Mannaggia Madonna

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Nick: Franti
Oggetto: Mannaggia Madonna
Data: 19/4/2004 14.25.13
Visite: 259

La prima volta che ho fatto l’amore avevo sedici anni e mezzo.
Anzi sedici anni e cinque mesi.
Lei si chiamava Monica il cognome non lo dico perché avrei vergogna semmai mi leggesse ed era di Milano.
Anzi, non si chiamava, si chiama Monica, perchè è ancora viva, anche se vive con un tipo che la fa sembrare morta.
O quanto meno moribonda.
Me lo ha detto lei.
Ma io già lo sapevo, perché c’avevo fatto caso.
Che era moribonda per colpa del tipo, insomma.

La prima volta che ho fatto l’amore credevo di essere un esperto nel fare l’amore.
E nel fare le porcate.
E nel dire frasi porno durante il tempo in cui dovevi fare le porcate.
La mia cultura era basata su "Supersex" che era un fotoromanzo porno dove c’era Gabriel Pontello che era un porno attore e che faceva, appunto, Supersex, una specie di Supereroe Porno che ipnotizzava delle bonazze malvagie e se le rombava.
E che quando se le rombava, sborrava e diceva "FIX TCEN TCEN!".

Oltre a Gabriel Pontello ero esperto anche grazie ai vari film che vedevo con gli amici, gli stessi film che ci spingevano nelle nostra gare di pippe.

Ma non ero esperto, in verità.
Cioè, lo ero teoricamente, un esperto nel fare l’amore intendo, ma praticamente no.
Lo scoprii perché l’esperta vera era Monica.
Lei era esperta perché era femmina e si sa, le femmine sono più corteggiate degli uomini e hanno più possibilità degli uomini di rombare.
Ed era più esperta anche perché era di Milano e io di un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino.
Vuoi mettere, in quanto a trombate, Milano con un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino.
No che non lo puoi mettere.

Monica aveva già trombato parecchie volte.
Io no.
E la cosa mi dava un po’ fastidio.
Perché ero innamorato e, nonostante mi atteggiassi ad esperto nel fare l’amore e a depravato maiale, speravo di innamorarmi di una vergine.
Già, la cosa mi dava un po’ fastidio.
Anzi molto. Fastidio, intendo.
Ma feci finta di nulla primo perché primo desideravo fare l’amore con lei fortissimamente, secondo perché lei era di Milano e io di un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino e non mi andava di fare la figura del provinciale terroncello.

La prima volta che ho fatto all’amore era agosto e Monica era venuta nel mio un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino, per passarci le vacanze con i genitori, che erano provinciali e terroncelli come me.
Era di pomeriggio e faceva caldo.
Mia mamma e mio padre erano andati non mi ricordo dove e lei mi chiese di andare a casa mia.
Nella mia cameretta.
Io nella mia cameretta ero imbarazzato e gli facevo vedere le bandiere con la falce e il martello per darmi un tono e gli facevo ascoltare i Clash per sentirmi meno in imbarazzo.
Lei non conosceva i Clash e io ero contento perché lei era di Milano e non conosceva i Clash e io ero di un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino e i Clash li conoscevo.
Non ero tanto provinciale e terroncello.
O forse si.
O ero solo un po’ frustrato perché ero provinciale e terroncello, anche se poco, e tentavo di riscattarmi con la musica che nessuno ascoltava o che si ascoltava solo in posti diversi dal mio paesino di mille abitanti della provincia di Avellino.
Già, quando si abita in un paesello si tenta di trovare riscatto in una moltitudine di cose.
E in questo i Clash a me m’hanno aiutato tanto.

Monica si spogliò e poi mi baciò.
Io cominciai a toccargli le tette.
Non avevo freni inibitori.
O almeno così credevo, boh.
Mi sbottonò la cerniera lampo e si infilò il cazzo, duro da almeno mezz’ora, in bocca.
Io credevo di sborrare e gli dissi di spostarsi perché non era mica una pornostar che gli dovevo sborrare in bocca o in faccia.
Cioè questa cosa che non era mica una pornostar che gli dovevo sborrare in bocca o in faccia.
Non gliela dissi questa cosa ma la pensai.
Gli dissi solo di spostarsi perché stavo arrivando.
Lei ubbidì e spense la luce, dopo aver abbassato le tapparelle.

Mi spogliai anche io ma rimasi con i sandali ai piedi.
Non so perché.
Mi stesi sul letto e sentii lei che mi saliva sopra.
Non sentii il tanto sperato brivido nei ciglioni ma sentivo che lei si muoveva e ansimava.

