibilmente erano buoni e capaci e determinati e, nella lotta tra buoni e cattivi, erano i secondi a soccombere.
Ma "C'è una rivincita del bene, del giusto o comunque di qualcosa che viene assimilato alla legittimità", ha scritto Aldo Grasso.
Potevi metterti allora comodo davanti al televisore e potevi non guardare la realtà, quella che ogni giorno in quegli anni ti raccontavano i giornali o la tv.
Più comodamente potevi pensare che quella terribile realtà, che ti riguardava come cittadino, avrebbe trovato alla fine la soluzione più giusta, più legittima.
Ci pensava Cattani, Licata, ci pensava Silvia Conti, da qualche parte dovevano pur essere anche nella realtà.
Senza sforzo e più comodamente potevi metabolizzare il sentimento diffuso del momento che è stato, negli anni, il senso d'impotenza e il dolore prima e poi la rabbia e l'indignazione e ancora la speranza, fino a quando nn si decise di volltare pagina con la decima serie, e di accettare l'insopprimibile desiderio di non parlarne più di mafia, mafiosi, politici corrotti e progetti politici.
"Quando mi dissero che il Commissario Cattani sarebbe morto ci rimasi molto male.
Cercai di fare qualche cosa, ma non c'era più niente da fare perché tutto era stato girato e il racconto si sviluppava proprio in funzione di quella morte.
Cattani moriva come gli eroi nei poemi epici, massacrato da un centinaio di colpi, nessuno dei quali toccava il suo bel volto fiero di difensore immacolato e intemerato della legge.
Michele mi disse che si era stancato di Cattani.
'Non posso legarmi ad un personaggio per tutta la vita, per questo ho accettato di partecipare a questa nuova serie a condizione di far morire il personaggio'.
Io pensavo che avesse commesso un errore e gli dissi:
'Tu sarai il commissario Cattani per tutta la vita...'.
Naturalmente ci sentivamo tutti impegnati a non far trapelare la notizia ma, mano a mano che ci avvicinavamo alla messa in onda, si cominciò a spargere la voce della morte dell'amato Commissario.
Con Sergio Silva decidemmo di mettere in atto un gioco di sì e di no e di forse che conquistò gli spettatori e ci fece guadagnare pagine su pagine sui quotidiani.
Nei giorni che precedono il lunedì fatidico dell'ultima puntata la Rai fu bombardata di telegrammi e di telefonate che venivano regolarmente smistate nel mio ufficio.
Erano i telespettatori che ci intimavano o ci supplicavano di...
salvare la vita a Cattani.
Tra tutti, due mi colpirono, quello della scuola di polizia che ci chiedeva di salvare il collega e quella di una ragazza che minacciava di suicidarsi.
Del primo risi di cuore ma per il secondo telefonai alla stazione dei Carabinieri del paese da cui telegrafava la ragazza.
Mi chiamò dopo qualche ora il comandante della stazione per tranquillizzarmi:
la ragazza esisteva, aveva spedito il telegramma ma non aveva nessuna intenzione di suicidarsi.
Quel balletto su "morte sì morte no" portò tre milioni di spettatori in più: 17.200.000, contro i 14.000.000 della quinta puntata.
Un record che resiste tuttora e, possiamo tranquillamente prevederlo, non sarà mai battuto.
Per quanto riguarda la morte del personaggio dicemmo: "Il re è morto, viva il re".
Ci rimaneva un grande antagonista (Tano Cariddi magistralmente interpretato da Remo Girone, un attore non più giovanissimo che attendeva da anni la sua occasione) e una protagonista molto promettente (Patricia Millardet, un'attrice francese totalmente sconosciuta nel suo paese che sarà famosa soltanto per la sua interpretazione della giudice Silvia Conti, dove è stata doppiata da Maria Pia Di Meo, una delle regine del doppiaggio italiano).
Un altro protagonista lo troveremo, pensavamo.
Sarà Vittorio Mezzogiorno, un attore sui generis nel panorama italiano.
Vittorio fu straordinario, più bravo di Placido e di chiunque altro.
