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Nick: NEVERLAND
Oggetto: re:Era Ora...Vieni Avanti Cretino
Data: 9/3/2005 20.52.40
Visite: 45

Avere vent'anni (il titolo fa riferimento alla celebre frase di apertura del libro Aden Arabia, di Paul Nizan: "Avevo vent'anni. Non permetterò mai a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita"), fu girato da Fernando di Leo a metà del 1978.
La sceneggiatura, scritta dallo stesso Di Leo, risaliva però a diversi anni prima e nasceva dalla volontà di ritrarre nuovi tipi femminili che si erano affermati, con psicologie e stili di comportamento rivoluzionari, nella società dopo il 1968.



Tramite di questo discorso sono due giovani girovaghe, Tina e Lia, rispettivamente interpretate da Lilli Carati e Gloria Guida, attrici di grande presa popolare all'epoca, che dalla provincia italiana giungono a Roma aggregandosi a una "comune" e illudendosi di poter vivere all'insegna della totale libertà, soprattutto sessuale, senza freni o limiti di sorta.





"Buon giorno..."
"Buon giorno..."
"Mi da un pacchetto di Marlboro..."
"Si..."
"Le faccio un pompino."
"Ha detto Marlboro?"
"Ho detto pompino."
"Ah no, no grazie, non occorre, guardi..."
"Posso insistere?"
"La ringrazio lo stesso."
"Ciao!"

(Gloria Guida e Lilli Carati in "Avere Vent'anni")

La loro esistenza finisce però per naufragare contro la più cruda e feroce delle realtà.
Il film, che si mantiene per buona parte su un registro di commedia, è infatti contraddistinto da un epilogo terribile e sanguinario (la sequenza del bastone infilato nella vagina della carati anche se nn inquadrata, è violentissima!), in cui le due ragazze incontrano la morte per mano di un gruppo di balordi.
Questo sbocco imprevedibile (e talmente violento che durante le riprese le stesse attrici andarono incontro a svenimenti) sconcertò il pubblico e i distributori:
il film venne quasi subito ritirato dalla programmazione, tagliato, rimontato e quindi reimmesso nelle sale con un nuovo finale "consolatorio", altri rimaneggiamenti furono in seguito operati per le versioni home video.



:: Trama ::
Tina e Lia sono due ragazze girovaghe che vivono la propria vita con estrema disinvoltura, nei comportamenti e nei costumi sessuali.
A Roma, finiscono per trovare alloggio presso una comune gestita da uno strano individuo, detto "Il Nazariota", all'interno della quale intrecciano relazioni erotico-sentimentali con gli altri stravaganti ospiti.
Ma alla loro solare esistenza il destino tenderà un micidiale tranello...



La canzone AVERE VENT'ANNI:
(Spadaccino/Di Leo - Cantata da Gloria Guida)



Com'è triste aver vent'anni...
tra il proibito e l'illusione,
scoprire che la vita il tempo peggiorerà.
gli entusiasmi dei vent'anni...
stai attento a come vivi!
Ormai non c'è altro da credere
che non bruci in un momento.
Non c'è più un solo rigo
nel copione della vita,
ma pagine bianche
che il caso imbratterà.
Com'è triste aver vent'anni...
Scoprire che la vita il tempo peggiorerà.
Gli entusiasmi dei vent'anni,
stai attento a come vivi!
Ormai non c'è altro da credere
che non bruci in un momento.
Non c'è più un solo rigo
nel copione della vita,
ma pagine bianche
che il caso imbratterà.
Com'è triste aver vent'anni...



Che in una produzione italiana del 1978 si chiamino Gloria Guida e Lilli Carati come interpreti principali e le si faccia agire per quattro quinti del film sulla scia dello slogan "giovani, belle e preferibilmente nude", è pratica comune di qualsiasi commedia sexy dell'epoca (genere che in quegli anni viveva la sua stagione d'oro).
Ma affidate il tutto alle mani poco accondiscendenti di Di Leo e i corpi delle due attrici, da puro oggetto del desiderio maschile, diventeranno immediatamente a "soggetto" pensante, per incarnare rivendicazioni del dilagante femminismo, trasformando lo slogan di cui sopra nella affermazione d'identità femminile:
"noi siamo giovani, belle e incazzate" griderà a gran voce Lilli Carati, a più riprese, nel corso del film.
Ma si era pur sempre nel 1978, e quando lo spettatore a cui un prodotto simile ambiva destinarsi si trovò di fronte ad un film dove i propri pruriti voyeuristici venivano continuamente frustrati e messi alla prova dalla sproporzionante presa di posizione dei ruoli femminili, dalla loro irriverente libertà sessuale che dichiaratamente colpiva l'egoismo maschile rovesciandone le dinamiche di seduzione (gli uomini, oggetti passivi, preda delle donne, sessualmente attive, disinibite, e per questo libere al punto di essere oscene), l'impulso irrefrenabile fu quello di abbandonare le sale, destinando il film ad un pauroso insuccesso commerciale.



Opera autenticamente personale, Avere vent'anni è Forse l'operazione più ambiziosa per il suo autore, che vi inserisce temi scottanti come la sessualità femminile, la droga, la vita delle comuni, il maschilismo reazionario, finendo col perdere inevitabilmente qualcosa per strada, ma riuscendo comunque ad offrire un ritratto lacerante e spietato dei miti della cultura alternativa dei '70, quasi un road-movie al femminile, un percoso destinato a risolversi in drammatico epilogo.



