Nick: Quilo Oggetto: Questa è MUSICA Data: 31/5/2003 18.24.20 Visite: 16
Ero a Roma con mio fratello, l'ho chiamata e l'ho invitata a cena. Siamo andati a prenderla a casa, dall'altra parte del raccordo, ed è venuta giù da una lunga scalinata di pietra, come le dive. Dopo cinque minuti non eravamo più estranei, ma ancora adesso, anche se ve la descrivo, non la conosco. Marisa è una signora garbata e gioviale, libera e senza età. Gli occhi luminosi, il tono della voce mus|icale, parla di quello che vuoi e ti fa parlare di quello che vuole. Ci racconta del suo lavoro, dei concerti, del teatro, della sua voglia di scrivere un libro. E ci dice quello che vuole e quello che non le piace. Pensa in modo trasparente e si esprime in modo leggero e sfrontato. Non conosce imbarazzo e non si può provare imbarazzo parlando con lei. Non condivido tutto quello che dice, ma posso dirglielo. Non so se credo a tutto quello che dice, ma mi rendo conto che non ha alcuna importanza. Perché Marisa è una delle poche persone che sanno fondere realtà, fantasia e gioco per farne compagnia. La serata è finita con un caffè sul Tevere, in un posto pieno zeppo di ragazzini che gliel'avrò chiesto dieci volte, ma non ricordo il nome. Passeggiando, ha indossato un cappellino ed è diventata una bambina, ha aperto il baule dei giochi e ha cominciato a raccontare di uno zio che suonava il pianoforte per gli americani alla fine della guerra e di una madre che veniva da lontano per innamorarsi a Napoli di un uomo sempre in giro per spettacoli con la sua chitarra. Raccontava le storie che aveva sentito da piccola e mi passavano davanti agli occhi foto sbiadite di un'Italia liberata che sbandava di gioia e di voglia di vivere. Marisa è quella parte di me che dimentico con più rammarico, e troppo spesso. Mi riferisco a quella voce che ascolto così poco, quando fermo da sempre davanti a una porta, mi dice: "Che aspetti, vai. Non vedi che è aperta?" E' per questo che scrivo di lei. E se pure fosse solo una mia suggestione, che differenza fa?
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