Nick: NEVERLAND Oggetto: re:68 Pensieri sul '68 Data: 11/5/2004 15.18.43 Visite: 43
Dissacrare i dissacratori questo è l’obbiettivo che si prefigge Marcello Veneziani, per sua stessa ammissione, nel suo pungente e corrosivo pamplet. Iniziamo col dire che, a parte "Processo all’Occidente", Veneziani è nato, con la sua verve polemica e con la sua strabiliante capacità parossistica e ossimorica, tipica di ogni giocoliere e funambolo della parola, per scrivere pamplet. In effetti 68 pensieri sul 68 non ha tradito le pur pretenziose aspettative dei lettori di Veneziani, affascinati dalla sua penna, ma anche dalla lucidità con cui volgarizza e traduce "criptici" e fumosi concetti che sempre hanno albergato nella destra. Chi possiede nel sangue quelle idee non scritte di cui tanto si parla a destra, quando legge Veneziani rimane stupefatto per la semplicità con cui certe idee sempre solo abbozzate e subodorate, ma rimaste inespresse perché sfocate nei loro contorni, emergono con linearità e semplicità dalla penna di Veneziani. Ma torniamo al libro…una critica spietata non tanto al 68, quanto alle promesse mancate di un movimento che nasceva antiborghese, ma che, alla fine, realizzò una rivoluzione nettamente intraborghese. Due infatti sono le tesi portenti dell’intero pamplet, due sono i tabù sessantottardi che Marcello Veneziani si sforza ironicamente, e con successo, di abbattere: il 68 non fu una rivoluzione e i suoi fautori non furono dei rivoluzionari e queste tesi sono corroborate non solo dal piano ma affascinante riflettere di Veneziani, ma da citazioni di autorevoli rappresentanti del mondo culturale della sinistra. Veneziani comincia con il ricordare, sornione, che il 68 che si crogiolava del suo millantato parricidio, dello stravolgimento di ogni valore, altro non è stato che l’estrema propaggine di un secolo che è stato attraversato dal culto dell’uomo nuovo e dell’ordine nuovo sia nelle sue versioni comuniste, sia nelle sue versioni fasciste. Nihil novi sub sole, quindi. Ma cose ciò non bastasse l’affondo viene immediatamente e dalle riflessioni sul 68 di due autori antitetici, ma che si ritrovarono nella valutazione, poco conciliante e generosa, dei quel clima e di quel periodo: Pisolini (si potrebbe dire visto da sinistra) e Del Noce ( si potrebbe dire visto da destra). Entrambi gli scrittori, nauseati da questi "signorini insoddisfatti" come li avrebbe definiti Ortega Y Gasset, guardandoli con una punta di compassione, ritengono che essi abbiano usato "contro il neo capitalismo armi che portano in realtà il suo marchio di fabbrica e sono quindi destinate a rafforzare il suo dominio. Essi credono di spezzare il cerchio e invece non fanno altro che rinsaldarlo". Insomma, per quelle, ricorrenti nel corso della storia, strane eterogenesi dei fini, essi non hanno fatto altro che far compiere il passaggio alla borghesia dal suo vecchio universo cristiano-morale, un po’ ipocrita ma ancora legato ad un residuo mondo di valori religiosi, morali, sociali e nazionali, ad una borghesia indifferente e spregiudicata, priva di valori e di pudori. Che tipo di uomo voleva il nuovo potere capitalistico? Un consumatore apolide e sradicato…il 68 glie lo ha confezionato. Ma il 68 non fu solo un clima, fu anche una generazione e più precisamente una generazione "convinta che il cosmo girasse intorno al proprio ombelico" e, dopo l’ubriacatura sessantottina, dopo la fine delle illusioni, abbandonata ogni velleità rivoluzionaria, ai sessantottini è rimasto di quel periodo solo l’egocentrismo e la sixtyeight card con la quale hanno avuto accesso a tutti i posti di potere in Italia. Una pensione di guerra…per la finta guerra metropolitana condotta da questi guerriglieri annoiati che ora ammorbano e annoiano noi, pontificando da giornali e televisioni. Un filosofo rivoluzionario molto lungimirante di fronte ad un corteo di sessantottini urlò schifato "diventerete tutti notai". Si sbagliò, divennero tutti notabili della politica, del teleschermo e dei giornali: non ci vogliono titoli particolari e si guadagna bene!!! Insomma il 68 visto non come reazione allo spirito del tempo, ma come un suo sottoprodotto, il cui slogan per antonomasia "vietato vietare" più che lasciare un’impronta, fornì un’accelerazione al processo commerciale, industriale e consumistico in corso, di cui fu il "supplemento d’anima" . Tirando le somme, Marcello Veneziani, si chiede quale sia l’eredità del 68, di questa contestazione i cui esiti sono stati favorevoli al consolidamento del sistema che in apparenza combatteva. Il bilancio è tragico. Dall’immaginazione al potere, all’allucinazione al potere, o meglio al potere dell’allucinazione…cioè la tossicodipendenza, fenomeno sociale legittimato come rifiuto della realtà nel nome del sogno, del desiderio e della trasgressione. La droga doveva essere un viaggio, una fuoriuscita e un rifiuto della società dei consumi e divenne consumismo sfrenato, autoconsumismo e, per molti, per troppi, autoconsunzione. Altri regali furono aborto, femminismo, diritto dei gay e legalizzazione della droga. Infine l’estetismo di massa, il dilagare dell’estrosità che da fenomeno necessariamente singolare diviene fenomeno seriale, depotenziato e quindi omologante. Oggi cosa abbiamo? L’ulivo del 98..trenta anni in più e un po’ di pancetta, deformato e privo di slanci ma sempre gli stessi personaggi e gli stessi tipi umani: Walter Veltroni che dopo essere stato un guevarista ora ha il doppio mento e la nutella, D’Alema che dalle bottiglie molotov è passato allo champagne, Boato lottacontinuista a cui di esplosivo è rimasto solo il cognome e via andare. Insomma fuochi fatui, residuati bellici, illusioni ottiche nelle terre dei morti. L’invito di Veneziani, che comunque è nato nel mito del 68, è rivolto ai giovani di Destra per un nuovo 68, ma fatto da individui che vogliono mutare il reale e non abolirlo, che vogliono un apocalisse e non un posto. Come cominciare? Un nuovo ateismo radicale, quello nei confronti dell’IO, che la generazione sessantottina egocentrica glorificò, deificò e adorò sopra ogni cosa. Un esempio? Jan Palach, eroe e martire anticomunista a cui è dedicato il libro, "l’unico sessantottino che scontò la protesta sulla propria pelle". Gli altri incendiarono il mondo pensando a se stessi. Lui incendiò se stesso pensando al mondo. Lui affrontò i carri gli altri la carriera. CAMERATA NEVERLAND PRESENTE (era da tempo che volevo farlo)! ONORE A ME, MAGICO, FRATMO DI ME STESSO, NON MOLLERO' MAI! |