Nick: rockgirl Oggetto: Addio, grande Saramago Data: 18/6/2010 18.21.41 Visite: 274
Addio a José Saramago poeta, visionario ed "eretico" Lo scrittore portoghese, premio Nobel nel 1998, aveva 87 anni. Ha avuto un malore nella sua casa di Lanzarote. I capolavori, da Memoriale del Convento a Cecità. Gli ultimi anni segnati dalle polemiche con la Chiesa fino alla rottura con "Caino" di OMERO CIAI Se n'è andato ad 87 anni il primo e unico Premio Nobel per la Letteratura in lingua portoghese. José Saramago è morto oggi, poco dopo le 13, nella sua casa di Tiàs, a Lanzarote (una delle Isole Canarie), dove risiedeva dal 1991 insieme alla moglie, Pilar del Rio, e alla fedelissima segreteria Pepa. Nato nel 1922 ad Azinhaga, un piccolo villaggio a nord di Lisbona, ottenne il Nobel per la letteratura nel 1998 dopo una esistenza segnata a lungo dalla provvisorietà e dalla povertà. La sua famiglia di braccianti agricoli si trasferì nella capitale dove suo padre ottenne un posto come agente di polizia. Per le difficoltà economiche della famiglia e la morte improvvisa del fratello maggiore dovette lasciare gli studi e cercare lavoro prima come fabbro e poi come meccanico. Riuscì a pubblicare il primo racconto, "Terra del Peccato", nel 1947. Ma lo scarso successo lo costrinse a fare altri lavori (impiegato in una agenzia di assicurazioni, tecnico amministrativo in una casa editrice), finché non divenne giornalista al "Diario de Lisboa". Dopo alcuni libri di poesia raggiunge una certa notorietà a metà degli anni Settanta, quando la "Rivoluzione dei garofani" portò via la dittatura militare, con la pubblicazione del "Manuale di pittura e calligafia", cui seguiranno due dei suoi romanzi più famosi: "Una terra chiamata Alentejo" nel 1980 e "Memoriale del convento" nel 1982. Due anni dopo la consacrazione con "L'anno della morte di Ricardo Reis" e, più tardi, con la "Storia dell'assedio di Lisbona" che esce nel 1989. Ateo, comunista (si iscrisse al Pcp clandestino durante la dittatura di Salazar), ruppe con il governo del suo paese nel 1991 quando pubblicò "Il Vangelo secondo Gesù", un romanzo eterodosso sul Messia che scatenò una gran polemica. Il Portogallo rifiutò di presentare il libro in un premio letterario europeo e Saramago, infuriato, lasciò Lisbona per trasferirsi con la sua seconda moglie (e traduttrice), Pilar, alle Canarie. Le sue opere hanno spesso provocato vivaci polemiche. E' stato accusato di antisemitismo e l'anno scorso con la sua ultima opera, "Caino", è tornato a scontrarsi con la Chiesa cattolica portoghese. Dello stesso periodo lo scontro con la sua casa editrice italiana, Einaudi, che rifiutò di pubblicare un libro, tratto soprattutto dal suo blog, perché molto critico con il primo ministro Berlusconi. Con "Cecità", del 1995, il racconto di una epidemia che fa diventare ciechi tutti gli abitanti di una città, si apre la sua ultima tappa di scrittore. E' quella più critica sulla società di massa, la globalizzazione, il consumo e lo stesso funzionamento del sistema democratico europeo. Nel suo ultimo blog, pubblicato stamattina, Saramago scrive: "Penso che la società di oggi abbia bisogno di filosofia. Filosofia come spazio, luogo, metodo di riflessione, che può anche non avere un obiettivo concreto, come la scienza, che avanza per raggiungere nuovi obiettivi. Ci manca riflessione, abbiamo bisogno del lavoro di pensare, e mi sembra che, senza idee, non andiamo da nessuna parte". Cecità, che, a proposito, ve lo raccomando. è stato uno dei 'miei' primi libri. "Il disco giallo si illuminò. Due delle automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell’omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell’asfalto, non c’è niente che assomigli meno a una zebra, eppure le chiamano così. Gli automobilisti, impazienti, con il piede sul pedale della frizione, tenevano le macchine in tensione, avanzando, indietreggiando, come cavalli nervosi che sentissero arrivare nell’aria la frustata. Ormai i pedoni sono passati, ma il segnale di via libera per le macchine tarderà ancora alcuni secondi, c’è chi dice che questo indugio, in apparenza tanto insignificante, se moltiplicato per le migliaia di semafori esistenti nella città e per i successivi cambiamenti dei tre colori di ciascuno, è una delle più significative cause degli ingorghi, o imbottigliamenti, se vogliamo usare il termine corrente, della circolazione automobilistica". Così comincia "Cecità" di José Saramago (1995, pubblicato in Italia da Einaudi nel 1996). In una città qualunque di un paese qualunque un guidatore qualunque nella sua vettura qualunque sta fermo al semaforo è in attesa del verde. All’improvviso si accorge di non vederci più come prima. Pensa che sia soltanto un malessere passeggero. Invece, sta diventando cieco. E’ infatti rimasto vittima di un male sconosciuto, che lo avviluppa in un candore luminoso, un "mal bianco" che si rivelerà contagioso. Poco per volta, l’epidemia si diffonde e i ciechi sono rinchiusi in un ex manicomio. "Scoprono se se stessi e in se stessi – come ha scritto il critico Cesare Segre – la repressione sanguinosa e l’ipocrisia del potere, la sopraffazione, il ricatto e, peggio di tutto, l’indifferenza". E’ la metafora della nostra condizione attuale, l’oscurità in cui ci siamo cacciati, la notte dell’etica in cui siamo sprofondati. Nel libro, paradossalmente, il mondo del buio illumina le vittime e rivela molte cose sul mondo che credevano di vedere". Del resto, l’antica saggezza del Libro dei Consigli, diceva : "Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva". Non a caso, José Saramago ha scelto questa citazione come distico all’inizio della sua opera. repubblica.it
Eppur va tutto bene va proprio tutto bene, manca un po' l'appetito e il valium per dormire l'ho finito. |