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Nick: Nuje10
Oggetto: sono preoccupato!
Data: 4/7/2005 10.30.33
Visite: 244

Anche io sono preoccupato dal lavoro nero e dagli infortuni che molte volte si trasformano in morti bianche coperte da omertà;

molti tacciono su questo sistema volendo far credere che l'unico problema di questa città sia la criminalità dilagante che invece è prodotto di questa situazione sociale catastrofica;

e sono preoccupato perchè dietro gli sfruttati c'è chi sfrutta e si riempie le tasche con il sudore e il sangue dei "non garantiti".

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Campania, il lavoro nero sommerge la sicurezza
A rischio immigrati e operai non specializzati.

di Gualfardo Montanari

Lavoro nero e infortuni sul lavoro. Sono due facce della stessa medaglia, quella dell’economia degli sfruttati e della precarietà. Lavorare in nero significa non avere garanzie, non avere alcuna forma di tutela e di sicurezza per l’operaio e il lavoratore in genere.

La triste e incivile fine di Francesco Iacomino e dell’operaio morto in via Brindisi sono indicative delle dimensioni che ha assunto questo fenomeno e dimostrano tutta la pesante omertà che lo copre: in entrambi i casi, alla tragedia è seguito il tentativo da parte dei testimoni e degli stessi colleghi di sventura, di occultare tutta la vicenda.

Ogni anno nel mondo, muoiono più di 2 milioni di persone per infortuni, incidenti o malattie sul lavoro. Più di seimila vittime al giorno, la maggior parte delle quali causate proprio dalle inadeguate misure di sicurezza. Questa strage non colpisce soltanto i paesi in via di sviluppo, ma anche i paesi occidentali, come l’Italia, dove l’economia sommersa è pari a un terzo del Pil annuo e dove i lavoratori irregolari sono pari a circa il 15% della popolazione attiva. In questo contesto, di per sé già difficile, le regioni meridionali raggiungono i primati. Col 40% di lavoro sommerso, la Calabria si colloca al primo di questa classifica, seguita proprio dalla Campania, che si attesta su una percentuale di poco inferiore al 30%.

In Campania, i settori maggiormente a rischio sono l’agricoltura, l’industria metalmeccanica e soprattutto l’edilizia. L’industria delle costruzioni campana è strutturata in maniera tale da incrementare questa piaga. Il primo fattore di debolezza è determinato dalla grandezza delle imprese edili: oltre il 70% di loro, in Campania non supera le 10 unità lavorative. L’altro elemento di debolezza è determinato dal sistema degli appalti pubblici: questi vengono acquisiti con una media al ribasso che supera 30% e in certi casi arriva ad oltre il 40%. Ad aggiudicarsi la gara sono generalmente le grandi imprese che per rientrare nei costi si affidano ai subappalti affidati alle piccole imprese. Queste, quindi, si trovano costrette a lavorano quasi sempre in condizioni di difficile sostenibilità economica e, per ammortizzare i costi, tagliano su salari e sicurezza.

Questa distorsione del sistema degli appalti e del settore edilizio più in generale è una pratica molto diffusa in Campania specie in provincia di Napoli e Caserta. Non a caso, il 38% degli infortuni sul lavoro registrati ogni anno in Campania si registra proprio in questo settore e proprio in quest’area.

Questa percentuale, ovviamente, si riferisce ai dati ufficiali, che non tengono conto degli infortuni del lavoro sommerso. In provincia di Napoli, dal punto di vista occupazionale, il settore edilizio impiega 20343 lavoratori impiegati in 3938 imprese (periodo marzo 2003-aprile 2004), con una media di lavoratori per impresa pari a circa 5 unità (a fronte delle oltre 7 della media nazionale). In questo stesso segmento temporale, la massa salariale erogata dalle imprese a favore dei lavoratori edili ammonta a circa 142 milioni di euro. Rispetto a queste cifre, l’economia sommersa ha un giro d’affari e di lavoratori pari ad almeno il 35% dell’economia ufficiale. Proprio in queste pieghe si nasconde la gran parte del problema legato agl’infortuni sul lavoro.

L’altro elemento strettamente collegato con l’economia sommersa e gl’infortuni sul lavoro è l’immigrazione clandestina, da cui traggono la loro manovalanza principalmente le industrie tessili del casertano e del napoletano, le aziende conciarie del solofrano, in Irpinia, e le industrie della conserva nell’area del Sarno e nella piana del Sele. Sono cinesi, rumeni, ex-jugoslavi, sudamericani e africani gli sfortunati e sfruttati protagonisti di questo miracolo economico che vive nell’ombra. Vivono e lavorano in piccoli scantinati, in angusti sottoscala di vecchi palazzi o anche in capannoni dispersi nelle strade di campagna. I turni non esistono: si lavora praticamente tutta la giornata. In certe aziende tessili del napoletano, l’anno scorso la guardia di finanza ha scoperto immigrati clandestini di origine cinese che vivevano praticamente da reclusi, costretti, in molti casi a lavorare più di 14 ore al giorno.

È molto difficile quantificare la massa di lavoratori coinvolti in queste aziende, anche perché molto spesso il confine tra legalità e illegalità, soprattutto nel settore dell’edilizia, è difficile da tracciare. La legge per l’emersione del sommerso, approvata con la Finanziaria del 2002, si è rivelata praticamente un fallimento. La nuova legislazione in materia di riforma del diritto del lavoro ha ulteriormente precarizzato e reso ancora più volatili molte delle garanzie in materia di sicurezza del lavoro. Sul fronte immigrazione, la Bossi-Fini, invece di introdurre elementi di regolarizzazione nel mondo del lavoro straniero, si è rilavata soltanto un ulteriore elemento di ricatto a vantaggio degl’imprenditori più spietati, che, come hanno evidenziato molte denunce, pretendono la tangente in cambio del rilascio del certificato di lavoro, esponendo così ancora di più tutto il sistema lavoro all’illegalità.

http://www.larticolo.it/modules.php?name=News&file=article&sid=411



CI CHIAMAVANO BANDITI CI CHIAMANO TEPPISTI
SIAMO PARTIGIANI SIAMO ANTIFASCISTI

"DIFENDIAMO L'OPERAIO/ DAGLI OLTRAGGI E LE DISFATTE/ CHE L'ARDITO, OGGI, COMBATTE/ PER L'ALTRUI FELI



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sono preoccupato!   4/7/2005 10.30.33 (243 visite)   Nuje10
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