Nick: NEVERLAND Oggetto: Approfitto x incollare... Data: 5/7/2005 3.1.9 Visite: 25
(per me) la recensione definitiva. Francamente non riesco a immaginare cosa dovrà fare Steven Spielberg in futuro per non essere considerato uno dei più importanti cineasti della storia del cinema. Così come non riesco a immaginare cosa dovrà succedere per capire una volta per tutte che non esiste un eccesso di buonismo nel suo cinema, sempre rivolto, invece, all'analisi dell'eterna lotta interiore dell'essere umano tra il suo lato positivo e la sua anima oscura. La guerra dei mondi è l'occasione giusta per fare un'analisi ampia e attenta dell'universo di Spielberg, sotto ogni punto di vista, perché questo ambizioso e meravigliosamente riuscito remake del film di Haskin e Pal, ma soprattutto adattamento del romanzo di H.G. Wells, rappresenta un vero e proprio compendio dello Steven Pensiero. La famiglia da ricomporre è uno dei temi maggiormente ricorrenti nel cinema di Spielberg. Da Sugarland Express in poi è spesso il motore stesso della narrazione. Sarà così in Incontri ravvicinati del terzo tipo, E.T. e Hook, tanto per parlare dei classici, fino ai recentissimi Minority Report e Prova a prendermi. Tutto quanto avviene in questi film serve a riunire un nucleo familiare, di qualunque genere, ricomporlo e ricreare così un luogo sicuro. La guerra dei mondi parte da qui, da una famiglia divisa e apparentemente senza speranza. Da questa base si sviluppa un film tra i più cupi e disperati della sua filmografia, nonché quello politicamente più sovversivo, un impegno che il regista ha recuperato dopo molti anni con Minority Report e che esploso con Prova a prendermi e The Terminal. Basta nascondersi, sembra dirci a gran voce con La guerra dei mondi, sta succedendo qualcosa intorno a noi e dobbiamo fare qualcosa per fermarlo. La critica durissima nei confronti della politica americana di questi anni, sia interna che estera, è chiara, lampante e ancor più potente perché sviluppata da uno degli uomini più influenti di Hollywood. O meglio, dai due uomini più potenti della Mecca del Cinema, anche se Tom Cruise, protagonista e co-produttore, per la prima volta è solo un attore al servizio del film. Non è il bello per eccellenza, né l'ex marito di Nicole o l'uomo che ha chiesto in moglie Kate sotto la Tour Eiffell: è solo un attore diretto da un grande regista. Non prevarica la pellicola, ma si fa latore del messaggio, interpretando un padre degenere ed egoista che cresce insieme ai suoi figli, le cui gesta eroiche servono solo a mantenere in vita la sua famiglia, arrivando fino alle estreme conseguenze se necessario. Un esempio di un'umanità gretta, indegna del luogo che il nemico dallo spazio ha deciso di conquistare, una razza che nel corso dei secoli si è macchiata di massacri atroci e senza senso. Chiarissimi i rimandi a Schindler's List, con i brandelli degli abiti e la cenere degli umani vaporizzati che vengono soffiati via dal vento della distruzione, proprio come ciò che restava dei corpi bruciati del popolo ebraico nei campi di concentramento. Eppure questo sterminio senza senso non è immotivato agli occhi di chi ci ha osservati per millenni e che ci vede come un pericolo. Gli alieni de La guerra dei mondi sono ben diversi dai celestiali esseri di luce di Incontri ravvicinati del terzo tipo, per non parlare di E.T., ma non bisogna certo fermarsi alle apparenze. Quello che importa è la conclusione a cui sono arrivati: non più melodie comunicative e telefoni intergalattici, ma solo l'olocausto per eliminare una forma di vita sin troppo intelligente e crudele. Il cinema di Spielberg diventa quindi tutt'altro che rassicurante, film dopo film. Il messaggio è sempre lo stesso, chiarissimo, e non viene mitigato dall'apparente lieto fine hollywoodiano, che è sempre apparente e tutt'altro