Nick: zopar Oggetto: re:LA POESIE KE VI HA + COLPITO Data: 8/7/2004 13.19.48 Visite: 23
Eccoti accontentata la traduzione di Giorgio di Simone (scrittore di parapsicologia nonchè docente di architettura alla fedII, dovrei altre traduzioni a casa ma dovrei trascriverle e non ho tempo di cercarle su google ora che sono in ufficio, ma cmq nel tradurre per quanto sia bravo il traduttore qualcosa si perde sempre...) Il battello ebbro Traduzione dal francese di Giorgio di Simone Poiché discendevo dei Fiumi impassibili, Non mi sentii più guidato dai barcaioli: Dei pellirosse urlanti ne avevano fatto bersagli Inchiodandoli nudi ai pali di colore. Non mi preoccupavo di tutti gli equipaggi, Portatore di frumenti fiamminghi o cotoni inglesi. Quando, insieme ai miei barcaioli, finì questo chiasso I Fiumi mi hanno lasciato scendere dove volevo. Nei furiosi sciabordii delle maree Io, l’altro inverno, più sordo dei cervelli infantili, Corsi! E le Penisole salpate Non hanno subito tohu-bohus più trionfanti. La tempesta ha benedetto i miei risvegli marittimi. Più leggero di un tappo ho danzato sui flutti Che si chiamano eterni rotolii di vittime, Dieci notti, senza rimpiangere l’occhio sciocco dei fanali! Più dolce che per i bimbi la polpa delle mele pure L’acqua verde penetrò il mio guscio d’abete E macchie di vini blu e di vomito Mi lavò, disperdendo timone e rampino. Da allora mi sono immerso nel Poema Del Mare, infuso d’astri, e lattescente, Divorando i verdi azzurri, ove, fluttuazione livida E rapita, un pensoso annegato a volte discende; Dove, tingendo d’improvviso le azzurrità, deliri E ritmi lenti sotto il rutilare del giorno, Più forti dell’alcool, più vaste delle nostre lire, Fermentano i rossori amari dell’amore! Conosco i cieli crepati in lampi, e le trombe E le risacche e le correnti: conosco la sera, L’Alba esaltata come un popolo di colombe E qualche volta ho visto ciò che l’uomo ha creduto di vedere! Ho visto il sole basso, macchiato di orrori mistici, che illuminava lunghe rigidità viola, Simili ad attori di drammi molto antichi Mentre i flutti svolgevano lontano brividi di volate! Ho sognato la verde notte dalle nevi abbagliate, Bacio che sale agli occhi dei mari con lentezze, La circolazione di linfe inaudite, E il risveglio giallo e blu dei fosfori cantori! Ho seguito, per mesi completi, simili alle stalle isteriche, I marosi all’assalto degli scogli, Senza pensare che i luminosi piedi delle Marie Potessero forzare il grugno degli Oceani asmatici. Ho urtato, sapete, incredibili Floride Mischiando ai fiori occhi di pantere a pelle D’uomini! Arcobaleni tesi come briglie Sotto l’orizzonte dei mari, a glauchi armenti! Ho visto fermentare le paludi enormi, nasse Ove marcisce fra i giunchi tutto un Leviatano! Dei crolli d’acqua in mezzo alle bonacce E i lontani versi degli abissi in cataratta! Ghiacciai, sole d’argento, flutti di madreperla, cieli di brace! Orride secche in fondo ai golfi bruni Dove i serpenti giganti divorati da cimici Cadono, dagli alberi ritorti, con neri profumi! Avrei voluto mostrare ai bimbi quelle orate Del flutto blu, quei pesci d’oro, quei pesci cantanti. - Schiume di fiori hanno cullato le mie derive E ineffabili venti mi hanno alato per istanti. A volte, martire stanco dei poli e delle zone, Il mare, il cui singhiozzo faceva il mio rollare dolce, Saliva verso di me i suoi fiori d’ombra dalle gialle ventose E rimanevo, così come una donna in ginocchio… Quasi isola, sballottando sui miei bordi le liti Ed escrementi di uccelli schiamazzanti dai biondi occhi E vogavo, allorquando attraverso i miei fragili legami Degli annegati scendevano a dormire, a ritroso! Ora io, battello perduto sotto i capelli delle anse, Gettato dall’uragano nell’étere senza uccello Io, di cui i Monitori e i velieri d’Ansa Non avrebbero ripescato la carcassa ebbra d’acqua; Libero, fumante, sormontato di brume violette, Io che bucavo il rosseggiante cielo come un muro, Che porta, squisita confettura ai buoni poeti, Dei licheni di sole e del moccio d’azzurro; Che correva, macchiato di lunette elettriche, Folle tavola, scortata da ippocampi neri, Quando i Lugli facevano crollare a colpi di randello I cieli ultramarini dagli ardenti imbuti. Io che tremavo, udendo gemere a cinquanta leghe La fregola dei Béhémots e degli spessi Maelstrom Eterno filatore dell’immobilità blu Rimpiango l’Europa dagli antichi parapetti! Ho visto degli arcipelaghi siderali! E delle isole I cui deliranti cieli sono aperti al vogatore: - E’ in queste notti senza fondo che tu dormi e ti esili, Milioni di uccelli d’oro, o futuro Vigore? – Ma è vero, ho pianto troppo! Le Albe sono desolanti. Ogni luna è atroce ed ogni sole amaro: L’acre amore mi ha gonfiato di torpori inebrianti. Oh, che il mia chiglia scoppi! Oh, che io vada al mare! Se desidero un’acqua d’Europa, è la pozzanghera Nera e fredda dove, verso il crepuscolo profumato, Un bimbo accovacciato, pieno di tristezze, lascia andare Un fragile battello come una farfalla di maggio. Non posso più, bagnato dei vostri languori, oh marosi, Togliere la loro scia ai portatori di cotone, Né attraversare l’orgoglio dei vessilli e delle fiamme, Né nuotare sotto l’occhio orribile dei pontoni.
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