Nick: Mr_LiVi0 Oggetto: Rassegna Stampa Papa-Oriana Data: 17/9/2006 14.21.38 Visite: 166
Chi vuole il dialogo e cerca di parlare deve essere attento al fatto che le persone destinatariedel messaggio recepiscano il vero senso delle parole con cui si affronta un discorso. Quando questa persona è il papa e i destinatari sono i musulmani, qualcosa non va. La vicenda è semplice ed è spiegata nelle righe qui sottto. Il papa ha chiesto anche scusa, ma i terroristi,che si confondono spesso con i civili musulmani,non le hanno accettate. Ovvio che ci sia stato questo rigetto, visto che si dovevano strumentalizzare le parole del pontefice per arrivare alla guerra di ideologia. Ci faranno saltare il vaticano con tutti i suoi affreschi, così come hanno fatto per i buddha in afghanistan. La storia si riprete... E' morta oriana fallaci lo sappiamo, si sono levate al cielo per ricordo alla nostra scrittrice e giornalista lodi di qualità sia dalla grecia, sia da zeffirtelli e, inoltre, da migliaia di persone, che vivono ogni giorno in conflitto pacifico con i musulmani che vogliono insediarsi ed impadronirsi della nostra nazione e vogliono imporre a tutti gli italiani uelle usanze che raffigurano la tradizione nel proprio paese d'origine . La stampa che l'ha sempre criticata e derisa si è tolta le piere dalle scarpe,infliggendo alla memoria di una morta gli ultimi attacchi scorretti. L'unico pensiero che realmente ho apprezzato è stato quello di toni capuozzo, un grande di lotta continua che lavora al tg5 e cura terra, l'unico settimanale di apporfondimento di rilievo. Il pensiero fallaci si può criticare, ma non la sua bravura e quindi le cattiverie dette sulla persona hanno lasciato nel sottobosco quelle che erano le doti della giornalista + BRAVA del secolo buona lettura e soprattutto buona informazione L'islam vuol uccidere il Papa. Prodi & C se la svignano di RENATO FARINA Il prossimo passo quale sarà? Ucciderlo? Questo compito tocca ad Al Qaeda. E il nostro? Lasciarlo eliminare, e poi scrivere come fa oggi il quotidiano ufficiale di un partito al governo in Italia: «L'islam reagisce al Papa. È guerra di religione» (Liberazione, organo di Rifondazione). Somiglia troppo al titolo di Lotta continua dell'omicidio Calabresi, «Giustizia è fatta», per non essere sinistro. Chi deve battersi il petto non è Ratzinger, ma questa gente alleata alla tirannide, complice ideologica della Jihad. Il nostro governo equidistante. Questo Parlamento del menga. Lo scrivo con dolore. Che fanno Marini e Bertinotti? Il più bel zero. Perché non convocano i rappresentanti di un popolo in fondo cattolico? I deputati pachistani all'unanimità condannano il Vicario di Cristo. In Iran idem, e Ahmadinejad finge persino una benevolenza sprezzante verso il Pontefice. Il partito turco islamico al potere (laico e moderato, ovvio) paragona il Santo Padre ai nazisti. Hamas urla il-Papa-chieda-scusa!, e i suoi terroristi tirano molotov contro le chiese. Mentre accade questo sfracello, il nostro presidente del Consiglio accarezza il Drago cinese, si irrita perché hanno beccato il suo consigliere con un pizzino in mano, e trascura chi assalta il Vescovo di Roma. Interviene solo dopo che qualcuno deve avergli riferito di «qualche scusa» del Vaticano. E ha commentato tiepido come un brodino: «Non vi può essere alcuna polemica, il Papa ha già chiarito il senso autentico del suo pensiero: il dialogo religioso e il rispetto di ogni fede sono essenziali». Non c'è una parola di condanna del linciaggio. E che cosa fanno le massime istituzioni democratiche? La nostra Camera e il nostro Senato si sono presi il solito bel weekend. Tardi sono giunte le dichiarazioni di onorevoli del centrodestra, tardissimo un paio del centrosinistra, salvo qualche eccezione dei giorni scorsi (Mario Mauro, Mantovano e Volontè, poi Fini e Berlusconi). Ma com'è possibile? I più hanno espresso più solidarietà a Tronchetti Provera o alternativamente a Rovati, che a Joseph Ratzinger. I colleghi imparruccati ci diranno che noi, ripubblicando la vignetta del Papa truccato da Dracula e con l'invito ad ammazzarlo, organizziamo la «manutenzione della paura», ma non ce ne frega niente. Ci importa di più che in pieno centro di Milano sia apparso un fregio così concepito: «No Vaticano». E poi la stella a cinque punte e la croce impiccata ad essa. Una bestemmia comunista-islamica. O ci sbagliamo? Nessuno la cancella. La gente passeggia. Che ci importa a noi cristiani? Partono tante fiaccolate di cattolici. Per difendere il Papa niente. Si è visto solo, bellissimo, l'intervento di don Juliàn Carròn, successore di don Giussani in Cl. Quanto sta accadendo è una vergogna. Non parlo dei musulmani. Di quelli si sapeva tutto a memoria. Basta aver letto tre righe della Fallaci. Tutto ma proprio tutto era scontato. Il trasformare a freddo un discorso perfetto ed assolutamente saggio di Ratzinger contro la Guerra Santa in una offesa, è una colossale montatura. L'hanno ordita gli intellettuali europei islamici che lavorano ad Al Jazeera, ed ha innescato a scoppio ritardato l'ira dei popoli che neanche sanno chi sia l'imperatore Paleologo citato dal dotto Ratzinger. Ha condannato la Guerra Santa, il Papa. Ha criticato un concetto sbagliato di ragione che contamina il Corano ma anche parte del cristianesi mo. Ha picchiato per questo anche contro Duns Scoto, un francescano avversario di San Tommaso, uno che sta sugli altari come beato. Che deve fare, Ratzinger? Chiedere perdono anche ai frati? Invece il New York Times ed El Paìs, campioni dei giornali della sinistra cavialista, insistono. Non vedono l'ora che il Papa si umili, altrimenti hanno ragione quelli che ne incendiano il fantoccio. Così facendo questi