che lieto: siamo immersi nell'oscurità. Quella delle nostre anime assetate di vendetta, di giustizia che giustizia non è, accecate quando si dovrebbero spalancare gli occhi per guardare tutto quello che sta succedendo. L'umanità di Spielberg era già sparita in A.I., opera forse sbagliata, forse meravigliosamente profetica, anche questa camuffata da favola con un finale smielato. Ma cosa c'è di rassicurante quando resta solo una macchina come memoria del genere umano? O in tre mutanti segregati per permettere di impedire all'uomo il libero arbitrio? La guerra dei mondi è in realtà la guerra nel mondo, il nostro, in cui gli eroi non esistono, ma ci sono persone che cercano di salvaguardare dei valori il cui significato è stato distorto, a uso e consumo di un movimento moralizzatore che si sta ripercuotendo su tutto quello che ci circonda. Un messaggio difficile da trasmettere, forse anche presuntuoso, ma vero e portato sullo schermo con una maestria e una tecnica impressionante. Gli effetti speciali nei film di Spielberg non fanno neanche più notizia, al contrario lascia sbalorditi la lucidità dello stile, l'incredibile classicismo di una pellicola che proprio grazie a questo meraviglioso contrasto tra modernità e tradizione procede per le sue quasi due ore con un equilibrio straordinario. E preghiamo di non soffermarsi su quelle che sono delle normalissime licenze poetiche, perché se è possibile sospendere la credulità per un'invasione aliena, possiamo anche credere che l'automobile dei protagonisti possa sopravvivere alla furia distruttrice. Ci accorgiamo alla fine de La guerra dei mondi di aver visto un film di genere, o meglio, forse d'averlo rivisto, perché ciò che assomiglia di più al finale di questa grandissima opera è un film di un autore per cui Spielberg ha un rispetto profondissimo. Il suo nome era John Ford. E faceva western. di Alessandro De Simone È passato più di un secolo dalla pubblicazione di La guerra dei mondi di H.G. Wells e il concetto di un'invasione aliena del nostro pianeta è ancora molto potente. Ne sa qualcosa Steven Spielberg, che dopo averci presentato sul grande schermo ospiti extraterrestri più pacifici ha voluto oggi, con il suo adattamento cinematografico del grande classico, riconsiderare il tema da un altro punto di vista. Gli alieni, insomma, hanno dei connotati molto diversi rispetto a quelli di E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo. Per dirla con le parole di Spielberg, gli invasori che prendono possesso della terra questa volta sono "degli alieni terrificanti". Nonostante fosse difficile descrivere sotto quali forme avrebbe potuto attuarsi oggi un'invasione della Terra, Steven Spielberg e il co-sceneggiatore David Koepp, con Josh Friedman, hanno raccontato questa vicenda epica calandola in una dimensione individuale, scegliendo una singola famiglia americana di un padre – interpretato da Tom Cruise – e due figli (Dakota Fanning e Justin Chatwin). Il loro punto di vista, la loro esperienza personale, fa emergere il lato più inquietante della vicenda. Così, la guerra dei mondi di Spielberg è il racconto di una famiglia dell'arrivo di creature venute dallo spazio. Il racconto personale di un orrore vissuto. Naturalmente, l'idea di un attacco alieno ai giorni nostri rimanda istintivamente all'11 settembre, e anche se il riferimento alla paura dell'America del terrorismo non è diretto, Steven Spielberg non esclude che questa sia una via di interpretazione del film. Lo ha dichiarato alla conferenza stampa tenuta a New York lo scorso 22 giugno, quando ha specificato "Potete trarne ogni sorta di metafora che volete da questa storia. Questo film è come un prisma di cui ognuno può vedere un lato, e scegliere ciò che vorrà prendere dall'esperienza della visione de La Guerra dei Mondi". Non è un caso che nel