Nick: Zanardi Oggetto: By Bukowski7 Data: 12/9/2007 17.24.3 Visite: 82
Mohammed Atta. Chi era costui? (O, a seconda dei punti di vista: chi è?) E’ un papiello inimmaginabile, ma è molto interessante (spero). Se non vi va di leggerlo, nessuno vi costringe. Iniziamo dal principio… Probabilmente esistono 4 modi per cercare di capire le cose: la verità (soggettiva) la realtà (che si basa su dati oggettivi, i quali però a loro volta sono raccolti da esseri umani, e che quindi dipendono da una diciamo "visione d’insieme" di verità soggettive) la fede (per chi ne ha) la paura (…) E’ molto improbabile che si arrivi ad una soluzione se si utilizzano tutti e 4 i fattori. La cosa migliore da fare, in certi casi, quando chiedersi cosa è successo diventa un dovere, anche quando la paura ci impedisce di chiedercelo, è prendere più versioni della realtà oggettiva, e confrontarle. I dati ufficiali, su un evento come quello dell’11 settembre, sono ovviamente moltissimi. La maggior parte dei dati ufficiali erano in circolazione fino al 18 settembre, data di approvazione del Patriot Act, la legge americana anti-terrorsimo, che prevede, tra la varie cose, la possibilità di incarcerazione tutelativa da parte dei servizi segreti americani su tutto il territorio internazionale (il buon vecchio "O con noi o contro di noi" che disse Bush durante il suo discorso per il Patriot Act) anche senza prove, fino a 2 mesi di reclusione, e l’attribuzione di "segreto di stato" a qualunque documento. Questo ha fatto si che le versioni ufficiali dei servizi segreti americani fossero diffuse e rese pubbliche dagli stessi agenti, ai quali al momento erano chieste risposte. Com’è stato possibile che il sistema di difesa aerea più efficiente del mondo non abbia reagito in tempo per fermare quei 4 aerei? Com’è possibile che i servizi segreti più efficienti del mondo non siano stati in grado di accorgersi di cosa stava accadendo (se si pensa ad Echelon, appare davvero impossibile). In pratica, dal 18 settembre, tutto ciò che la CIA, la DIA, l’FBI o il Governo stesso degli Stati Uniti d’America, va preso come oro che cola, e chi ne dubita potrebbe essere additato come "nemico della libertà" o "amico dei terroristi". Certo che oggi si è fatto un gran parlare dell’11 settembre 2001, ed è giustissimo, non foss’altro perché è decisamente il giorno in cui siamo entrati davvero nel 2000, il giorno in cui il mondo è cambiato, il giorno in cui la guerra globale, un tempo silenziosa, è stata "spettacolarizzata", resa pubblica, innegabile, direttamente nelle nostre televisioni. Certo sarebbe per lo meno corretto, da parte degli organi di stampa internazionali, ricordare ogni 6 agosto i quasi 350.000 morti di Hiroshima e Nagasaki, o ricordare ogni 26 dicembre, in pieno Natale, i 250.000 morti a causa dello tsunami. Come al solito, sembra che il sangue non sia mai dello stesso colore. Ma gli equipaggi ed i passeggeri dei voli 11, 175, 77 e 93, i pompieri ed i poliziotti che non ci hanno pensato due volte a gettarsi in quell’inferno di polvere, i morti al Pentagono, quelli nelle Torri e quelli nel Palazzo 7 del WTO, anche loro meritano di sapere cosa è successo davvero quel giorno. Probabilmente molti di noi non si sono nemmeno chiesti (magari chi sta leggendo se l’è chiesto, ma quest’è un altro paio di maniche) chi fossero questi dirottatori, probabilmente molti di noi non sanno nulla di queste persone (14, 18, 19, 20 o 22 a seconda di a quale versione dell’FBI vogliamo credere). Non si tratta di cercare una soluzione, di strane improbabili teorie, si tratta solo di farsi delle domande. Le domande, ci è stato insegnato, sono la dimostrazione dell’intelligenza dell’uomo. E allora facciamocele, queste domande, e vediamo quali sono le risposte ufficiali che ci sono state fornite. Dal momento che le versioni ufficiali dei fatti presentano delle stranezze a dir poco paradossali, appare importante farsele, certe domande. Superare per un attimo la paura che ha fatto si che non ci si ponesse queste famose domande. Nello specifico appare davvero assurda la versione