intellettualini americani e spagnoli esibiscono la loro coda di paglia. Secondo loro, tutti devono essere liberali, meno gli islamici. Qualche illuminato di sinistra ci mostri per favore il loro galateo, e ci faccia vedere se c'è scritto da qualche parte che la tolleranza è un principio che vale per tutti, musulmani esclusi. I nemici di Blair e Bush adorano le critiche, ma non sopportano quelle dirette a loro stessi e ai loro arabi di riferimento. Guai. A proposito. Bravissima la tedesca dc Merkel (protestante). Ci hanno deluso finora anche Bush e Blair. In fondo dal "cattolico adulto" Prodi, da Zapatero e Chirac ce l'aspettavamo. Ma dai due leader anglosassoni credevamo sarebbe giunta una solidarietà trasparente. Invece no. Silenziosi, si sono vergognati del simbolovivente dell'intero popolo cristiano, d'Occidente e d'Oriente, alla fin fine anche di quello protestante, se non altro perché in questo deserto di speranza, quel puntolino bianco di fede alza la croce fino agli estremi confini del mondo. Eppure hanno scelto di non alterare un presunto equilibrio del terrore. In realtà così conservano lo squilibrio. Tra vittima e boia non si può stare in mezzo. Chi li consiglia nei rapporti con la mezzaluna ha deciso a favore della strategia dell'apaisement. Far finta di nulla. Chiamare nelle commissioni dialoganti i fondamentalisti, purché siano formalmente contro - al meno in certi casi - il terrorismo. Non sempre, ovvio: quando c'è una presunta offesa contro Maometto, allora sono assolti in partenza. Il Papa si mostra dispiaciuto, spiega che non c'era la minima volontà di offesa. Non rinnega una parola. Repubblica finge: «Il Papa chiede scusa». Da qui prenderà le mosse Prodi, che fa il papà del Papa. Naturalmente ai capoccia islamici non basta il dispiacere, vogliono di più. Logico. L'imam di Roma dà interviste dove attacca il Pontefice su giornali filo governativi. Ma come fa il Papa a rinnegare la condanna della Guerra Santa? Secondo loro dovrebbe dire: viva i martiri islamici delle Torri Gemelle. Diciamocelo. Il copione era tutto scritto. Si sapeva che prima o poi avrebbero preso di mira direttamente Ratzinger. Hanno deciso da tempo di eliminare ogni presenza di minoranze cristiane nei loro Paesi, cercavano il pretesto per dar fuoco a qualche altare (subito fatto) per intimidire il Santo Padre. Era tutto chiaro fin dall'inizio. Ma quello che ci fa tremare dalla punta dei capelli alle dita dei piedi, è l'abbandono vigliacco in cui è stato lasciato da noi, proprio da noi. In nome del quieto vivere, ogni giorno lasciamo erodere lo spazio vitale della libertà di essere noi stessi, compreso quello di predicare la verità del cristianesimo, perché è offensivo ragionare. Non si può fare. Gli islamici si offendono e la sinistra insorge. I cattolici non mostrano la volontà forte di stringersi intorno a chi (non) amano. Abbandonano il Papa, e corrono dialogando in soccorso del violento. Oriana perché non ci sei più? LA VICENDA LE PAROLE DEL PONTEFICE Nelle lezione del 12 settembre all'Università di Ratisbona, Papa Benedetto XVI cita la sura 2, 256 del Corano: «Nessuna costrizione nelle cose di fede». Poi cita l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo che nel 1391, in un colloquio con un interlocutore persiano, afferma: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Prende a prestito anche le parole dello studioso francese R. Arnaldez, «il quale rileva che Ibn Hazn si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche dalla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l'uomo dovrebbe praticare anche l'idolatria». LA REAZIONE ISLAMICA Il discorso non suscita scalpore nel mondo islamico. finché il 14 settembre, la tv del Qatar Al Jazeera attribuendo al Papa parole non sue, sostiene che siano stati offesi Maometto e l'islam. Si scatena una reazione mondiale in cui si distinguono per primi gli ideologi e i movimenti fondamentalisti, cui fanno seguito i governi. LA RISPOSTA DELLA SANTA SEDE «Il Papa non voleva offendere i musulmani», ha dichiarato venerdì il direttore della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, Con quelle parole intendeva affrontare il «problema della religione e della violenza». MINACCE ISLAMICHE Un gruppo armato iracheno, Jaiesh al Mujaheedin, ieri ha diffuso un comunicato via internet in cui minaccia di colpire Roma e il Vaticano: "Ci riposeremo soltanto quando i vostri troni e le vostre croci saranno distrutti, sul vostro territorio, conquisteremo Roma�?. IL DISPIACERE DEL PAPA �?Benedetto XVI è vivamente dispiaciuto che alcuni passi del suo discorso abbiano potuto suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani�?. Così è intervenuto il neosegretario di Stato della Santa Sede, cardinale Tarcisio Bertone per spegnere la polemica. Nella nota si legge che "nel ribadire il suo rispetto e la sua stima per coloro che professano l'islam�?, Papa Ratzinger "si augura che siano aiutati a comprendere nel loro giusto senso le sue parole�?. E adesso il Vaticano annulli la visita in Turchia di ANTONIO SOCCI Il Papa è caduto in una trappola (vedremo quale, con certi inediti retroscena ecclesiastici) e ora la vita di Benedetto XVI (...) segue a pagina 11 (...) è in pericolo. Ci sono già le minacce. A questo punto bisogna augurarsi che la Santa Sede annulli il viaggio in Turchia previsto per fine novembre. Soprattutto dopo la vergognosa dichiarazione di ieri del premier turco Erdogan il quale pretende che il Papa, per aver detto che non si può imporre una religione con la violenza, si inginocchi davanti ai muezzin. Del resto c'è una logica: loro, i turchi, hanno iniziato il Novecento col genocidio degli armeni cristiani (un milione e mezzo di vittime, due milioni di