Nick: Kashmir Oggetto: La rue pour la joie Data: 5/10/2005 18.9.9 Visite: 116
Parigi, 12/04/1988 Ben due ore di fila, per cosa poi? Per prendere un maledetto biglietto! Un biglietto da 50 franchi per andare in cima alla Tour Eiffel, per la curiosità di andare a vedere cosa c’è di tanto speciale da vedere su quella che è una semplice cima di una costruzione che non è altro una base, per statue, altre costruzioni. Ma non poteva andar via da Parigi senza aver visto almeno una volta quello che le avevano tanto decantato come uno spettacolo imperdibile. Finalmente aveva quel biglietto in mano, corse come una forsennata per evitare che quell’enorme ascensore giallo si chiudesse prima di averla accolta fra le sue enormi porte, riuscì a prenderlo per un pelo…infilando il tacco della scarpa prima della chiusura delle porte automatiche, perdonandosi finalmente per essere scesa di casa con quelle scomodissime scarpe, in giro per una città così maestosa da visitare. Primo piano…uno spazio enorme, bambini che corrono come forsennati a destra e a sinistra, il padre che urla imprecazioni in francese sputacchiando qua e là, la mamma che cerca di pulirsi la giacca da 300 franchi ormai diventata carta straccia dopo un tenero rigurgito dal suo ultimo arrivato in famiglia, allegre bancarelle con i loro venditori che accolgono i turisti con canti, baldoria e sorrisi. Le porte automatiche che si richiudono davanti ai suoi occhi. "A che piano va tutta sola? Una bella ragazza come lei…" "Vado in cima a suicidarmi." "Oh…" Adriana ne conosceva di modi per liquidare i don giovanni, non era una tipa di quelle che arrossiscono, si girano dall’altra parte facendo finta di cercare qualcosa nella borsa. Pian piano si arrivò alla cima, le porte si schiusero davanti ai suoi occhi. Uscì lentamente da quella porta, con la gente che spingeva dietro, davanti, ovunque. Una mano sul culo data "per sbaglio"; man mano che la gente si dileguava…uscì pian piano il motivo per il quale quella cima è tanto contemplata… C’era di tutto lassù…bancarelle che sembravano veri e propri negozi, di antiquariato, di bellezze tipiche parigine, di tutto, sembrava un vecchio mercatino rinascimentale. Una ragazza vestita da zingara che ballava e cantava col suo tamburello in giro per il piano, ogni tanto saliva su di un palchetto, e il suo menestrello la inseguiva come se fosse un angelo custode sempre accanto al suo bambino pieno di grazia ed innocenza. Una prostituta bellissima, lontana da ogni ombra di volgarità, magari con un’eccessivo tocco di rossetto rosso fuoco che scintillava negli sguardi di tanti turisti sulla quarantina che credevano improvvisamente di aver preso l’ascensore per il paradiso. Bambini che cantavano in coro la Marsigliese, guidati da una maestra che controllava con la coda dell’occhio se c’era qualcuno che non ricordava qualche parola, pronta a ripeterla col sorriso più forte di tutte le altre per fargliela ricordare. Un bambino con una coppoletta beige troppo grande per la sua testa, suonava la fisarmonica, seguendo ogni tanto le note del canto dei bambini della scuola. E poi, finalmente, i personaggi tipici di Parigi. I pittori. Tutti rivolti verso il panorama, chi ritraeva la senna, chi La Reggia di Versailles, chi Le Cattedrali, chi semplicemente il cielo al di sopra di quella città così magica. Adriana si avvicinò al terrazzo, si sporse un po’, ammirando a bocca aperta l’immensità di ciò che aveva di fronte, una città che da lassù sembrava "tout le monde", e i riflessi del tramonto che brillavano sulla Senna come piccole stelle, scese un attimo per specchiarsi nell’acqua della città che le ha fatte innamorare del loro cielo, per vanità, ma quasi sentendosi inferiori davanti a tanta bellezza. Poi fece ciò che anche chi soffre di vertigini non può fare a meno di fare in un luogo del genere. Si sporse, guardò in basso… Ogni persona era piccola come una stella che si scorge da lontano… Parigi. Il suo cielo. "Incredibile, vero?" Dalla sua sinistra si udì una voce di uomo, un po’ rauca. Adriana, scostò lievemente la testa verso il punto da dove proveniva quel suono, e vide un ragazzo sui trentadue, pieno di una barba che lo faceva sembrare più vecchio, o più vissuto; ma allo stesso tempo gli dava quel tocco di virilità in più che in un uomo non guasta mai. Era uno di quei pittori. Ma era seduto di spalle al panorama. Ritraeva la gente che passava, senza farsi notare, nessuno se ne accorgeva; ritraeva la signora anziana appoggiata ad una parete che ricordava i tempi in cui il suo amato consorte la portava sulla cima, e la baciava romanticamente facendola sentire la principessa di tutto ciò che c’era al di sotto della torre. Promettendole che un giorno tutto quello sarebbe stato suo. Indicandole la Luna dicendole che voleva andare più in alto possibile per strapparla al cielo e porgerla a lei. La signora anziana sorrideva, sorrideva dolcemente, col viso inondato di lacrime, con gli occhi di una ragazza innamorata eternamente, il cui amore ha vinto persino la morte. Un cagnolino nero, un bastardino, abbandonato da qualche turista distratto, rimasto in un angolino per paura di essere calpestato da quell’enorme folla; ed il bambino con la fisarmonica che cerca di raccoglierlo piano