ufficiale dei fatti per quanto riguarda il ruolo dei terroristi sugli aerei (ovviamente non è l’unica cosa, ma è di questo di cui nel momento mi va di parlare). Chi erano? Quanti erano? Come si è arrivati a capire così velocemente chi fossero? Com’è possibile che siano riusciti a fare tutto questo da soli? Domande a cui l’FBI non sempre ha fornito risposte e, quando le ha fornite, appaiono imbarazzanti, in alcuni casi ridicole. Ma chi era insomma questo Mohammed Atta? Cominciamo dall’inizio (lo so, è lunghissimo…scusate!). (Tra parentesi ho indicato le fonti delle informazioni, in modo tale da rispettare quella "oggettività" di cui ho scritto prima). Nelle settimane successive all’11/9 diversi organi di informazione diffondono notizie allarmanti: alcuni dei presunti terroristi, secondo la lista diffusa dall’FBI, sarebbero ancora vivi (Lisa Getter, Elizabeth Mehren, "FBI chief raises new doubts over hijackers’ identities", Los Angeles Times, 21 settembre 2001; l’articolo prosegue il 23 settembre, stessa testata). Saeed Alghamdi è un pilota delle linee civili tunisine, Ahmed Alnami lavora nelle linee aeree arabo-saudite, Salem Alhazmi, privo di passaporto dal 1998, lavora per una compagnia petrolifera in Arabia Saudita, e così via. Le famiglie non riconoscono le foto dei presunti dirottatori, e in alcuni casi sono state fornite diverse foto riferite alla stessa persona anche se si vede ad occhio nudo che è impossibile che si tratti di quella persona stessa (in "Some light shed on Saudi suspect", Washington Post, 25 settembre 2001). La stessa stampa americana ha sollevato dubbi e acceso polemiche quando l’FBI ha cercato di far passare ad esempio Ziad Jarrah, libanese, per un terrorista, sulla base di una foto bruciacchiata ritrovata tra i rottami del volo 91, anche quando la famiglia stessa ed i servizi segreti tedeschi, documenti alla mano, hanno dimostrato che non si poteva trattare assolutamente di lui (Hijacking suspect’s family claims mistaken identity, CNN, 18 settembre 2001). L’FBI è stata dunque molto fortunata a riuscire a recuperare le foto dei 19 dirottatori (il numero oscilla tra i 19 dirottatori "esecutivi" e i 24, se si considerano gli appoggi esterni) tra le macerie degli aerei. Tuttavia non si spiega come mai, mentre sono stati recuperati i DNA di tutti i passeggeri dei 3 voli (di quello che sarebbe finito sul Pentagono, invece, lasciando solo dei pezzi di metallo ed un buco di 3 metri nel muro, non si hanno notizie) non si sono mai cercati i DNA dei presunti dirottatori, cosa che indubbiamente, converrete, avrebbe permesso di capire davanti a chi ci stessimo trovando. Come si è arrivati dunque a capire chi fossero? Il più veloce di tutti sembra essere David Tenet, direttore della CIA che la mattina dell’11/9 era a colazione col senatore David Boren, il quale affermerà ("Terror Hits the towers", ABC news, 14 settembre 2002) che Tenet, subito dopo essere stato avvisato dell’impatto dell’aereo con la prima torre, avrebbe detto "Questo ha le impronte di Bin Laden ovunque". Questo mentre anche il Presidente Bush ed il segretario della difesa Rumsfeld, secondo loro dichiarazioni, credevano si fosse trattato di un incidente. Nel pomeriggio Rumsfeld viene a sapere che 3 dei passeggeri sono sospettati di essere membri di Al Quaeda, e ordinò all’FBI di cercare ogni indizio possibile ("Giudicate se le prove sono abbastanza buone per colpire anche Saddam. Non solo OBL, non andate per il sottile, ramazzate tutto, cose collegate e non" – Plans for Iraq attack began on 9/11, CBS, 4 settembre 2002). Il 13 settembre l’FBI dichiara di conoscere l’identità dei 18 (Hani Hanjour verrà aggiunto solo il giorno dopo, in quanto pare essersi imbarcato con una falsa uniforme da steward…). Non è chiaro come si sia arrivati a questa conclusione. La stampa americana accusa l’FBI di aver svolto indagini troppo frettolose, ma l’FBI risponde di avere delle prove inconfutabili. Andiamo a vedere quali sono (finalmente entra in gioco Mohammed Atta). Il 12 settembre John Ashcroft (Ministro di Giustizia del Primo Governo