Nick: giGGinocon2G Oggetto: 24 ANNI DI FIORI Data: 9/5/2007 23.10.32 Visite: 283
Conobbi I. quando di anni non ne avevo nemmeno sei e cominciai a frequentare le scuole elementari. Lei è sempre stata molto bella: la sua chioma bionda ed i suoi occhi azzurro ghiaccio si stagliavano sopra le teste di tutti noi bimbi, perennemente in ritardo sugli step dello sviluppo fisico. I. eccelleva in tutte le materie, era la preferita di molte maestre e sapeva disegnare volti di donna che a me sembravano bellissimi. Vestiva in modo un po’ strano, ma forse erano solo i miei occhi che non riuscivano a vedere tutto l’insieme di una bimba così alta. La sua risata, poi, era forse la caratteristica migliore che possedeva e che sfoggia ancora adesso. È impossibile ascoltare quel suono così dolce e trascinante e pensare di non scoppiare a ridere. Un giorno la maestra ci parlò della festa della donna e ci fece capire quanto sarebbe stato carino regalare dei fiori alle nostre compagne. In quello stesso momento capii quanto sarebbe stato bello fare un regalo del genere. In quello stesso momento ebbi la certezza che io avrei regalato i miei primi fiori ad I. Così come c’era da aspettarsi, I. fu ricoperta dai fiori di mezza classe, e a me spettarono solo un paio di sinceri sorrisi. Gli anni passarono, ma fui l’unico a perseverare nella mia missione. Ogni anno scolastico le regalavo dei fiori, alla festa della donna e, con maggiore imbarazzo, il giorno di San Valentino, attirandomi immancabilmente gli sberleffi dei miei compagni di classe. Ogni anno scolastico I. riceveva da me delle mimose, ed ogni volta sembrava contenta di riceverle. Lei forse è stata la mia prima fiamma e, ancora adesso, quelle rare volte che la incontro in strada, guardare quegli occhi color del ghiaccio mi provoca una bellissima emozione. Dopo I. ci fu un lungo periodo in cui i miei omaggi floreali non ebbero una destinataria fissa, e la mia ispirazione guidava la scelta all’acquisto, associandolo al momento particolare ed alla dama a cui rivolgere un pensiero gentile. Quasi a voler ripercorrere un percorso ciclico, sul finire della mia carriera da liceale, conobbi O. Lei era sempre stata una persona altezzosa, quasi snob. Frequentava una scuola "bene" di Napoli, aveva amicizie all’interno della media borghesia partenopea e non perdeva mai occasione per vantarsene. Un giorno, probabilmente sotto l’effetto di qualche bicchiere di troppo, fu colta da un momento di incontrollabile slancio e mi disse tre cose: "Sei molto carino stasera. Mi piaci proprio…" "Sai, io adoro i fiori" "Perché non mi chiami qualche volta? Il mio numero è…" Quelle parole, miste alla sua bellezza ed alla mia immaturità sentimentale, fecero si che tutti i pregiudizi che avevo nei suoi confronti fossero messi da parte. A distanza di una settimana da quell’incontro, ritornai a comprare fiori con una certa costanza. Non conoscevo i gusti di O. e ci tenevo a fare bella figura con quella ragazza così sicura di se e dalle posizioni così forzatamente di nicchia. Perdevo sempre un mucchio di tempo assieme ad Antonio, il mio fioraio di fiducia, tutte le volte che dovevo operare una scelta. Mi piaceva rimanere a studiare i sorrisi che O. sfoggiava a seconda del colore, del profumo, della forma che il mio presente aveva. Finalmente scoprii che le calle erano le sue preferite, e da quel giorno un corteo di bianche campanule prese ad ornare la sua stanza ed a profumare le mie dita. La nostra storia durò appena qualche mese, ma la vissi con quell’intensità tipica di un ragazzo che comincia ad abbandonare l’adolescenza ed a scoprire i veri piaceri dell’amore e della carne. Poi O. si stancò di me, ed io smisi di regalare le calle. Il liceo terminò tra alti e bassi, e la mia vita prese la strada dell’università. Ad ingegneria, si sa, le donne spesso sono uomini nati senza il pisello, e la mia voglia di incontrare una compagna che prendesse le briglie del mio cuore rischiava di rimanere inappagata. Poi Ivan mi propose di conoscere un’amica della sua ragazza che, a suo dire, mi sarebbe potuta piacere. S. era il suo nome, e si può dire che quella sera capii veramente cosa voleva dire avere un colpo di fulmine. Ero così innamorato di quella donna che mi ha fatto scoprire il gusto delle piccole cose, che non riuscivo ad associare un solo fiore alla sua persona. Ed allora in quattro anni si sono alternati con grande frequenza i girasole a stelo corto, mix di tulipani dal colore di fondo uguale ma dalle sfumature simili, e quei fiorellini viola di cui non sono mai riuscito a memorizzare il nome. A venirmi incontro, tanto per cambiare, era il sempre fido Antonio, il quale, alla mia richiesta di "quei fiorellini viola soliti…", rispondeva sempre con un sorriso, un occhiolino ed un nastrino giallo da abbinare alla confezione. S. rapì il mio cuore, ed io gliene dispensavo un pezzettino per volta, accoppiandolo a pensieri sinceri e profumi colorati pieni d’amore. Anche S. si è stancata di me, ed ha preferito gettare indiscriminatamente fango ed odio sulla mia persona e su quei colori che io ritenevo inimitabilmente belli. Da quel giorno, se si esclude mia mamma ed un piccolo soffione, non ho più regalato fiori a donna alcuna. Di tempo ne è passato un po’; Antonio continua a sorridermi quando passo davanti a quella saracinesca custode di emozioni, ma io ho forse perduto il mio allenamento, il mio istinto. Sarà per questo che ancora non so TU che fiore sei? O forse la mia è solo paura di non vedere il tuo viso ornato da uno di quei sorrisi che ti distinguono da tutte le altre, se solo provo ad immaginarmi con un mazzo in mano, giusto di fronte ai tuoi occhi tanto profondi? Concedimi uno spiraglio, uno solo, per cogliere una tua emozione: sono sicuro che me lo farò bastare.
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