piano, offrendogli metà del suo pane per farlo tranquillizzare, condividendo la cena di quella sera con il suo nuovo amico, abbracciandolo e tenendolo caldo nella sua giacchetta, con una gioia che gli straripava dagli occhi e dal cuore per quel bellissimo dono del cielo! Ogni persona lassù, aveva una storia. Come ovunque d’altronde, ma chi era lassù la raccontava al proprio cuore e la riviveva con tutta la passione e tutte le emozioni vissute in ogni momento della propria vita. "Vero. Non avevo mai visto uno spettacolo del genere nei miei quadri. Lei vende ritratti?" "Io li faccio i ritratti. Poi se qualcuno li vuole comprare, ben venga, aggiungerò il prosciutto al mio panino. Ma di puttane dell’arte qui sopra ce ne sono già abbastanza." "Non c’è nulla di male a guadagnarsi da vivere facendo qualcosa che ami." "Chi scrive, chi dipinge, chi ama buttare fuori tutto quello che ha dentro con l’arte, non lo fa per soldi." "Ciò non toglie che se fai qualcosa che ami per vivere, Non sprechi il cinquanta per cento della tua vita." "Io vivo benissimo. Non ho bisogno di vendere un riflesso della mia anima ad un perfetto sconosciuto che magari lo appenderà nel proprio salotto lussuosissimo, dimenticandolo dopo un paio di giorni. "Lei è un testone. Come si chiama?" "Antonie, e lei?" "Adriana, piacere mio." "Ti do del tu, sei giovanissima, più di me. Dammi del tu se ti va, sennò fa niente. Che fai nella vita?" "Sono solo una viaggiatrice, coi soldi che stanno finendo, sto cercando di capire se sto scappando, o sto inseguendo qualcosa." "Stai facendo entrambe le cose. Io sono un pittore di anime." "Senti pittore di anime, ora scendi con me e andiamo a mangiarci qualcosa assieme, se vai avanti a panini di te rimarrà solo l’anima, e non avrai neanche un corpo per dipingerla, pensa un po’." Antonie si fece convincere. Non per fame, perché lui odiava la gente che provava pena per lui, odiava chi gli faceva l’elemosina, ma, da bravo pittore, aveva già dipinto i lineamenti di Adriana, sentendosi vicino a lei, forse per quell’eterna ricerca che entrambi fanno, senza sapere quale sarà la meta. Andarono a mangiare in una vecchia trattoria, con un ottimo vino e delle zuppe squisite servite in scodelle di terracotta, divorarono due zuppe a testa accompagnandole con un’intera baguette e vino a volontà. Il proprietario del locale attaccò bottone con loro, e gli offrì una bottiglia dopo l’altra, senza accorgersi che se ne stava scolando più dei due messi insieme. Finì così ubriaco per farli uscire senza spendere un soldo. Ben venga, ovviamente. Seguì una passeggiata sulla Senna, un po’ rumorosa come passeggiata, ridevano e cantavano canzoni parigine storpiate imitando le voci dei cantanti. Dopo un po’ ripresi dalla sbronza, cominciarono a parlare un po’. "E’ buffo, ti ho appena conosciuto e già ho fatto con te ciò che non amiche che conosco da una vita non ho mai avuto il coraggio di fare." "Ah, perché, tu hai delle inibizioni? Secondo me erano le tue amiche a fare le snob, tu non di certo!" "Mi stai dando della sempliciotta?" "Ti dico solo che sei una che sa vivere, chissà se i soldi ti cambierebbero." "Guarda caro, che sono proprio i soldi che mi hanno fatto fuggire da casa. I miei hanno passato la vita in giro per lavoro, cercando di comprare il mio affetto con soldi e regali. Non ho mai saputo che farmene." "Anche i miei erano carichi di soldi, sai? Solo che appena iniziai a dipingere e a scegliere di non cominciare l’università, mi tagliarono tutti i fondi, io come risposta li ringraziai per la libertà accordatami, e andai via di casa lasciandogli un ritratto con l’autografo, con una scritta dietro: -Conservatelo, quando diventerò famoso le vostre banconote marce diventeranno carta igienica al confronto del valore di questo dipinto- Da quella volta non li vidi più". "Cosa cerchi?" "Ricordi quel bambino e quel cane? Non vedrai mai un bambino agiato essere così felice. Sono stati educati a volere sempre di più. Condannati a non essere mai davvero felici, perché desiderano di più. Ricordi quella signora? Lei è felice perché è ricca di un amore immenso, neanche il prezzo di tutta Parigi varrebbe mai quanto un sentimento così grande. Io cerco vita. Io voglio vivere. Non voglio sottostare a nulla. Voglio emozionarmi, voglio gioire di stronzate, voglio gioire delle risate con te, voglio tuffarmi nella Senna col rischio di essere arrestato e continuare a ridere anche dietro le sbarre." "Ahahahah, a quest’ultima non ci credo proprio, guarda!" "Ah no?? Vuoi vedere?? Vuoi vedere?" Adriana si tolse la sua giacchetta rossa, la coppoletta inclinata sulla testa, e pian piano tutto il resto. Restando in intimo. Si tuffò in quell’acqua gelida, avvertendo un calore mai provato prima, si tolse l’intimo. "Seguimi." Non fece neanche in tempo a dirlo. Antonie era già in acqua, dietro di lei. "Bonne soir, ma cherie" E sotto le stesse stelle invidiose della sera, si baciarono in quella notte magica, trovando ciò che cercavano. In un tuffo nella Senna. "Sole e Luna in una mistica armonia Si guardano, si scrutano, colmati di magia Da cento, mille luci in un astrale abbraccio Si scaldano di amore in questo grande intreccio" "La tecnica non conta, io mi occupo di emozioni" -Jimmy Page- BaMbO|O lib |