Nick: eliuz Oggetto: re:x Kybiusa Data: 10/11/2004 14.37.22 Visite: 17
Falcone, Borsellino. Ma non solo. Ci sono trent’anni di delitti eccellenti senza verità che non sia quella, a volte forse fin troppo comoda, di una cupola mafiosa che tutto poteva e decideva. Una lunga travagliata stagione giudiziaria ha rassegnato centinaia di ergastoli a Totò Riina, Bernardo Provengano , con i soliti noti di Cosa Nostra. E insieme a loro, moventi che però sembrano stare stretti nei panni sei"picciotti" di Corleone. Ma i processi hanno detto spesso molto di più delle sentenze. Hanno disseminato indizi, a volte labili, a volte concreti, che portano a responsabilità oltre il livello della cupola mafiosa; non si sono mai potute accertare. Anche i pentiti hanno chiamato in causa i colletti bianchi dei palazzi. Ma alle inchieste non è bastato per veder al di là delle colpe dei mafiosi. Viene da chiedersi come potranno proseguire le indagini. Il concetto della"convergenza d’interessi" sembra ormai essere crollato sotto i colpi delle sentenze di assoluzione per alcuno dei casi più eclatanti che hanno visto imputati uomini politici di spicco. Nella zona grigia delle complicità eccellenti ci sono però anche altre presenze, quelle di spregiudicati uomini d’affari innanzitutto. Ed è da questa prospettiva che la procura di Caltanisetta ha tentato di ripercorrere la strada tortuosa che porta ai mandanti occulti. Per Falcone e Borsellino. Ma non solo. Il banco di prova è stata l’indagine per strage del 29 luglio 1983, a Palermo, in cui furono assassinati il consigliere istruttore Rocco Chinnici, il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l’appuntato Salvatore Bartolotta e Stefano Li Sacchi, portiere dello stabile in cui abitava il giudice Chinnici. Come autori di una regia "esterna" alla Cupola, nella deliberazione dell’eccidio, sono stati chiamati in causa i potenti esattori di Salemi, Nino e Ignazio Salvo. Loro erano già morti, prima del processo, ma la sentenza della Corte d’assise preseduta da Ottavio Sterlazza ( giudice al latere Giovanbattista Tona), non ha solo condannato 15 fra esecutori materiali e mandanti mafiosi, ha ritenuto valida la tesi della convergenza d’interessi. Resta così un unicum nella lunga stagione giudiziaria chiusa con l’anno 2000.- la sentenza fu emessa il 14 aprile del 2000- Ripercorrerla può essere utile, alla ricerca di un metodo di indagine, e di processo. Il ruolo dei collaboratori di giustizia resta fondamentale. Forse è venuto il momento di dire che non sono stati utilizzati e valutati a pieno. Adesso , nella Cosa nostra del terzo millennio non ce ne sono più,e in questi anni, lo Stato, o meglio, una certa politica,ha fatto di tutto per disincentivarli. Nelle indagini sulla strage di Chinnici, il contributo di Giovanni Brusca e Francesco Di Carlo si è rilevato decisivo per aprire uno spiraglio di verità sul ruolo di Nino e Ignazio Salvo, ufficialmente uomini d’onore della famiglia Salemi, ma in realtà molto di più, capaci di una forte protezione esterna rispetto all’organizzazione mafiosa. I giudici di Caltanisetta l’hanno definita così :< Avevamo un ruolo di raccordo nel panorama politico siciliano, quali esponenti di spicco di un importante centro di potere politico-finanziario, tra Cosa Nostra ed una certa classe politica>. Il riferimento è a una parte della Democrazia cristiana. Non ci sono soltanto i pentiti a testimoniarlo: < Il collegamento con la DC tramite i Salvo -scrivono i giudici della Corte d’Assise- risulta confermato dalle dichiarazioni del dottor Borsellino. Il giudice Chinnici – proseguono- aveva avuto un colloquio con Lima, sollecitato dall’onorevole Silvio Coco, nel corso del quale Lima gli aveva fatto presente che l’iniziativa giudiziaria concernente il Palazzo dei Congressi e l’arresto dell’imprenditore catanese Costanzo e di Di Fresco, veniva considerata una forma di persecuzione per la DC; il magistrato aveva risposto che l’ufficio istruzioni si interessava di fatti specifici contestati a determinate persone, senza che potesse avere rilevanza l’appartenenza politica. La Corte crede al contributo offerto dai collaboratori di giustizia non soltanto quando parlano di omici e sicari, ma anche quando chiamano in causa i colletti bianchi. Innanzitutto i " referenti romani" dei Salvo. Così nella motivazione c’è spazio per quel tassello che nella sentenza Andreotti era stato invece cassato:< Dal governo centrale di Roma arriva una segnalazione-dice Brusca- un imput da parte dell’onorevole Andreotti , facendo sapere a Lima, Lima ai Salvo, i Salvo lo dicono a me e io lo porto a Riina. Dice di darci una calmata ( nei delitti) perché sennò si era costretti a prendere dei provvedimenti. Riina mi rimanda dai Salvo: digli che gli fanno sapere che ci lascia fare, che noi siamo a disposizione per tanti favori che gli abbiamo fatto>.
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