Nick: JennaKer Oggetto: Zì Peppe Data: 20/6/2003 1.18.20 Visite: 20
Marco aveva 21 anni, aveva scelto di fare il servizio civile e ora era stato assegnato ad una casa di riposo x anziani. Era una vera rottura di palle, soprattutto quando gli toccava il turno di notte, nn si riusciva mai a chiudere occhio, c'era sempre qulache vechietto che cadeva in bagno, qualcuno che si sentiva mal, a volte doveva chiamare il 118 e nn sempre la mattina quando lasciava l'edificio vedeva appeso alla ringhiera di un balcone qualche materasso, segno che una stanza si era liberata, ma sapeva che presto sarebbe stata di nuovo piena. Era una sera afosa di giugno. era l' seduto nella guardila a quardare la tv,girava in continuazione i canali, nn c'era niente di interessante. Stava quasi x addormentarsi, diede un'occhiata all'oroligio alla parete, erano le 2, decise di fare un giro x i corridoi x vedere che tutto era nella norma. Un russare continuo proveniva da alcune stanze, quando si accorse che da sotto la porta della 22 c'era ancora la luce accesa. Si insospettì, aprì la porta lentamente, con la paura di ricevere una brutta sorpresa. Era la stanza di zì Peppe, un vecchietto di 83 anni. Diede uno sguardo all'interno, e vide il vecchietto sulla poltrona sedudo davanti alla tv, che piangeva. Stava lì chiuso nel suo pigiama a righr che singhiozzava come un bambino. Marco entrò lentamente si avvicinò alla poltrona, mise una mano sulla spalla ossuta dell'uomo "Zì Pè! tutto bene?" L'uomo si girò, lo guardò negli occhi e continuò a piangere. Marco prese una sedia e si sedette vicino a lui. "Vi sentite bene? Volete che chiamo qualcuno?" Zì Peppe scosse la testa x dire di no. "Allora ditemi che tenete, xkè state così?" Il vecchietto tirò su col naso, cacciò il fazzoletto dalla tasca e ci sputò dentro. Con una voce ancora rotta dal pianto cominciò parlare "Tengo 83 anni, sono nato nel dicembre del '20, qui a poche centinaia di metri da qui" Marco pensò che gli aspettava una bella nottata di noia a sentire quello ke quell'uomo stava cominciando a raccontare. "Nel '38 stavo a casa con mia madre, era una mattina di febbraio, il 13, quando vennero degli uomini a casa. Entrarono come se la casa fosse loro e ci diedero la notizia che mio padre e mio fratello erano morti. Poi uscirono come se niente fosse accaduto. Mia madre con la faccia bianca mi guardava immobile, nn riusciva neanche a piangere. io ero lì seduto impaurito. Nn riuscivo a capire ancora cosa fosse accaduto. Rimanemmo tre giorni chiusi in casa, nessuno si fece vivo. Poi una notte sentii bussare, aprii e entrò un ragazzo. quello che ci raccontò fu orribile, mio padre e mio fratello di ritorno da lavoro erano stati fermati ad un posto di blocco dai tedeschi, avevano trovato mio padre in possesso di una pistola lui e nessuno di noi si era inscritto al partito. I tedeschi cominciarono a picchiarli, poi li caricarono su una camionetta li portarono in aperta campagna, gli diedero una pala x uno e gli fecero scavare due buche. Al termine del lavoro li fucilarono lì sul posto. Lasciando i loro corpì lì su quel terreno freddo. Rimasi x alcune notti senza dormire, nn sapevo che fare, quasi nn ci credevo. A Marzo vennero da me tre uomini della prefettura, mi presero, ho ancora le urla di mia madre nelle orecchie. Avevo paura, paura che mi uccidessero. Invece no, mi portarono in un picclo paese del cilento Alfano. c'erano appena 500 anime. Tuute le mattine e le sere andavo a firmare in caserma, a pranzo passavano loro da me. Stetti lì x 2 anni, 2 anni allucinanti. Nn terminai mai gli studi anche se lì avevo tutto il tempo che volevo. Poi decisi di scappare una notte, 5 giorni x giungere a Salerno. Nn sapevo che fare. In città trovai ospitalità presso una famigli, due persone anziane che avevano i figli in africa. Stetti con loro x lungo tempo, a volte mia madre miveniva a trovare. Ma vivevo sempre nella paura che qualcosa petesse andare male e fossi catturato nuovamente. Nel '42 correva voce che qualcosa al nord cominciava a cambiare. C'erano persone che sulle montagne si organizzavano x combattere i fascisti. Decisi di partire, lo sapevo che era difficile. Dopo un mese tra viaggi in vagoni merci, vie desolate di paesini di cui nn ricordo neanche il nome, giunsi a Carpi in provincia di Modena. Entrai in un'osteria e lì due uomini mi si avvicinarono, pensai che fosse finita e invece cominciò x me una nuova vita. Fui portato a Firenze e da lì su negli appennini. cambiai vari gruppi di combattenti. Molti miei amici furono uccisi. Nel '45 credevamo che potevamo creare uno stato migliore eravamo entusiasti, avevamo vinto! Le cose nn andarono proprio come volevamo, ci furono accordi vari, cedemmo le armi x il bene della Nazione della nuova Repubblica che era nata. Nel '48 ritornai a casa, con nn molta sorpresa scoprii che il prefetto era ancora lo stesso che mi aveva confinato, Palmiro ministro della giustizia aveva fatto una sanatoria. Gente con la camicia nera ora li vedevi seduti lì fuori al bar sotto un manifesto con lo scudo crociato. Ti sorridevano, qualcuno ti stringeva anche la mano. E mò a 83 anni esce questa persona x televisione, con la dentiera + bella della mia, con la sua faccia di gomma, e dice ci dobbiamo vergognare di essere comunisti. Che i comunisti vanno eliminati, forse come hanno eliminato la mia famiglia." Zì Peppe spense la tv e continuando a piangere si mise a letto. Marco si alzò spense la luce, ma zì Peppe gli disse "Può rimanere accesa almeno x stanotte?" Marco la riaccese chiuse la porta. E tornò al suo posto nella guardiola.
|