Bush) dichiara che il passaporto di uno degli attentatori, Satam al Suqami è stato ritrovato "bruciacchiato, ma riconoscibile", ad alcuni isolati di distanza dalle Torri Gemelle, sopravvivendo quindi ad un rogo che avrebbe fatto crollare le Torri stesse, e che avrebbe bruciato le scatole nere (progettate per resistere per oltre mezz’ora ad un calore di oltre 2000 gradi Fahrenheit). Il passaporto quindi sarebbe volato via dall’aereo prima dell’impatto, non si capisce bene se sia volato fuori dalle sue tasche, da una valigia, o dalle sue mani (può sempre darsi che lo stesse sventolando, non si sa mai quante ne inventano questi terroristi). Altro indizio: un uomo, di identità ignota, litiga con due arabi all’aereoporto di Boston per una questione banale. Il giorno dopo l’FBI, grazie alle presunte indicazioni di quest’uomo, riesce a ritrovare la macchina di Marwan Alshehri, all’interno della quale vi sono un manuale di volo (forse per un ripasso veloce prima della partenza) documenti e numeri di telefono dei sospetti dirottatori, e la valigie di Mohammed Atta (che tuttavia si è imbarcato da Portland, e non da Boston) (Port safety director defends Logan system, Albuquerque Tribune, 12 settembre 2001; The attacks, the investigation, New York Times 13 settembre 2001). Ma è il contenuto della valigia di Mohammed Atta, presunto capo e mente dei dirottatori, a far riflettere. All’interno delle valigie, infatti, l’FBI dichiara di aver trovato: un simulatore di volo portatile, un manuale di procedure virtuali per Boeing 757 e 767, un Corano, un calcolatore di volo manuale, alcune videocassette con simulazioni di "giri di volo", ma soprattutto il testamento di Mohammed Atta ed una specie di promemoria, prontamente diffuso dall’FBI, scritto in inglese, che sarebbe una specie di "Manuale del perfetto dirottatore". Altre due copie di questo "promemoria" verranno ritrovate tra i rottami del volo 93 (per un ripasso veloce in inglese prima che l’aereo prenda fuoco e tutto si distrugga tranne questo promemoria stesso) e in un’auto noleggiata dai presunti dirottatori e parcheggiata all’aeroporto di Washington. ("Hijackers’ step-by-step, CBS, 28 settembre 2001). Una parte della stampa americana è incredula. Molti giornalisti verranno licenziati (ad esempio, "Robert Fisk – What Muslim would write "the time of fun and waste is gone?", Indipendent, 29 settembre 2001). Non è ben chiaro come mai Atta avrebbe dovuto conservare tali documenti (soprattutto se si pensa che non parla molto bene l’inglese) in una valigia da spedire verso Los Angeles, dove era sicuro non sarebbero mai arrivate; è solo infatti tramite un errore di imbarco che ne permette il ritrovamento. Sarebbe poi stato per lo meno imbarazzante essere ritrovato, ad un’eventuale perquisizione, in possesso di un documento che spiega passo dopo passo come dirottare un aereo, soprattutto pensando che erano mesi che stavano progettando un tale precisissimo attacco? Il documento è davvero imbarazzante. Vi si trovano consigli su come vestirsi ("Allacciati le scarpe ben strette e indossa i calzini, in modo che le scarpe ti stiano comode") sulla cura del corpo ("Dio ha detto che è sempre bene essere sbarbati, così è scritto nel Libro"), su cosa portare con se’ ("Il bagaglio, i vestiti, il coltello, i documenti ed il passaporto") vari insulti rivolti all’Occidente ("Le civiltà occidentali amano il denaro e sono molto deboli nel loro animo"), immancabili richiami al Corano ("Le vostre ultime parole dovranno essere che non c’è altro Dio all’infuori di Al Lah e che Maometto è il Suo Profeta"), storia dell’Islam ("Come disse Mustafà, uno dei seguaci del Profeta") (il testo completo è stato pubblicato da "Der Spiegel", e pubblicato in appendice a "Inside 9-11", New York, 2002, pagine 307-313; l’originale tedesco è del 2001). Le incongruenze sono moltissime, a partire dalla banale domanda "perché spiegare chi è Mustafà, ad una persona che sicuramente saprà il Corano a memoria?" Ma soprattutto: qualunque studioso di Islam sa che non esiste nessuna Sura del Corano sostiene una corretta cura