Disegnò questo personaggio umanissimo di Davide Licata, il poliziotto che ha vissuto venti anni nell'ombra per poi tornare e consumare la sua vendetta, con una maestria che sorprese soltanto quelli che non lo conoscono.
Vittorio era un attore totale che recitava con la voce, con il volto e con tutto il corpo.
Di fronte ad un collega come lui decollò anche Remo Girone, fino ad arrivare alla sublimazione del personaggio del Cattivo.
Ora non avevamo più il Buono contro il Cattivo ma addirittura il Bene contro il Male.
Mezzogiorno e Girone non furono due attori ma due archetipi.
Ma la Piovra dovette registrare una perdita ben più grave di quella di Cattani.
Aveva perso il suo protettore principale:
Biagio Agnes dimesso dalla direzione generale della Rai, in seguito alla vittoria del Caf che ha voluto al suo posto Gianni Pasquarelli.
La Piovra, mal sopportata fino a quel momento dai politici, subisce attacchi da tutte le parti.
Persino da alcuni membri del consiglio di amministrazione.
Mi sento in dovere, nell'interesse dell'Azienda che mi dà lo stipendio ma anche, oserei dire, per dovere civico, di difenderla in tutte le sedi, dentro la Rai e fuori.
Subisco anche un provvedimento disciplinare con un richiamo scritto.
Per la Piovra ricevetti anche una telefonata di Ugo Intini che mi disse di parlare a nome di Bettino Craxi.
"Dovete smetterla" mi disse "perché Bettino è stanco, quando va all'estero, di sentirsi parlare della Piovra".
Insomma, il vecchio annoso e democristiano argomento dei "panni sporchi che si lavano in famiglia", che il capo dei socialisti aveva fatto suo.
Io gli risposi che la Piovra aveva avuto il merito di aver fatto prendere coscienza agli italiani del fenomeno mafioso e delle sue connessioni con il potere economico e con il potere politico.
E poi mi sembrava più giusto ed opportuno che Craxi si preoccupasse dell'esistenza del fenomeno e non della sua rappresentazione.
La sesta serie fu fatta a condizione che diventasse internazionale, che lasciasse l'Italia e la Sicilia.
Era molto bella ma il pubblicò calò.
Si fece anche la settima serie ma io non c'ero più.
Risultò penalizzata dalla mancanza di un protagonista e di un antagonista.
Remo Girone, infatti, si ammalò poco prima di iniziare le riprese ed il personaggio di Cariddi sparì dalla storia per riapparire soltanto nell'ultima sequenza come promessa di nuove avventure.
Bova risultò troppo immaturo e di scarso talento per reggere il confronto con i suoi predecessori.
La Millardet ripeté pari pari il suo personaggio senza il sostegno di compagni di valore.
Ma risultò penalizzata anche dal forfait dato dagli sceneggiatori Rulli e Petraglia che avevano dato alla Piovra una dimensione assolutamente irripetibile.
Ci furono una Piovra 8 e una Piovra 9 , che fecero un passo indietro agli anni Cinquanta, con la scusa di raccontare l'infanzia del 'cattivo' Tano Cariddi.
Fu una operazione furba che riportò ascolto ma la Piovra non suscitò più scandalo e non fece più opinione.
Contro di lei continuarono a protestare soltanto sparuti uomini politici di serie B in cerca di pubblicità.
Forse bisognava mettere la parola fine sulla morte di Davide Licata e di consegnare per sempre la Piovra alla memoria degli italiani.
Se non altro, perché non c'è più nessuno a cui fare dispetto".
E così arrivo anche la Piovra 10, e qui quel Tano Cariddi nato che assomigliava a Michele Sindona e nel tempo trasfigurato nella grisaglia, il pallore, l' ingobbimento di Giulio Andreotti, fugge e incespica lungo i crepacci del vulcano Etna e alla fine muore tra le fiamme e la lava di una bocca eruttiva.
