Nick: Viola* Oggetto: la saggina Data: 14/11/2007 1.21.45 Visite: 53
o melga che dir si voglia ecco, mò potete giocare, sarà bello Tipica lavorazione del periodo invernale, che richiede, oltre ad una buona abilità tecnica, una notevole forza. Ho appreso questa tecnica da mio padre (Gaetano Comi 1921-1997); coltivava la Melga e realizzava con questa le scope per uso proprio. Le scope di Melga rientravano tra i prodotti che quasi tutti i contadini erano in grado di produrre. Aspettavano l’inverno, quando il tempo freddo e nevoso non permetteva loro altro tipo di lavoro, e andavano nelle stalle a costruire queste scope. La melga si semina in primavera in file di 50 cm. La raccolta e la pulitura dalle foglie vengono effettuate in autunno per poi fare dei mazzi da appendere ad essiccare fino all’inverno. I fusti della Melga vengono ripuliti dai semi e dalle foglie, si passa poi alla legatura di un mazzetto avente un diametro di circa 5 cm con salice o corda. Lungo i fiumi o semplicemente nei luoghi umidi troviamo un prodotto naturale: il salice. Usare, in questo caso, i rami dell'anno (germogli che non hanno ancora consistenza legnosa) e con diametro atto alla loro lavorazione. Tagliati dalla pianta, sono subito utilizzabili. In questo modo il salice non perde la sua particolare caratteristica: la flessibilità. E' utilizzabile proprio come una corda: fermare una estremità, arrotolare con più giri il resto del rametto attorno al mazzetto di melga e infilare la cima avanzante all'interno della legatura stessa. Occorrono tre di questi mazzetti per fare una scopa. Si uniscono questi 3 mazzetti e si legano fra di loro nella parte superiore con la corda per favorire una prima strozzatura e poi si procede con il salice per la legatura finale. Si elimina la parte di fusto eccedente e la scopa è così fatta; basta inserire un manico di castagno opportunamente stagionato e scorticato. "quanti amarono i tuoi istanti di lieta grazia e amarono la tua bellezza con falso e vero amore, ma un solo uomo amò in te l'anima pellegrina e amò il dolore del tuo mutevole volto" W.B. Yeats |