deportati, migliaia di convertiti a forza) e tuttora non hanno chiesto scusa a nessuno, anzi negano il crimine e perseguono chi ne parla. Adesso pretendono addirittura le scuse dal Papa. Cristiani sotto tiro È quella Turchia sul cui ingresso in Europa l'allora cardinale Ratzinger (giustamente!) aveva espresso i suoi dubbi, dunque c'è della ruggine antica contro il Papa e mi chiedo se non sia il caso di lasciare questi signori fuori dalla porta della Ue visto il disprezzo che mostrano per la libertà di espressione e le condizioni tragicomiche in cui lasciano tuttora la libertà religiosa. Se invece di essere elemento di moderazione del mondo musulmano, la Turchia diventa la quintacolonna del fanatismo islamista fra noi è da suicidi spalancarle le porte. La piazza islamica ormai sobillata a dovere dai media suoi e da quelli occidentali si sta scatenando per il discorso del Papa a Ratisbona ed è chiaro che sta scoppiando una tempesta più grave di quella delle "vignette danesi�?. Perché qua il "nemico�? contro cui scagliarsi non è un giornale qualsiasi, ma nientemeno il Capo della Chiesa Cattolica. Già le prime notizie di violenze su chiese del Medio Oriente fanno prevedere che vi saranno ritorsioni sanguinose sulle comunità cristiane di quelle terre: perfino dopo le vignette danesi i fondamentalisti sfogarono la loro ira sui cristiani che non c'entravano nulla, con molti atti di violenza, figuriamoci adesso che è il Papa ad essere accusato. Anche l'assassinio di don Andrea Santoro aveva questo movente: vendicarsi sui cristiani. Poco importava, a questi fanatici, che la Chiesa avesse deplorato quelle vignette e avesse condannato il disprezzo delle religioni altrui. E che don Andrea fosse un uomo di pace. Lo massacrarono come un indifeso agnello sacrificale. Da sempre i cristiani dei paesi musulmani sono i capri espiatori inermi, pagano il conto dell'intolleranza islamica e degli errori dell'Occidente. E va ricordato con maggiore preoccupazione che l'assassinio di don Andrea è avvenuto in Turchia, proprio la Turchia che il Papa dovrebbe visitare. La Turchia che ha fatto di tutto per insabbiare l'inchiesta su quell'omicidio con la favoletta del "pazzo isolato�?. La Turchia da cui è venuto un altro "pazzo isolato�? - tal Alì Agca - che per un pelo non riuscì ad accoppare il predecessore di Papa Ratzinger, riducendolo comunque in fin di vita. La Turchia il cui premier ieri ha intimato al Papa di scusarsi per aver fatto una dotta lezione universitaria che certamente né Erdogan né gli altri seminatori di odio, né ifanatici delle piazze arabe hanno mai letto. Se l'avessero letta si sarebbero accorti che la parte sull'Islam occupa il 10 per cento della lezione, 373 parole su 3565 totali e consiste in una citazione del Corano e in un brano di Manuele Paleologo che il Papa non fa suo, ma anzi definisce «sorprendentemente brusco». Il Papa invece, di suo, svolge una rispettosa dissertazione sulla "ragione�? che propone a tutti come solido terreno di dialogo, anche ai laici occidentali e ai cristiani (che hanno essi pure, secondo il Papa, le loro forme di fanatismo e integralismo, contrari alla ragione e alla libertà). Ma il mondo arabo non sente il biso gno di leggere il discorso del Papa per lanciarsi all'attacco. Anzi, non leggono proprio nulla. Affondano da secoli nell'ignoranza. È noto che la Spagna da sola - per dire - pubblica ogni anno più libri di quanti ne abbia pubblicati tutto il mondo arabo dal IX secolo ad oggi. Si abbeverano soltanto alla tv, a quella fonte di odio ideologico che è al-Jazeera. Del resto l'integralismo musulmano ha trovato un saldo alleato nel suo avversario, cioè gli occidentali, neocon e teocon compresi, i quali - infischiandosene anche loro di ciò che il Papa ha veramente detto - da giorni vanno scrivendo che Ratzinger la pensa come Bush, anzi è perfino più radicale di lui nella critica ideologica all'Islam. Dagli amici mi guardi Iddio. L'apice della vergogna è quella però del "New York Times�? che invece di informare sul vero contenuto del discorso del Papa e invece di difendere la libertà di espressione contro l'intolleranza e la violenza, si schiera con i fanatici e giustifica di fatto la loro folle reazione. Ciò dimostra che il problema non è solo il mondo islamico, ma anche il nostro. Questo infatti è il classico "caso�? montato dal circo dei media che estrapolano una frase e scatenano odi e scontri. Aver estrapolato la frase del Paleologo dal discorso del Papa come se quelle parole fossero state da lui condivise e rivendicate è come sostenere che nella Bibbia c'è scritto «Dio non esiste». È vero che nella Sacra Scrittura si trova questa frase. E' nel libro della Sapienza. Ma subito dopo quell'affermazione si legge: «così dice lo stolto». C'è un interesse contrapposto di fanatici islamici e lobby di Occidente a trascinare il Papa e la Chiesa nello scontro e nella guerra. Entrambi pretendono di trasformare Benedetto XVI in "cappellano militare�? dell'Occidente. Infischiandosene delle autentiche posizioni del Papa e della Chiesa che adesso deve seriamente preoccuparsi perché è davvero a rischio la vita di milioni di cristiani che vivono nei Paesi islamici. È chiaro che il Santo Padre è caduto in una trappola: non conoscendo il malizioso funzionamento dei media, non poteva immaginare che si sarebbe estrapolata una citazione molto critica con Maometto attribuendola di fatto a lui. Non poteva immaginare che venisse completamente stravolto il suo discorso e il suo pensiero. Sapeva - e lo aveva dichiarato nella messa di insediamento - che i cristiani sono agnelli in mezzo ai lupi. In quel solenne inizio di pontificato arrivò a pregare pubblicamente di essere protetto dai "lupi�?. E ci sono "lupi