Io ero un po’ deluso e allora accesi l’abat jour.
Vidi lei che ansimava ad occhi chiusi, vidi la basa pelosa del proprio pube che strusciava sul mio basso ventre e mi arrapati.
Stavo sborrando e gridai, dicendole di spostarsi sennò la mettevo incinta.
Lei si mise a ridere ma si spostò.
Io mi vergognai perché credetti che lei rideva solamente perché lei era di Milano e non conosceva i Clash e io ero di un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino.
Mi diede un bacio e divenni sereno.
Poi cominciò a succhiarmelo e si fece arrivare in bocca.
Poi si sbattè il pisello sulla bocca e poi sulle guance.
Espertissima.
Rimasi stupefatto.
Cioè lei non era mica una pornostar che gli dovevo sborrare in bocca o in faccia e incede si era comportata da pornostar e gli avevo sborrate in bocca o in faccia.
Ma una pornostar dolce dolce.
Dopo mi abbraccio e mi voleva baciare.
Io dissi di no perché mi faceva schifo la mia sborra e lei ci rimase male, ma non è che la cosa mi importasse.
Non riuscivo a baciare la mia sborra.
La sua bocca sì, ma la mia sborra no, dai.

Fu la mia prima volta.
Una prima volta niente di che, tranne che nella parte finale.
Una parte finale che mi fece innamorare ancora di più.

Monica partì il ventidue agosto.
Lasciò il mio paesello di mille abitanti della provincia di Avellino per tornare a Milano con i suoi ed io ero triste.

Fui triste per giorni.
Non piangevo ma quasi.
Non sapevo come vederla.
E avrei fatto di tutto per vederla.

A Settembre i miei amici mi chiesero se volevo andare con loro a vedere Madonna a Torino, per il primo concerto italiano.
Si partiva in treno.
Io odiavo madonna e adoravo i Clash.
Non ci sarei mai andato.
A presi comunque la palla al balzo.

Dissi ai miei che andavo con Brunella, Giacomo e Angelo a vedere Madonna a Torino e che ci saremmo fermati a Torino qualche giorno.
A Brunella, Giacomo e Angelo dissi invece che non sarei andato con loro a Torino a vedere Madonna ma che sarei andato a Milano da Monica ma che dicevo una scusa a mamma che sennò si preoccupava.
Brunella, Giacomo e Angelo mi coprirono.

Preparai uno zainetto con pochi vestiti e portai con me un cuscino.
Non so perché portai con me un cuscino.
Secondo me questa circostanza secondo cui portai un cuscino con me, a Milano, per vedere Monica, è legato a qualche turba infantile che non mi ricordo.
Comunque nulla, portai con me il cuscino.
Prima di partire telefonai a casa di Monica.
Mi rispose la madre e io dissi

"Signora sono un amico, c’è Monica?"

E la madre di Monica:

"Sì te la chiamo, ma quale amico?"

E io dissi:

"Un amico signora, lei non mi conosce, mi chiamo Giovanni".

E la mamma disse:

"Ah…."

Avevo non so perché vergogna di dire alla madre che ero Pierluigi.
Forse perché lei mi conosceva e sapeva che c’era del tenero tra me e Monica.
Boh, può essere per questo motivo, non lo so.

Poi sentii, alla cornetta:

"Monicaaaaaaaaaaaa c’è il tuo amico Giovanni al telefonoooooooooo"

E sentii la voce di Monica da lontano che diceva:

"Giovanni??? E chi è?"

E la madre:

" E che ne so, se non lo sai tu…"

La mamma mi sembrò infastidita.
Pensai:

"Maronn’ vuoi vedere che ho fatto un guaio con questo cazzo di Giovanni e mò Monica non viene al telefono?"

Furono quattro secondi di panico.
Ma Monica venne al telefono.

Io gli dissi:

"Monica, amò, non sono Giovanni, sono Pierluigi, solo ho detto che ero un amico e tua mamma mi ha chiesto quale amico fossi. Io ho detto Giovanni perché mi sono sentito imbarazzato non so perché. Comunque amò come stai? Vengo da te stasera, arrivo in treno, sei contenta?".

Monica cominciò a ridere e a gridare per la gioia.
Io fui felicissimo e mi commossi.
Non piansi ma quasi.