film la piccola Dakota Fanning chieda al padre-Cruise "Sono loro i terroristi?". Lo sceneggiatore David Koepp, che non aveva inizialmente previsto questa frase, ha raccontato che per Spielberg una bambina di undici anni avrebbe spontaneamente pensato che quell'attacco fosse opera di terroristi. Così la frase è stata inserita. Ma il rimando all'esperienza dell'11 settembre non si ferma qui: in alcune immagini Cruise è coperto di polvere, ricordando in tal modo visivamente le immagini più forti riprese dalle televisioni di tutto il mondo dei soccorritori a Ground Zero. "Ho cercato di renderlo il più possibile aperto alle interpretazioni senza che per questo vi fosse nella seconda parte del film nulla di fortemente polemico da un punto di vista politico", ha aggiunto Spielberg. "Ho quindi voluto renderlo tanto suggestivo che chiunque potesse formarsi una sua opinione. Insomma, vi ho certamente fornito abbastanza corda per impiccarmi", ha scherzato Spielberg. Del resto, quando si parla di guerra mondiale (con alieni o senza), il rimando alla situazione politica del momento in cui la vicenda si racconta è piuttosto naturale. Quando H.G. Wells scrisse il libro, nel 1890, l'allusione alla politica dell'imperialismo britannico fu immediata. Così come nel 1930, quando Orson Welles realizzò la versione radiofonica dell'invasione aliena, nell'epica montatura che terrorizzò gli americani, convinti dall'annunciatore-Wells che gli alieni fossero giunti davvero, era la paura nei confronti del nazismo che si nascondeva nell'immagine di alieni che attaccano la terra. E anche nel 1953, nell'adattamento cinematografico di George Pal e Byron Haskin, la paura soggiacente era nei confronti del comunismo. Interpretazioni a parte, gli alieni sono stati realizzati grazie alla straordinaria dimestichezza di Spielberg con il mondo degli effetti visivi e con la macchina da presa. A differenza dei precedenti film a tema, il regista questa volta ha potuto contare su un processo chiamato pre-visualizzazione, che consente di animare storyboard tradizionali in sequenze digitali tridimensionali. Queste non si limitano a raffigurare la scena, ma riportano ogni aspetto di una determinata location, compresi set, attori, troupe e macchine da presa. "Magari avessimo avuto questi mezzi a disposizione per Incontri ravvicinati. In quel caso gli attori si sono dovuti affidare completamente alla fantasia. Per descrivere gli UFO mentre dirigevo le riprese ero costretto a dire: Fate conto di avere di fronte una specie di gigantesca teglia per dolci. Qui, invece, avevamo tutti un punto di riferimento visivo ed eravamo più o meno in grado di capire quale sarebbe stato il risultato finale"", ha dichiarato Spielberg. La pre-visualizzazione ha quindi permesso agli attori di vedere quello che non c'era e di rendersi conto delle dimensioni che avrebbero avuto i Tripodi, "gigantesche creature contro cui avrebbero lottato". "Giri degli inserti, fai riprese green screen, filmi una nave che è legata alla banchina e non si muove, poi la riprendi nell'acqua e infine unisci tutto con la tecnologia digitale", racconta Spielberg. "Sono abbastanza abituato a effettuare le riprese in questo modo dopo tutta l'esperienza dei film precedenti, da Incontri ravvicinati passando per Jurassic Park fino a ora. È un po' come fare una grande insalata: prima prepari i vari ingredienti, separatamente ma con la stessa cura, e poi, quando li hai messi tutti insieme, aggiungi il condimento. Se la combinazione è corretta, gusterai un piatto delizioso". di Franco Donatelli Questo è il cinema. Ultime Visioni: Quelli della Calibro 38 La Polizia Sta a Guardare Mark il Poliziotto Spara per Primo La Guerra dei Mondi Nude per l'assassino Mio Caro Assassino La Città Sconvolta: Caccia Spietata ai Rapitori Mark il Poliziotto DellaMorte DellAmo |