grigi�? e di molti altri colori. I lupi intorno al Vaticano Forse Benedetto XVI paga anche la fase di transizione in cui è capitato il viaggio in Germania, mentre la guida della Segreteria di Stato era di fatto vacante. Lo scontro fra vecchi e nuovi si è evidenziato anche l'altroieri nella cerimonia di passaggio delle consegne. Quando l'ex Segretario di Stato Sodano ha citato «il motto dei santi: il bene non fa rumore e il rumore non fa bene», non pochi vi hanno colto una sciabolata al suo successore, il cardinal Bertone, noto per le sue comparse televisive e per un'esuberante loquacità considerata poco adatta alla guida della diplomazia vaticana. Forse nel vuoto di potere in cui è caduto il viaggio, gli apparati vaticani non hanno aiutato il pontefice a cogliere eventuali spunti dei discorsi che potevano prestarsi a stravolgimenti e strumentalizzazioni. Così un bellissimo discorso, tutto teso al dialogo, a proporre "la ragione�? come via d'incontro per occidentali e musulmani, per credenti e agnostici, ha finito per essere usato come benzina per alimentare l'incendio. E il mite e sapiente Papa Ratzinger ora appare davvero come un agnello in mezzo ai lupi. www.antoniosocci.it ATTACCO ALLA CHIESA A sinistra, una chiesa cristiana bruciata ieri a Nablus, in Palestina. Negli ultimi due giorni sono stati cinque gli edifici religiosi cristiani attaccati. Sotto, una scritta apparsa ieri in via Turati, pieno centro di Milano: stella a cinque punte con la croce "impiccata�? AP e SICKI In rete è già jihad: Ratzinger-vampiro, lapidatelo di HAMZA BOCCOLINI ROMA Tra le decine di messaggi inseriti nei siti fondamentalisti contro Papa Benedetto XVI, fioccano gli attacchi e i proclami di jihad contro il mondo cattolico. E per la prima volta è apparsa ieri sul web una caricatura del Papa, raffigurato con le sembianze di Dracula, corredata da un'istigazione eloquente nella parte centrale dell'immagine: «Decapitatelo». Alla foto del Pontefice benedicente e con il pastorale nella mano sono stati aggiunti alcuni segni per rappresentare un rivolo di sangue che scorre dagli angoli della sua bocca e una serie di scritte in arabo che dicono: «Maiale servo della croce, adora una scimmia inchiodata sulla croce, odioso malvagio, Satana lapidato, Che Allah lo maledica, vampiro che succhia sangue». La scritta che però è posta nella parte centrale dell'immagine sottolineata in rosso è proprio quella che lo minaccia direttamente e che chiede la sua decapitazione. A giustificare le minacce, spunta anche, sempre in arabo, un documento di analisi sulla vicenda dal titolo: «Ha forse Benedetto, servo della croce e mangiatore di maiali, offeso il profeta?». Si legge nel testo: «Nella vicenda delle vignette danesi si diceva che l'offesa era stata causata dall'ignoranza di chi non conosceva le pene previste dall'Islam. Ma ora a offendere è stato il capo della Chiesa cattolica, il più grande dei tiranni, non si può dire ora che lui sia ignorante e le offese continuano ad uscire dalla Chiesa e nessuno può dire che si tratti di un caso isolato». La conclusione è la seguente: «In verità chi offende il profeta deve essere ucciso, sia esso musulmano o cristiano, e questo lo ordina il Corano e la Sunna. Il problema non si risolve per nessuno dei musulmani se questo criminale porge le sue scuse». Infine, un video attribuito ad Al Qaeda contro Benedetto XVI, definito «la scimmia del Vaticano«, è stato trasmesso ieri sera dal Tg5. Nel filmato, una scimitarra cala a tagliare una croce e compaiono immagini di Osama Bin Laden. La vignetta anti-Papa comparsa sui siti degli estremisti islamici Di Pietro come Osama: il Pontefice adesso deve chiedere scusa ROMA Governo e opposizione italiani sostengono il Papa. Ma con una differenza. La Cdl stigmatizza le reazioni, che giudica estreme, del mondo islamico. E il centrosinistra si limita a notare che il Papa «si è scusato» e non serve altro. «Non vi può essere alcuna polemica, il Papa ha già chiarito il senso autentico del suo pensiero», dichiara Romano Prodi, dalla Cina, senza molto enfasi. «Il dialogo religioso», si limita a sottolineare il presidente del Consiglio, «e il rispetto di ogni sede sono essenziali e la religione non giustifica la violenza. Tutte le religioni debbono perciò essere impegnate per il dialogo, la reciproca convivenza e la pace nel mondo». Ma Silvio Berlusconi è più diretto: «Le parole del Papa sono state assolutamente legittime». Anzi, «erano, se vogliamo, una apertura, una provocazione in positivo», ha proseguito l'ex premier, «e poi questo è un grande Papa. Ha grande intelligenza. Quindi non credo che si possa avere nessuna riserva da parte nostra nei confronti delle sue parole e del suo operato». Il ministro degli Esteri e vicepremier Massimo D'Alema rileva che, in merito alle polemiche sorte sul discorso pronunciato dal papa all'Università di Ratisbona, «le precisazioni della Santa Sede hanno compiutamente chiarito il senso autentico delle parole di Sua Santità Benedetto XVI». D'Alema si augura «sinceramente che ogni possibile malinteso sia dissipato». Per il titolare della Farnesina, però, le violenze fondamentaliste sono semplicemente «le reazioni emotive generatesi nel mondo islamico». Più chiare la condanna delle violenze da parte del centrodestra. «Credo che non abbia offeso l'Islam», sostiene Gianfranco Fini, di An: «Non c'è nulla di male nel dire che in alcune pagine del Corano c'è scritto che la spada può servire per affermare una religione». Il vice coordinatore nazionale di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, osserva che «la risposta di una parte del mondo islamico al discorso di Benedetto XVI è insieme imbarazzante e inquietante». E dice che ci troviamo «di fronte ad attacchi rabbiosi, a richieste di scuse, addirittura a minacce». Unica voce discordante, quella di Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori e ministro delle Infrastrutture: «In un momento delicato come questo, nessuno, nemmeno il Papa, si può permettere di lasciarsi anche solo sfuggire affermazioni che possano alimentare una situazione già esplosiva». Le parole del Papa, rileva, «hanno messo benzina sul fuoco. Ed è giusto, almeno per carità cristiana che egli si scusi e dia le spiegazioni dovute». C.MA. UNA RELIGIONE DI PACE Dimostranti islamici a Karachi, in Pakistan, bruciano un pupazzo che raffigura il Papa. Protestano violentemente perché non vogliono sentire critiche contro la "guerra santa" AP Il Papa si dispiace ma non ritira I terroristi: «Bruceremo Roma» di ANDREA MORIGI Bombe contro le chiese in Palestina e Iraq. L'Ucoii smorza i toni ROMA Benedetto XVI «è vivamente dispiaciuto che alcuni passi del Suo discorso abbiano potuto suonare come offensivi della credibilità dei credenti musulmani e siano stati interpretati in modo del tutto non corrispondente alle sue intenzioni». Ma di scuse non se ne parla nemmeno, nella dichiarazione del segretario di Stato vaticano, il card. Tarcisio Bertone. Anche se le chiedono tutti, non è un motivo sufficiente. Del resto, il Papa a Regensburg non ha smentito né se stesso né il magistero dei suoi predecessori sulla materia né il Vaticano II. Vadano a rileggersi il documento conciliare Nostra Aetate, suggerisce la Santa Sede, citandone ampi stralci. E, se non bastasse, spiega il vero significato della lezione: «un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza, da qualunque parte essa provenga». TRADUZIONE NON VALIDA? Mentre anche il Santo Padre medita di intervenire, secondo quanto riferisce la sala stampa vaticana, la commedia dei sordi che non vogliono sentire ha già preso l'avvio. Ed è soltanto al prologo. Secondo l'opinione prevalente tra i muftì di Marocco, Tunisia, Egitto e Turchia, il primo atto non dovrebbe iniziare prima del Ramadan, il 24 settembre. Sarà durante il mese sacro ai musulmani che si metterà mano alla traduzione dal tedesco all'arabo della lezione pontificia di Ratisbona. Quella attuale, infatti, non è considerata valida secondo la sharia perché sarebbe stata stesa da una donna, incaricata dalla tv Al Jazeera. Il che non significa la cessazione delle ostilità contro il Papa. Piuttosto, il 22 ottobre, alla fine di Ramadan, si incaricherà «un buon musulmano, di specchiata onestà, confermato da venti buoni musulmani di specchiata onestà» di redigere la versione araba del testo. E poi si deciderà il da farsi. C'è da attendersi ancora più di un mese di pressioni sul Vaticano, insomma. Intanto si procede, sia per le vie diplomatiche sia scatenando la piazza. Re Mohammed VI del Marocco prima invia un messaggio di protesta nei confronti di Benedetto XVI, poi richiama in patria il proprio ambasciatore presso la Santa Sede, Ali Achour, per consultazioni. Risponde con una mossa parallela il ministero degli Esteri egiziano, che convoca il nunzio apostolico al Cairo per esprimere «l'estremo rammarico» nei confronti delle dichiarazioni del Papa. Scende in campo anche il premier turco Recep Tayyip Erdogan, che definisce «sgradevoli» le dichiarazioni di Benedetto XVI, invitandolo a ritirarle. «Il Papa ha parlato come un politico piuttosto che come un uomo di religione», attacca il leader del Partito islamico della Giustizia e dello Sviluppo (Akp), citato dalla tv turca. «Le sue dichiarazioni sono state sgradevoli e fuori luogo. Il Papa deve fare un passo indietro per preservare la pace interreligiosa. Non possiamo accettare le sue dichiarazioni, il mondo islamico non può accettarle e penso che neanche il mondo cristiano e quello cattolico possano farlo». «È COME SALMAN RUSHDIE» Solo l'Unione delle Comunità ed organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii) e il Consiglio Musulmano della Gran Bretagna sembrano accettare i chiarimenti del Vaticano. Certo non sono sufficienti ad arginare l'escalation di dichiarazioni di guerra che provengono dallo sceicco somalo Abubukar Hassan Malin: «Invitiamo tutti i musulmani dovunque essi siano a dare la caccia al Papa per le sue barbare affermazioni così come è stata data la caccia a Salman Rushdie, il nemico di Allah che ha offeso la nostra religione». Se non si riesce a colpire il capo, si prendono di mira le sue membra, hanno pensato invece i terroristi che venerdì sera hanno fatto esplodere un ordigno davanti a una chiesa di Bassora, nel sud dell'Iraq. Altri uomini armati hanno incendiato il portone principale della chiesa cattolica della città cisgiordana di Nablus, prima di aprire il fuoco contro l'edificio. A Gaza, invece militanti da una macchina in corso hanno esploso dei colpi contro una chiesa ortodossa. Pochi i danni negli attentati, che appaiono come azioni dimostrative. Chi fa sul serio è l'Esercito dei Mujaheddin, che con un comunicato diffuso su Internet minaccia già di attaccare Roma e il Vaticano. A Castelgandolfo, dove il Papa oggi reciterà l'Angelus, i dispositivi di sicurezza sono stati posti, anche se discretamente, al massimo stato di allerta. «Firenze vergognati, hai tradito Oriana» Il j'accuse di Zeffirelli di CATERINA MANIACI ROMA «La seppelliremo così come lei ha voluto. Senza clamori, senza onori. E intorno ci sarà Firenze che non ha fatto niente per celebrarla. Le ha persino rifiutato il Fiorino d'oro, il premio fiorentino per eccellenza. Così, vergognandomi per come la mia città ha trattato Oriana, voglio darle io quel premio che nessuno più di lei meritava». Franco Zeffirelli parla con dolore e con ira della scomparsa della sua grande amica