Presi il treno e arrivai a Milano.
Io non ero mai stato a Milano e una volta arrivato alla Stazione Centrale ebbi paura.
Monica abitava ai Navigli e per arrivarci, chiesi minimo duecentoventicinque informazioni ai vari passanti, cercando di non farmi scappare espressioni in dialetto avellinese perché non volevo sembrare un provinciale terroncello di una paesino di mille abitanti della provincia di Avellino.
Fu un’impresa.
Era difficilissimo arrivare ai Navigli con Metropolitana e Autobus.
Chiesi un’informazione anche a un sordomuto.
Cioè, non sapevo fosse un sordomuto, me ne accorsi dopo.
Il sordomuto credo però fosse solo muto, perché capì la mia domanda e si sforzava di spiegarmi.
Io non capii un cazzo ma comunque restai là a fare finta di capirlo perché non mi andava di andare via e di farlo sentire una merda solo perché era sordomuto o soltanto muto.
Attesi cinque minuti poi feci ok con il pollice e me ne andai imbarazzato.

Arrivai i navigli.
La casa di Monica.
Tremavo.
Sembrava mi venisse un infarto.

Arrivai al citofono e suonai al cognome che non lo dico perché avrei vergogna semmai Monica mi leggesse.
Rispose sua mamma.
Io feci finta di nulla e chiesi se c’era Monica.
La madre mi rispose:

"No, Monica non c’è, mi dispiace, è andata a vedere il concerto di Madonna".

Rimasi atterrito.
Dissi vabbè arrivederci e mi incamminai verso la stazione.
Non chiesi informazione per tornare alla Stazione Centrale di Milano, ma ricordo che arrivai in un battibaleno.

Nel treno, durante il viaggio di ritorno, strinsi a me il cuscino e piansi per tutta la notte.
Non quasi. Piangere intendo. Non è che piangevo quasi. Piangevo proprio.

Tornato nel mio paesino di mille abitanti della provincia di Avellino piansi per giorni.
Piansi tantissimo.
Ma non chiamai più Monica.
Monica non mi chiamò più.
Finito.

Dopo due anni Monica tornò nel mio paesino di mille abitanti della provincia di Avellino con i genitori per le vacanze.
Ci incontrammo in piazzetta ma io feci finta di non vederla.

Lei mi si avvicinò e mi chiese perché non l’avevo più chiamata, che aveva sofferto e che ora si era fidanzata col tipo che adesso la fa sembrare morta o, quanto meno, moribonda.

Io gli dissi che era una stronza, che l’avevo amata, che ero andato per lei a Milano dove avevo paura di andarci.
E quanto dissi questa cosa che avevo paura di Milano non mi vergognai più di sembrare un provinciale terroncello di un paesino di mille abitanti della provincia di Avellino.

Aggiunsi che se n’era sbattuto di tutto e che aveva preferito andare a Torino,a vedere il concerto di Madonna.

Lei mi sorrise e mi disse che aveva visto il concerto di Madonna sì, ma dalla sua amica vicina di casa, dove attendeva che io arrivassi a Milano.
E che quindi non era affatto andata a Torino, così come io avevo pensato.
E aggiunse che non mi aveva più chiamato perché mi aveva odiato, dal momento che sua madre non le aveva detto che un amico aveva suonato al citofono perché la cercava.
E che aveva pensato che l’avessi presa in giro.

Ci guardammo.
Io non sapevo se diventare triste o cosa e la abbracciai.
Anche lei mi abbracciò.
Io non tentai di baciarla.
Neppure lei.

Da allora io schifo Madonna.
E anche la Madonna che non mi ha aiutato.
Non ha aiutato un sedicenne innamorato.

Non ho mai voluto raccontare questa storia, se non a pochi.
Perché? Perché sì.
Al proposito: non vi tirate spugnette leggendo questa storia, perché non v’è rattimma, ma solo una dolce storia tra due ragazzini.

Monica adesso sta con il tipo che la fa sembrare morta o, quanto meno, moribonda.
L’ho sentita un anno fa.
E’ triste e si deve operare agli occhi.

Anche io a volte sono triste.
Non perché mi devo operare agli occhi, però.
Perché non mi devo operare agli occhi.
E non sono triste neppure perché ho un tipo che mi fa sembrare morto o, quanto meno, moribondo.

A Monica qualche volta ci penso.
Anzi, più che a Monica, penso a quel pomeriggio d’agosto di tanti anni fa.
E alla sua faccia da pornostar non porca ma dolce dolce.

E conservo ancora il cuscino che portai con me a Milano.

Vittorio Emanuele