Il taciturno "sacerdote del male" porta all'inferno con sé l'archivio in floppy-disc che raccoglie cinquanta anni di storie di mafia, l'elenco degli uomini che l'hanno protetta, che ne sono stati asserviti o glorificati, i nomi degli assassini, le sigle degli affari sporchi, le cifre dei conti bancari.
Tutto distrutto, tutto cancellato, tutto bruciato nelle fiamme dell'Etna.
Silvia Conti il magistrato, che dovrebbe guarda da lontano e dice tra sé e al mondo: "E' tutto finito". Che sia finita allora, e per davvero.
Ma della Piovra nel bene e nel male se ne parlerà ancora.
"La Piovra ha radunato milioni di persone davanti al televisore perché, come accade alla letteratura media quando riesce a essere davvero popolare, ha rispecchiato senza troppi filtri ciò che succede intorno".
Così, Corrado Augias ha motivato qualche tempo fa il successo de La Piovra, la più esplosiva fiction mai realizzata dalla Rai. Un serial che ha avuto ben nove riprese tra il 1984 e il 1998 e che è stato proiettato in oltre ottanta paesi nel mondo.
Eroe solitario e disperato nella lotta violenta contro la Piovra (la mafia dai cento e più tentacoli) è il commissario Corrado Cattani impersonato con drammaticità da Michele Placido, un uomo disposto a scommettere tutto, compreso se stesso e la propria famiglia, per far trionfare la legge.
Un personaggio che non abbassa mai la guardia, che non cede agli sporchi compromessi e che sacrificherà la propria vita nella puntata finale de La Piovra 4. A sostituirlo nelle edizioni 5 e 6 è Vittorio Mezzogiorno nel ruolo di Vittorio Licata, poliziotto anticonformista che comincia a scardinare la mafia dall’interno, infiltrandosi in essa e utilizzando per combatterla metodi poco ortodossi ma efficaci.
Per La piovra 7 sono stati invece reclutati Patricia Millardet e Raoul Bova nei ruoli rispettivamente del giudice Conti e del vice commissario Breda.
Sempre Bova accanto ad Ansa Kling è stato protagonista de La Piovra 8 –Lo scandalo e La Piovra 9 – Il patto, che non sono però risultati all’altezza dei precedenti.
Agguerritissimo anche il team produttivo di tutta la serie de La piovra comprendente i registi Damiano Damiani, Florestano Vancini, Luigi Perelli, Giacomo Battiato e gli sceneggiatori Ennio De Concini, Sandro Petraglia e Stefano Rulli.
La Piovra si è dimostrata nel tempo un punto di riferimento imprescindibile per tutto il cinema e la televisione italiana ed europea che hanno trattato negli anni la tematica della denuncia civile e quella della lotta alla delinquenza.
Una delle storie di mafia più belle di sempre, roba popolare e artigianale ma che nn sfigura poi tanto nemmeno se viene paragonata alla saga del Padrino...
procuratevela in qualche modo (sopratutto la 3, 4, 5 e 6 serie, visionabili anche senza aver visto i primi due capitoli che parlavano di un mondo mafioso più ristretto e locale) e lasciatevi incatenare dal fascino dei suoi intrecci e della bellezza dell'eterna lotta tra bene e male, amore e odio...
fatevi cullare dalla malinconica colonna sonora di Morricone, prendete la mano a Cattani, Licata, Conti, Cariddi e lasciatevi portare nel loro mondo, sarà difficile uscirne una volta entrati...
a me nn resta che aspettare gli altri cofanetti in DVD, e come al solito bisogna guardare all'estero per averli (l'Olanda in questo caso), perchè gli zappielli Italiani nn capiscono che la Piovra nn è solo cinema popolare e soap-opera mafiosa...
la Piovra è anche un pezzo di storia, la nostra!
Per acquistare i DVD rilasciati ad oggi:
http://www.thrauma.it/elenco.php?dettaglio=dvd&genere=1083
"Te lo giuro Corrado, te lo giuro...
mai un passo indietro fino a quando non li avrò trovati tutti...i DVD!"
Fonti:
Dutchfilmworks
RaiTrade
Thrauma
altre troppe per elencarle tutte.
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