Oriana Fallaci, del comportamen to di Firenze verso di lei, di questo ultimo gesto d'affetto e di rispetto: quello appunto di lasciare il Fiorino d'oro, ricevuto a Firenze nel 1972, sopra la bara della scrittrice, che verrà sepolta oggi nel cimitero degli Allori, cimitero evangelico protestante ma multireligioso, collocato sulla via Senese, al Galluzzo, dove riposano protestanti, cattolici, ma anche musulmani e atei. Oriana lo scelse per la sua famiglia proprio perché è un luogo di sepoltura libero e aperto a tutti, senza preclusioni. La tumulazione della Fallaci avverrà senza alcun tipo di rito e nella totale riservatezza, così come chiesto da lei stessa. Ad assistere ci saranno la sorella Paola, i nipoti Edoardo e Antonio, un piccolo gruppo di amici. Fra i quali l'amico di lunga data, il regista Zeffirelli. Firenze ha davvero lasciato la Fallaci da sola e l'ha vista morire nell'indifferenza, se non nell'ostilità? «Mi vergogno per Firenze. Questa città lascia che Oriana venga sepolta senza fare niente per onorarla. Tanto che ho preso questa decisione: lascerò sulla sua bara il Fiorino d'oro che ho ricevuto tanti anni fa. Nel 2002 questa città abitata da vigliacchi glielo negò». Un altro modo per dirle addio, per lasciare un ricordo tangibile della vostra amicizia? «Sì, ma soprattutto sia chiaro che non voglio che sia interpretato come un gesto teatrale, o appunto come una ripicca polemica. Voglio solo riparare a un torto e ribadire, in modo tangibile, il mio affetto e la mia stima per Oriana. È un gesto che nasce dal cuore e dalla coscienza. Lo devo a Oriana e lo faccio anche per quelli che non lo capiscono. Per quelli che non vogliono capire quanto dobbiamo tutti noi proprio a lei e ai suoi libri». Come si spiega questo atteggiamento verso un personaggio che ha portato il nome di Firenze in tutto il mondo? «Oriana Fallaci era fiorentina, di nascita, di temperamento, di radici. Una vera fiorentina accesa, direi. Ma era anche un personaggio internazionale. È lei la donna che è riuscita a intervistare gli uomini che hanno fatto la storia del Novecento, che ha parlato a tu per tu con Kissinger, con Gheddafi, con Khomeini, che ha vissuto nei teatri di guerra, nelle trincee, di tutto il mondo. Probabilmente i fiorentini, invidiosi per loro stessa natura, non hanno potuto tollerare questa sua indubbia popolarità. Non le hanno mai potuto perdonare di essere probabilmente la donna più grande che la città abbia generato. E l'hanno sempre osteggiata». Si riferisce a tutta la città, o salva qualcuno? «Io non perdono quasi niente a Firenze. Soprattutto perché permette a un gruppo di mascalzoni di prendere le redini della sua vita politica. Mi riferisco a quella sinistra obsoleta che governa la città, una sinistra che non esiste praticamente più altrove, che tira fuori un armamentario ideologico nostalgico e inutile. Insomma, che vuole essere sinistra a tutti i costi. A Firenze non si è creata, non è cresciuta una classe borghese, colta, capace di contrastare l'avanzare della sinistra peggiore. La gente perbene, onesta, non si vuole esporre, resta in silenzio, ha paura». Lei sta dipingendo un ritratto terribile di una delle città più conosciute e amate nel mondo... «Lo so, è il ritratto di una città vergognosa. Nel mondo è conosciuta e amata, ma sempre più persone, all'estero, me ne parlano con una sorta di stupore, perché hanno compreso la sua natura reale. Perciò posso tranquillamente affermare che quel che è successo a Oriana non mi ha stupito». Sembra difficile da concepire, per una città che ha generato geni, artisti incomparabili. «Sì, ma consideri che da sempre è stata teatro di invidie, di scontri sanguinari, di lotte intestine. La sua storia di grandezza si è intrecciata con bassezze umane incredibili. I suoi abitanti si sono spesso comportati come degli intriganti che poi alla fine hanno sempre perso. Non ci dimentichiamo di quel che successe a Dante, in esilio perpetuo. E a Savonarola, che aveva compreso il bisogno di riformare la Chiesa e che se fosse stato ascoltato, forse si sarebbe potuto impedire lo scisma protestante. Ma i fiorentini hanno lasciato che fosse bruciato vivo». Come si spiega, però, che la Fallaci ha voluto venire proprio a Firenze per morire? «Si spiega con il fatto che, appunto, è rimasta fiorentina nel sangue, nel cuore. Perché Firenze è una città terribile, ma nello stesso tempo meravigliosa, che non si può fare a meno di amare. Soprattutto se ci sei nato. Anche se spesso si tratta di un amore non ricambiato, come è stato quello di Oriana. Anzi, non solo non è stato ricambiato, ma la città l'ha trattata malissimo, in un certo senso l'ha tradita». Quale immagine le rimane degli ultimi momenti di Oriana Fallaci? «Oriana è morta nella maniera più nobile e, nello stesso tempo, più profondamente "fiorentina". Due mesi fa è voluta tornare qui; io l'accompagnai in giro, insieme ad altri amici e conoscenti, compreso il sindaco Leonardo Domenici, che è una persona a modo. Voleva rivedere la sua città, le sue strade, le sue piazze, le sue chiese... Voleva sentire il suono delle campane nell'aria. Poi è ritornata a New York, dove le hanno dato il verdetto finale, quello senza appello». Qual è stata la sua reazione, a questo verdetto? «Con molta freddezza ha ringraziato tutti, ha redatto una specie di lista degli amici che avrebbe voluto rivedere, chiedendo a tutti loro che liberamente acconsentissero a loro volta a vederla. E poi si è preparata a quest'ultimo viaggio». E della sua amicizia con lei, cosa le resta? «Proprio l'amicizia, la stima, l'aver condiviso anche alcune battaglie. Per esempio, l'aver lottato insieme per impedire l'assalto dei no-global a Firenze. Quando veniva qui faceva mo