della propria barba (basta pensare a Bin Laden stesso). Chiunque abbia scritto il documento doveva trovarsi davanti ad una copia inglese del Corano –che di per sé è un documento difficilmente traducibile in lingue diverse dall’arabo, in quanto si presta a molte interpretazioni- ed avrò interpretato male la Sura di Al-Fatah ("La vittoria"), ("Se Allah vuole, entrerete nella Santa Moschea con la testa rapata o i capelli tagliati"). Nel pellegrinaggio islamico, raparsi la testa (in inglese "To shave head", mentre "to shave" e basta significa "radersi") è il segno di penitenza che si fa alla fine del viaggio ("Sura XLVIII del Corano"). Inoltre, l’ultimo grido che kamikaze musulmani devono proferire in vita loro per vedersi aprire le porte del Paradiso è "AllahulAkbar" (difficile da trascrivere in italiano), cioè "Dio è grande", e non certo "Non c’è altro Dio all’infuori di Al Lah, e Maometto è il suo Profeta", che sono invece le parole che si pronunciano durante le preghiere). (In foto: Mohammed Atta all'aeroporto di Portland, unica immagine esistente dell'imbarco dei presunti dirottatori. Da Portland poi sarebbe arrivato a Boston, dove sarebbe poi salito sul volo 11 delle United Airlines. Non si spiega come mai non abbiano preso un volo diretto da Boston, rischiando di perdere la coincidenza da Portland -che era di soli 45 minuti) e come mai non ci siano foto del loro imbarco a Boston. Forse non sono mai saliti su quell'aereo?Boh!) Arriviamo poi finalmente al testamento di Mohammed Atta, scritto in arabo classico (Atta era -o è -egiziano) (lo trovate in "Inside 9-11, pagine 262-304). Si pare sorprendentemente con l’invocazione "Nel nome di Dio Onnipotente", il che lo rende da subito ridicolo. Chiunque abbia una minima infarinatura di cultura musulmana sa infatti che Al Lah non è mai indicato come "Onnipotente", appellativo che viene riservato invece dai cristiani a Dio, e che tutti i documenti di fede islamica -a partire da ogni Sura del Corano ad eccezione della IX- iniziano con la "Basmala", che recita "In nome di Al Lah, il Compassionevole e Misericordioso". Al Lah non viene mai indicato, in nessuna parte del Corano, come Onnipotente. La Basmala è inoltre d’uso più che comune, nel mondo musulmano, ed è quindi assurdo che un credente che arrivi al punto di sacrificare la propria vita per la sua fede abbia potuto commettere un tale errore. Uno dei punti principali del testamento di Atta riguarda la cura del proprio corpo dopo la morte. Nonostante infatti Atta sapesse, a quanto pare, che stava per schiantarsi contro le Torri Gemelle, e che sarebbe stato divorato dalle fiamme, da’ precise indicazioni su come vorrebbe fosse trattato il suo corpo una volta morto. Anche qui qualcosa puzza: un funerale musulmano è un evento ritualizzato che non da’ spazio ad iniziative personali, che prevede una serie di riti che rappresentano una prescrizione; non rispettarli equivarrebbe a vedersi chiuse le porte del Paradiso. Il quadro che appare è disarmante. Davvero Mohammed Atta si sarebbe suicidato in nome di una religione di cui non conosceva i fondamenti? O forse siamo davanti ad un depistaggio? La risposta non ci è data saperla. Ma almeno ci siamo fatti una domanda. A questo punto sarebbe piacevole parlare degli spostamenti di Atta (anzi, dei DUE, Atta, perché a quanto pare sembra ce ne fossero due…), monitorati passo dopo passo dalla CIA, o del perché gli sia stato permesso di acquistare un biglietto nonostante fosse ricercato dalla Polizia per alcune multe non pagate, e dall’FBI in quanto sospetto membro di Al-Quaeda, o degli spostamenti di ingenti somme di denaro tramite la Bank of Florida, ma sinceramente già credo di avervi ammorbato non poco (per quelle 2-3 persone che hanno letto tutto). E soprattutto, sono cose che trovate facilmente su qualsiasi libro o sito, basta avere un po’ di pazienza (addirittura molte cose si trovano sui siti della CBS, della CNN, del New York Times, e così via). Si, lo so, è troppo lungo. Però vale la pena leggerlo (spero). Tutti abbiamo una parte femminile, è vero. La mia è lesbica. |