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Nick: Cyrano622
Oggetto: Una notte tropicale
Data: 15/10/2005 14.11.30
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Il sole ormai era tramontato, ma l'aria afosa e resa appiccicosa dalla forte umidita rendevano la situazine insopportabile. il sudore segnava le fronti degli astanti e forse anche la mia, a ricordo di quello che era stato un pomeriggio torrido. Il bar era sulla spiaggia, sporgendo il braccio dla parapetto ti sembrava di poter nuotare in quel mare danantamente azzurro. Il tavolo di tresette era così composto, Henry Charles sedeva di fornte a me, ma nel giro si faceva chiamare PJ, alla mia destra in un abito di lino bianco sedeva il Lupo con la sua smorfia di plastica immutabile ed inespressiva, i suoi occhi di ghiaccio fissi e persi nell'orizzonte ed il panama bianco a celare la calvize, sembrava un vecchio mezzo busto del duce, si ne era la fedele riproduzione di quel simbolo del regime iconoclasta. Alla mia sinista sedeva obeso e rialssato nella sua camicia di seta variopinta e sudata, che sembrava un Budda in versione hippy, il cinese. I suoi capelli radi ed unticci ben si sposavano al personaggio che nel complesso era un pugno agli occhi, anzi un pugno alla bocca dello stomaco, a guaardarlo intensamente ti toglieva il respiro come un destro ben assestato, ed anche l'odore caratteristico d'aglio che lo accmopagnava, maledetto cinese, contribuiva a rendere l'atmosfera ancora più opprimente di quanto non lo fosse già. Ed in fine io con la mia camicia alla coreana, il vestito di lino nero gessato, il borsalino e gli immancabili stivaletti bianchi. Lei l'avevo lasciata nella sala da ballo li da presso, bella come non mai, nel sottile abito di seta nera che ne esaltava le forme e qui sandaletti di cuio nero che si intrecciavano salendo verso le caviglie sottili mettendo in riasalto i peidi affusolati e le gambe sinuose, quella sera non avevo voglia di ballare. PJ smazzo le carte, aspettai che le avesse distribuite tutte e le raccolsi lentamente presagendo qualcosa di anomalo. Le apri con molta flemma e le sistemai accuratamente. C'era qualcosa che non andava, la radio urlava un vecchio Son Cubano che alle mie orecchie giungeva stranamente staziato e lacerante tanto da rendermelo insopportabile. Ora anche il fumo dei Montecristo, dalle mille essenze carmellate, mi dava la nausea. Mi bagnai la bocca col ron ma una fitta allo stomaco mi fecce posare in fretta il bicchiere, stavo quasi per vomitare e il dolore si faceva sempre più lancinante, era coem se qualcuno mi stesse tagliando a pezzi le budella con un coltello sdentato. Osservai con maggiroe attenzione le carte un ventinove a coppe piombo, ogni buon giocatore sa che se ti viene un ventinove a coppe piombo c'è qualcosa che non va, era il segnale che aspettavo. Mi alzai di scatto e, incurante delle proteste del tavolo, mi diressi deciso verso la balera. Lei non c'era più, c'era d'aspettarselo. Mi diressi verso casa, sicuro di trovarla lì. La strada era breve e la percorsi lentamente, quasi volando, sospeso in quella maledetta umidita che la potevi tagliarla col coltello, mentre i vestiti si appiccicavano smepre di più addosso. La casa dall'intonaco bianco grezzo e con le finestre celesti tradiva le origini di quella alcova che un tempo fu di pescatori. Apri la porta con un tonfo, sordo. Lei era lì nel letto, avvinghianta alle spalle del garzone mulatto, le sue mani graffiavano la sua schiena. Presi una sedia e mi misi a sedere lì tra la porta ancora spalancata ed il letto e mi versai un altro bicchiere di rum. I due, nascondendosi dietro le lenzuola bianche e protaendo le braccia in avanti come chi sta chiedendo di essere perdonato, sputarono fuori un torrente di parole che le miei orecchie si rifiutavano di raccogliere. Il mio cappello era lì poggiato sulla spalliera del letto. Il rum era finito non mi restava altro da fare estrassi la pistola e feci fuoco. La prima fu, lei l'amavo troppo per lascirle il tempo di capire. Un solo colpo diritto in fronte. Poi lui, un colpo dirtto al cuor. Lo colpi alle spalle, poveraccio voleva rifugiarsi dall'altra parte del letto, sul pavimento verso la finesta. Le lenzuola cominciarono a colorarsi lentamente di rosso, fino a diventare color della porpora. Mi alzai presi il cappello e usci dalla porta. C'era una mano di tresette che mi aspettava.
Dalla finestra aperta che dava sul mare una leggera brezza entrava a rinfrescare la mia fronte sudata e a placare l'agitazione del mio animo. Lei era lì che dormiva serena come Venere distesa sul golfo. La sua testa sul mio petto e il mio braccio che cingendole la schina finiva nella mano che ne accarezzava il fianco. Il profumo dei suoi capelli arrivava distintamente al mio naso, inibriandolo. I primi raggi di sole entravano timidi nella stanza solpendo i contorni dei suoi fianchi rotondi mentre sentivo i suoi seni grossi e sodi sfumavano dolcemente verso di me. Tutto si dissolse. Un brutto sogno. I primi ricordi di una lunga notte d'amore mi riportarono piacevolemnte alla realta. Avevo visto nasce la'urora dai suoi seni e l'alba sorgere dai suoi fianchi. Lei si sveglio per un istante "Cosa succede?". "Nulla- risposi - rimettiti a dormire, amore" le baciai la fornte e le abbraccinadomi più forte richiuse gli occhi verdi e riprese a dormire dolcemnte. Le sue labbra sapevano di rum e sul comodino il Montecristro continuava a fumare.
P.R. alias Cyrano622
"Ho messo la testa dove gli altri non osavano mettere nemmeno i piedi"
J.P. Rives