insieme delle lunghe passeggiate. Condivido molte delle cose che ha scritto e che ha detto. Purtroppo il mondo non l'ha ascoltata. Anzi più spesso l'ha condannata, o perlomeno l'ha travisata». Di Oriana come donna e come scrittrice, cosa si terrà sempre accanto? «Era certamente una persona fuori del comune, che ti sapeva parlare con le parole giuste, da amica autentica. Ed era una giornalista e una scrittrice straordinaria, letta e tradotta in tutto il mondo. Il suo libro "Lettera a un bambino mai nato" è stato un libro importante per le donne. Ma i suoi libri sono stati sempre importanti. Fino agli ultimi. Come "La rabbia e l'orgoglio", quel suo grido d'allarme verso l'Occidente addormentato, timoroso, verso l'aggressione del fondamentalismo islamico». «Levò la voce per la nostra democrazia» La Grecia rende omaggio a Oriana Fallaci, morta all'età di 77 anni. «Tutti noi, i greci e le greche, rendiamo onore alla Fallaci, una voce levatasi con forza a favore della democrazia, in momenti difficili attraversati dal nostro Paese», si legge in una nota del portavoce del governo di Atene, Thedoros Roussopulos, che si riferisce al ruolo di denuncia che l'autrice di "Un uomo" ebbe nei confronti della Giunta dei Colonnelli al potere in Grecia dal 1967 al 1974. «Oriana Fallaci, nel corso della sua vita, è riuscita a diventare un simbolo della professione giornalistica e della lotta per i diritti delle donne. Il suo impegno indomabile in difesa di valori e ideali, la capacità di portare avanti le proprie convinzioni sempre e ovunque, anche con la forza della scrittura, sono stati gli elementi fondanti di una nuova scuola giornalistica, dall'espressione dinamica - aggiunge il portavoce del governo - L'esempio che ci lascia, con la sua vita e la sua opera, troverà senza dubbio di continuatori, tra i giornalisti e i cittadini attivi di oggi e di domani». Da viva l'hanno lasciata sola, da morta l'hanno fatta santa di ALESSANDRO GNOCCHI La schizofrenia di Corsera e Stampa e il disprezzo dei giornali di sinistra �?��?��?� Adesso che se n'è andata per sempre la fanno santa. Dopo averla ignorata e nascosta. Come se fosse qualcuno di cui vergognarsi. Il Corriere della Sera dedicava ieri nove pagine alla "sua" Oriana Fallaci. Mentre era viva però i libri e i fatti che la riguardavano erano confinati fra le notizie minori, in breve. E dire che "Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci", in allegato al quotidiano, aveva venduto un milione di copie in poche ore. La scrittrice sapeva di essere appena tollerata e non ne faceva mistero, come ha raccontato Vittorio Feltri nel suo editoriale di ieri. Dopo l'11 settembre la Fallaci aveva espresso in modo inequivocabile opinioni condivise da milioni di italiani. Le sue idee avevano un difetto imperdonabile: essere in netto contrasto con quelle dell'intellighenzia nostrana. Per questo si era "meritata" il silenzio. Coro di lodi sperticate Oggi però la riscoprono tutti. In via Solferino è un coro di lodi sperticate. Sfogliamo il quotidiano. La Fallaci era una giornalista indipendente, orgogliosa, incorruttibile. Documentata, rigorosa, profetica. Un talento, un prodigio, anzi «un mito». Poi c'è il ritratto della persona. La Fallaci aveva un brutto carattere ma era sempre pronta a slanci di tenerezza. Era ruvida ma capace di sciogliersi davanti a un mazzo di fiori. E infine c'è il capitolo "insulti". Come ricorda Pierluigi Battista, la scrittrice venne linciata dal «partito anti-Fallaci» e fu vittima di attacchi volgari. Stessa linea, appena più sfumata, per la Stampa di Torino. Nell'editoriale, firmato da Lucia Annunziata, si legge che gli «scarsi riconoscimenti» ottenuti dalla scrittrice in Italia «raccontano bene i limiti culturali di un establishment che ha vissuto sempre con gli occhi al di qua delle Alpi». La Fallaci divideva ma era sempre sincera e nemica dei luoghi comuni. Tutto vero. Ma perché dirlo con chiarezza soltanto ora? Quali voci della grande stampa si sono levate in difesa della Fallaci quando fu offesa da musulmani farneticanti e dagli inflessibili custodi del multiculturalismo? Perché nessuno si è scandalizzato troppo quando Sabina Guzzanti ha fatto dell'ironia sul cancro che alla fine l'ha sconfitta? O ancora quando fu sbeffeggiata dai vari Jovanotti, Fo, Rame? Non si ricordano vibranti interventi a suo favore. Almeno la stampa progressista è stata coerente. Repubblica è il giornale più duro. Bernardo Valli suggerisce che le famose interviste ai grandi personaggi fossero truccate: «Penso che le domande pubblicate fossero qualche volta diverse, più dure di quelle formulate nella realtà». Natalia Aspesi accusa la Fallaci di aver tirato una «ferale bastonata su chi lottava per togliere alle donna costrette ad abortire il marchio di assassine». Infatti la "Lettera a un bambino mai nato" (libro sull'aborto, insieme delicato e spietato) non è niente altro che «una storia sanguinolenta». Giancarlo Bosetti rincara la dose. Le tesi della Fallaci sono «ora fantasiose, ora semplicemente cariche di errori madornali». In Italia nessuno le ha mai discusse sul serio perché «nessun intellettuale ha veramente letto i suoi scritti». E infine la Fallaci «amava la scrittura fino al punto di usare il suo cancro come rinforzo stilistico». Cosa significhi quest'ultima frase è un mistero la cui soluzione lasciamo volentieri a chi l'ha scritta. Il cancro è protagonista anche dell'articolo di Gad Lerner, fondato su un singolare parallelismo. Mentre Tiziano Terzani ha accettato il male come parte della sua esperienza fatta di «ricerca insieme terapeutica e spirituale», la Fallaci ha reagito «con rabbia» e ha «ridimensionato la medicina a mera tecnica». Terzani ha dato un contributo al «processo di umanizzazione della medicina». La Fallaci invece «ha incarnato da par suo la paura del cancro che corrode silenziosamente le nostre relazioni sociali». «Cassandra d'Europa» Va giù pesante anche l'Unità. Secondo Oreste Pivetta, l'eredità della Fallaci è l'aver insegnato agli italiani a essere «razzisti senza vergogna». Il manifesto le dedica poche righe in cui è descritta come una «invasata Cassandra della civiltà europea» con una «fissazione per l'apparato urinario-genitale» dei musulmani. Più originale Liberazione, a cui riesce un miracolo. Renzo Paris infatti ricorda la Fallaci nel salotto di Moravia «quando aveva appena pubblicato "Un uomo" ed era accompagnata dall'eroe di quel romanzo», cioè Panagulis. Strano. Il greco, unico amore della Fallaci, è morto nel 1976, tre anni prima dell'uscita di "Un uomo". C'è qualcosa che tiene insieme questa carrellata di reazioni. Non è tanto la scontata (e lecita) critica delle idee della Fallaci. Tutti si chiedono quali origini abbia il "caso" Fallaci, un fenomeno editoriale senza precedenti: come è possibile che qualcuno creda alle panzane della Fallaci? Questo atteggiamento rivela disprezzo per chi si riconosce nella Trilogia. È il solito senso di superiorità morale della sinistra. Ci sono loro, colti raffinati e nel giusto. E poi c'è la rozza e ignorante Fallaci. Insieme con i suoi 20 milioni di lettori. . LA MAESTRA E L'ALLIEVA Sulla prima pagina di Repubblica di ieri il caso ha accostato la notizia della morte di Oriana Fallaci e la pubblicità dell'ultimo libro di Lilli Gruber ("America anno zero", Rizzoli) in una sorta di staffetta. Ma la differenza tra le due giornaliste, di pensiero e di scrittura, è davvero abissale Povera Italia, adesso ti resta solo la Gruber di NICHOLAS FARRELL Un bellissimo profilo di Lilli Gruber ieri sul Foglio, per la penna di Annalena Benini, prendeva in giro l'icona della sinistra fighetta con sottili bisturi d'oro e la demoliva. Così mi è venuta in mente l'idea di paragonare la giornalista di punta della sinistra italiana con un'altra giornalista di punta, ma questa odiata dalla sinistra: Oriana Fallaci. Ci dice tanto di com'è messa l'Italia, questa favola delle due donne giornaliste... Volendo, ovviamente, si potrebbe definire la differenza fra Gruber e Fallaci in due parole: cioè, mentre Lilli è la voce del ridicolo, Oriana è (sì, perché la sua voce non è morta) la voce della ragione. Ma vado avanti lo stesso... La Fallaci era un'atea cristiana che adorava la solitudine e odiava la tv; la Gruber è un atea anticristiana che adora i salotti e la tv. La Fallaci, come corrispondente di guerra, andava come un soldato nelle trincee, la Gruber si piazzava come una fotomodella davanti al suo hotel. Nessuno ha mai minacciato la vita della Gruber; la vita della Fallaci invece era sotto minaccia continua. La Fallaci, mentre intervistava l'Ayatollah Khomeini in Iran nel 1979 si è strappata il suo chador per protesta contro la schiavitù in cui sono costrette a vivere le musulmane. La Gruber, invece, quando intervista qualsiasi Ayatollah tiene la testa ben coperta col suo pershawar radical-chic per rispetto delle "loro" tradizioni. La Fallaci, insomma, era la vera femminista, la Gruber un'antifemminista. La Fallaci si rifiutava ostinatamente di fare politica, la Gruber non vedeva l'ora di infilarcisi dentro. La Fallaci fumava come un turco (segno di una vera ribelle), la Gruber non sopporta il fumo neanche degli altri (segno di un vera totalitarista). Per la Fallaci non esiste un Islam moderato, per la Gruber sì (e anche una «Resistenza», cioè i terroristi). Nel mio piccolo dico: in ogni caso, nella storia la maggioranza non ha mai contato per niente. Sono state le minoranze a cambiare tutto. La Fallaci nel suo libro-intervista a se stessa parlava di «un cancro ben più tragico, ben più irrimediabile, del mio... Il cancro del nuovo nazifascismo, del nuovo bolscevismo, del collaborazionismo nutrito dal falso pacifismo, dal falso buonismo, dall'ignoranza, dall'indifferenza, dall'inerzia di chi non ragiona o ha paura. Il cancro dell'Occidente, dell'Europa, e in particolare dell'Italia». Nel suo libro, "Chador. Viaggio nel cuore diviso dell'Iran", invece, la Gruber scrive del leader iraniano Ahmadinejad: «Ci sarà per caso un che di Saint-Just in quest'uomo? La ghigliottina sta già aspettando gli opportunisti e gli sfruttatori?». Ma che dice? Chi sarebbero questi opportunisti e sfruttatori che il Saint-Just islamico vuole far fuori nello stile dell'ideatore del Terrore durante la Rivoluzione francese? Gli ebrei per caso? Poi va a una festa organizzata da ricchi iraniani a Teheran dove beve champagne, mangia caviale e balla. Scrive: «A tavola nessuno è davvero preoccupato della vittoria di Ahmadinejad». Se lo dici tu, Lilli. E poi va in America - ha parlato del viaggio in tv l'altra sera - alla ricerca dell'America buona, cioè quella antiBush. L'America buona la trova fra l'altro nella persona di una giornalista con un pene di plastica nei pantaloni! Conclude che l'America grazie a Bush ha perso la sua autorità morale e la cosa più urgente non è difendersi, ma «interrogarsi sulle radici dell'odio». Ma per favore, scendi dal pero! Quale autorità morale ha una giornalista che va in giro attrezzata di un pene di plastica? In un altro suo libro scrive che vuole «mettere al servizio del pubblico la mia passione di capire». Che Dio ci salvi! Oriana torna subito fra di noi. Abbiamo bisogno di te! So con chi sto io: con la Fallaci. E non solo perché fumo anche io come un turco. Alla fine, la Fallaci era praticamente cieca. Secondo me vedeva e capiva comunque più di quello che la Gruber riuscirà mai a vedere e capire. My Speed Limit ??? 400 Km/h |