Nick: Franti Oggetto: Mavaffanculovà Data: 21/2/2003 17.6.13 Visite: 57
Ma come cazzo faranno ad uscire facendoti aspettare un sacco di tempo? Ma che cazzo ci vorranno a infilarsi una gonna, una maglietta e un giubbetto? Non lo capirò mai. E una volta in auto, tu parli e loro là, sedute, la faccia beota che ride e guarda un display e le dita poggiate sui tastini del cellulare. Mezz’ora p’ mannà un sms. Ma mannaggia Gesù Cristo, ma io con chi sto parlando? Ma che cazzo sei uscita a fare? Ma che sei maleducata e idiota! E poi ”Scusa, mi metti un po’ di musica?” Essì, vuoi pur’ nu cafè e ‘na carta da 100 euro? Comunque niente. Inserisco la cassetta. Sono i Pizzicato Five. Gran’ gruppo. Bel sound. “Ma che musica è questa? Sembrano le sigle dei cartoni animati giapponesi. Cambia cassetta dai. Anzi metti questa che ho in borsa”. Ignorante sei e ignorante resterai. Almeno musicalmente. E non soltanto. Tolgo i Pizzicato e inserisco la sua cassetta. Voce di merda questa. “Ma io non posso accontentarmi, se tutto quello che sai darmi è un amore di plasticaaaaaaaaaaaaa”. Azz’ io a te? E meno male! E lei là, quasi che si commuove. E sa tutte le parole a memoria. Ragazza "tipo"! “Eh come ha ragione. Che cose vere che dice…” Senti bella, penso, io qua già sto tutto a depressione, aggi pacienz’. Se continuiamo così il mio pesce diventa un fossile del Mesozoico. Poi altro sms. All’amica del cuore. N’ata mezz’ora con il sorriso beota sul display e le dita sui tastini del cellulare. Ma mò quasi quasi apro lo sportello e la sbatto fuori, abbandonandola come un pastore maremmano vecchio. Anzi, il pastore maremmano me lo terrei. A questa no. Poi smette con l’sms e con quell’aria da “femmina da generazione Simil Carmen Consoli” dice: “Ho un sogno nel cassetto che vorrei realizzare, che dici lo realizzerò mai?”. La guardo e dico “Beh…” e mi fermo. Ma che cazzo ne so io che non ho neppure il cassetto?!? E poi “Mi ci porti a vedere l’ultimo di Muccino?”. Ma che cazzo mi frega a me di Muccino e dei trentenni falliti e sentimentali. E poi tu cosa cazzo c’entri con loro? E io: “ E se andassimo a vedere L’Imbalsamatore?”. “L’Imbalsachè???”. Vabbè sei ignorante, che ci parlo a fare con te. Però mi attiri porca troia. Perchè non lo so. Andiamo a vedere l’ultimo di Muccino. Passa un po’ di tempo, e mentre canta “E non ho fatto altro che sentirmi sbagliataaaaaaaaaaaaaa”. Ennò, tu sì sbagliata, è divers'. Poi si interrompe e fa “Ehy, ma sai che Alessandro, l’amico mio, ha comprato un cellulare ancora più piccolo di quello di Antonio? E’ bellino proprio, quasi quasi lo compro anche io”. E io “Ah…E quanti anni tiene ‘st’Alessandro?” “Ne ha ventisei, ma cosa c’entra?”. “No nulla, era per sapere…”. Ma mannaggia la Madonna di Montevergine. Saranno dieci anni che ‘st’Alessandro cambia cellulari e ne compra sempre di più minuscoli. Mah. Ai miei tempi, e non sono tanto lontani, facevamo a gara a chi ce l’aveva più lungo. Mò fanno a gara a chi c’ha il cellulare più piccolo. Scendiamo e entriamo in un localino. “Cosa bevi?”, chiedo? “Vediamo…un Bloody Mary, grazie. Lo adoro” “Ah, si? Ti piace il succo di pomodoro?”. “No, perché?”