La descrizione della comune gestita dal Nazariota (uno straordinario Vittorio Caprioli) è intessuta di dettagli sulla cultura hippy anni '70, un microcosmo di giovani perditempo, disoccupati, che dormono o si drogano, sessualmente inattivi, lontani dall'energia propulsiva e arrabbiata delle due giovani protagoniste;
ma tale habitat è comunque frequentato da una fauna di personaggi che i nostri migliori caratteristi si divertono un mondo ad incarnare:
si va da Vincenzo Crocitti, vagabondo doppiato in romanesco da Ferruccio Amendola (che provandoci con la Carati le grida, "ma te l'hai letta La rivoluzione sessuale?", "Io l'ho fatta!" le risponde la ragazza) a Leopoldo Mastelloni, santone in meditazione che non si scompone di fronte alle gesta erotiche delle sue compagne di stanza (commovente quando viene messo sotto torchio da un urlante Bracardi commissario di polizia).



Non male neanche il personaggio serioso di Ray Lovelock, giovane professore scappato dalla vita borghese per rifugiarsi nei paradisi artificiali della droga, che riscopre per un momento l'amore grazie all'intraprendenza di Lilli Carati.
Nel mezzo, c'è tempo anche per confessioni da cinema verità, con un cinematografaro impegnato che viene in comune per girare un documentario sui suoi inquilini, momento in cui la Carati e la Guida si raccontano a viso aperto davanti alle cineprese della troupe (ottimo anche nella sua resa stilistica, con macchine a mano intrecciate a seguire le due).



Gli ultimi dieci minuti finali sigillano con la freddezza di un teorema il senso spietato di tutto il film, quello stesso senso che nei primi quattro rulli ci era parso disinibita e selvaggia, quando non ingenua e un poò stupidotta, ansia di libertà, desiderio di vita, d'affermazione della propria identità in un mondo borghese e benpensante che rifiuta e nega cautelativamente ogni verità.
La stoccata finale è un colpo durissimo inflitto alla coscienza dello spettatore, che ne trasforma la fruizione in una riflessione amarissima sulla cultura alternativa degli anni '70, e fa sì che il film s'imponga al contempo come lapidaria disintegrazione del genere sexy allora in voga.



Caso strano che questo finale che dà al film un siginificato, scompare del tutto snche dalle copie circolanti nel mercato vhs italiano, dove sia la Cinehollywood che la Kineo epurano l'aggressione finale alle due protagoniste sostituendola con un epilogo consolatorio dove ricompare il personaggio di Caprioli a cui viene affidato un monologo di chiusura, ripescato certamente da qualche scena precedentemente scartata al montaggio.
Si tratta in realtà della stessa versione che circolò a suo tempo anche nelle sale, quando il film col suo cut integrale, col finale violento originale, fu subito ritirato dagli esercenti visto l'insuccesso di pubblico, per essere rimontato e ridistribuito in questa versione apocrifa e snaturata, non senza andare incontro ad un analogo disastroso esito economico, visto che ormai, mediaticamente, il film era già "bruciato".



Marco Müller, neodirettore del Festival di Venezia, che, trascinato alla visione da Marco Giusti, pare abbia così commentato la pellicola:
"film molto interessante".



Il Finale Uncut:
Il finale, ragazzi...il finale...che pugno nello stomaco!
Dimodra che Fernando Di Leo è stato un genio, e un maestro di vita oltre che di cinema.
Si sappia che Di Leo era consapevole di se stesso, delle sue potenzialità, dei suoi meriti e soprattutto dei suoi limiti, e dell'esatto posto che ha ricoperto nella storia del Cinema mondiale.
Si sappia inoltre che i limiti imputabili a Di Leo sono di certo un'esigua porzione di quelli della sua filmografia, e che il medesimo è stato uno di quegli artisti strepitosi che l'Italia ha lasciato ingiustamente marcire, per stupidità o incomprensione.
In parte, Di Leo, troppo avanti per i suoi tempi e per quelli nostri, è proprio come le protagoniste di Avere Vent'anni.
Imperdibile.



Il DVD RaroVideo:
Rimasterizzato da negativo originale 35mm, restaurato digitalmente;
Contiene la versione integrale originale (94 minuti, con il finale violento totalmente uncut!) in italiano con sottotitoli opzionabili in inglese;
la versione tagliata (81 minuti) in italiano ed inglese con sottotitoli opzionabili in italiano sull'inglese;
Documentario: Vent'anni per un massacro;
Filmografia e note;
Galleria fotografica con testimonianze di Fernando Di Leo;



Conclusioni:
Questo è cinema "alternativo" altrochè...
un misto di commedia scollacciata, impegno sociale e politico che affronta argomenti scottanti come la sessualità, la droga e il femminismo...
un film che viene stravolto del tutto negli ultimi dieci minuti e che col suo finale violentissimo diventa una pellicola drammatica, che fa riflettere inevitabilmente...
da vedere assolutamente..stracult fuori da ogni schema, un cosa mai vista prima!

Fonti:
RaroVideo.com
Cinemavvenire.it

© Degli Aventi Diritto.



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Era Ora...Vieni Avanti Cretino   27/1/2005 12.3.7 (789 visite)   NEVERLAND
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