Nick: Viol4 Oggetto: Ali Abbas e l'ipocrisia Data: 9/5/2003 8.34.51 Visite: 3
"Ali Abbas, occhi scuri e spaventati, le braccia distrutte da una bomba forse intelligente o forse scema poco cambia, è diventato il “poster child”, il bambino manifesto della guerra in Iraq... Ogni guerra ha il proprio bambino simbolo, vero o immaginario, la piccola Vedetta e il Balilla, il tamburino, il monello ebreo con la coppola troppo grande nel rastrellamento del ghetto di Varsavia, la bambina vietnamita denudata di tutto, anche della pelle, dal napalm di un’altra guerra di liberazione finita non proprio benissimo. Attorno ad Alì, che salutava dal suo lurido letto d’ospedale la telecamera agitando il moncherino del braccio destro amputato, si è scatenata la macchina della pietà televisiva, giornalistica e politica del mondo. Questo povero ragazzino fortunato/sfortunato è stato adottato da giornali, settimanali, reti televisive, ricche signore che stanno tempestando l’ospedale del Kuwait dove è in cura con offerte di denaro, doti per la sua vita di adulto, passaporti, in uno sbocco di generosità sincera perché la motivazione profonda non è tanto far sentire meglio Ali Abbas, ma far sentire un po’ meno in colpa chi ha finanziato, sostenuto, approvato e poi sganciato le bombe che lo hanno maciullato. Salvando quello che resta di lui, i benefattori sinceri (si escludano i giornali e le tv che hanno sordide intenzioni di specularci sopra), vogliono salvare quello che resta del loro autorispetto, far tacere un poco quella vocina che sussurra all’orecchio: ma era proprio questa, di maciullare bambini, la maniera più giusta per salvarli? Faccio anche io – in questa America che ha 70 miliardi di dollari pronta cassa per cambiare un regime in Iraq ma non ha 5 miliardi di dollari per creare e far funzionare cliniche e ambulatori di paese costringendo partorienti e infartuati a farsi ore di macchina per raggiungere una città – la mia piccola parte di beneficenza, perché so che, senza la carità privata, morirebbero, magari con tutte le loro braccine e gambine intatte, molti bambini. Non tutti hanno i 24mila dollari che ho dovuto spendere quest’anno per due interventi contro i miei calcoli renali grossi come noci... Se non avessi avuto quei 24mila dollari e la stravagante assicurazione privata per pagarne una parte, quei macigni sarebbero ancora lì, io forse no. Ogni volta che vedo Ali entrare in un’altra camera operatoria, con la cuffietta di plastica in testa e un altro peluche nuovo sulla pancia che guarda senza poter toccare, penso ai bambini che non ce l’hanno fatta ad acchiappare la nostra coda di paglia e non vedremo rantolare in corsie dove non arrivano più medicinali e si soffre per mali gravi, ma che oggi sarebbero contenibili o curabili se ci fossero i medicinali giusti in Iraq e invece moriranno nel silenzio perché non sono bellini come Ali, perché non hanno trovato la telecamera giusta e la pelosa pietà di un conduttore di talk-show che sfrutta l’obbrobrio per acchiappare un telecomando in più. Piantiamola qui, con questa guerra, anche se la guerra non ha nessuna intenzione di piantarla con noi e l’appetito, anche in fatto di cannonate, viene sparando. Auguriamoci che ci siano presto molti Ali nei letti di buoni ospedali per essere curati, anche senza diventare le bambole della bontà ipocrita di chi vuol giocare con loro due volte, prima giocare a sparargli addosso, poi a cercare di rimetterli insieme. Ma io vincerò la nausea che mi assale davanti agli sceneggiati della bontà televisiva, crederò alla buona fede e all’onestà dell’America di Bush quando vedrò un reparto delle truppe speciali calarsi da elicotteri Apache su un ospedale a Los Angeles o New York da 500 dollari a notte e 24mila dollari per levarti un banale calcolo e imporre, mitra alla mano, che tutti i 36 milioni di bambini americani senza assistenza e assicurazione medica siano curati e coccolati almeno quanto il disgraziato “bambino manifesto” della nostra infinita bontà e ripugnante ipocrisia in Iraq." Vittorio Zucconi - "La Repubblica"
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