. Cazzo se sei ignorantissima. Che poi hanno questa mania che parlano sempre in maniera “filosofica” Ogni tre frasi dicono una parola che deve essere una parola che gli piace molto, Pedagogico. Un’altra mania di queste è che quando ti parlano, dopo pretendono che gli rispondi. Ti dicono Eh?, alla fine delle loro frasi. E ti contagiano pure, nostro malgrado, con questo Eh? Buona questo cocktail, eh? Bella questa chiesa, eh? Un altro difetto di queste che escono è che gli piacerebbe scopare con i trentenni. Essì se gli piacerebbe. A volte nel pomeriggio le ho ospitate anche a casa mia. E faccio una pulizia straordinaria, in occasione dell’arrivo di queste. Passo lo straccio con l’alcool e l’acqua, come mi ha insegnato una d’altri tempi. Faccio il letto per questa, con le lenzuola pulite. Lavo i piatti. Questa, che intanto è arrivata, mi sa che pensa che queste cose le siano dovute. Che nella sua vita, del resto, le sono successe solo delle cose bellissime. “I miei amico mi hanno fatto un regalo, un mazzo di fiori che non mi entrava neanche in macchina. Carini, eh? “Io sono stata sei anni con un architetto, quando ci siamo lasciati mi ha detto che in sei anni non si è mai annoiato, con me. Bello eh? “C’era uno studente americano con cui ho avuto una storia di un anno che gli ho insegnato l’italiano; l’anno dopo è tornato, non c’ero più io, la storia era finita. Lui mi ha scritto che smetteva di studiare l’italiano. Sono soddisfazioni, eh?” “Nel palazzo e nel quartiere dove abito, non ci sono uomini interessanti, ma a me piace viaggiare e quando viaggio sono molto aperta, sempre pronta all’avventura. Bisogna darsi da fare, eh? Mavaffanculovà!, penso. A me, poi, gli ospiti, specie di sesso femminile, mi piacciono indipendenti. Sei stanca? Dormi. Invece non dorme. Tiene gli occhi bene aperti. Ti guarda dritta negli occhi, appena ne ha l’occasione, per accusarti che non sei ospitale con gli ospiti di sesso femminile. E poi parla, parla, parla. Ma scopiamo almeno, no? “Bel complimento eh? Fa piacere, ogni tanto, sentirsi dire delle cose carine, eh?”. Mavaffanculovà. Penso. La cosa strana, di questa qua, la cosa strana che mi colpisce, che non riesco bene a capire come ragiona nella sua testa, è il fatto che in compagnia è stanca, ha freddo, vuole andare a casa; a casa si riprende, vuole parlare. Vuole parlare in francese, che lei adora la lingua francese. “Chesche tu è an trèn de frèr?”, mi chiede, che sono seduto di fronte a lei e sto fumando. Spalanco gli occhi, che mi sembra una cosa da matti, che una napoletana seduta di fronte a te, che ti sta guardando, improvvisamente ti chiede in francese cosa stai facendo. “Ed fumèr”, le rispondo, e scoppio a ridere. “No, niente”, dice lei, “Volevo usare questa forma francese che in italiano non c’è una traduzione vera e propria. Cosa stai per fare, ma non rende bene, eh?”. Si confonde, l’ignorante. Sto per fare si dice Je vais faire. Non le dico niente, che non la voglio mortificare. “Scusami”, le dico, “ma avevi ragione che si è fatto tardi. Io vado a dormire, se non ti dispiace”. “Vai, vai”, dice, “che io resto qui a leggere. Non ti preoccupare per me”, dice. Mavaffanculovà!, vorrei dirle. E poi, una sera che somiglia a una qualsiasi sera, torno a casa, c’è un messaggio in segreteria. Dice, il messaggio: “Ciao Piero, indovina chi sono? Facciamo così, se indovini mi chiami”. E ridacchia. Antonia. Vado a lavarmi le mani, che non so cosa fare. Ma sei sicuro che fosse Antonia? No. Non lo sono. Puoi dire con certezza di averla riconosciuta? No, con certezza no. magari è una sua amica. Che, a stare insieme, finisce che si parla nello stesso modo. No, no, non lo so se è Atonia. Non l’ho riconosciuta. A posto. A posto il cazzo! Mavaffanculovà.
|