Nick: `FeAtHeR` Oggetto: depressione Data: 28/11/2003 15.22.46 Visite: 239
La storia della depressione è la storia dell'umanità, anche se il termine depressione quale connotante una sindrome psichiatrica è stato introdotto solo negli anni ' 20 dallo psichiatra tedesco Meyer. La depressione è un esperienza affettiva universale, connaturata all'essere umano (si è arrivati ad affermare: "finché non si è provato ad essere depressi non si é davvero uomo"). Rappresenta una delle modalità affettive con cui l'uomo si relaziona col mondo e permette all'uomo di superare le frustrazioni, le delusioni e le perdite. Ogni cambiamento, in quanto tale, è perdita di qualche cosa di noto e avventura dell' ignoto e quindi comporta sentimenti di depressione per la perdita e di ansia per l'ignoto. Vivere significa affrontare continuamente cambiamenti e quindi è sempre presente il rischio di passare dalla depressione fisiologica alla depressione patologica. La depressione ondeggia tra normalità e patologia: può essere infatti lutto (normale reazione alla perdita di una persona cara oppure una grave frustrazione) o malattia (si differenzia dal lutto soprattutto per durata, per quantità e per sproporzione rispetto alla causa scatenante). Il lutto permette, con il suo "lavoro", di sciogliere il legame con la persona (o ideale) persa, che diventa un dolce ricordo e permette il recupero di nuovi rapporti affettivi e di nuovi investimenti nella realtà. Il "lavoro del lutto" coincide con una depressione, in cui l'oggetto d'amore perduto è tenuto in vita dentro di noi, ma il principio di realtà prende il sopravvento e si è di nuovo capaci di guardare avanti. Quando però i sintomi depressivi non hanno un evento scatenante o persistono per troppo tempo, c'è perdita di autostima, il senso del tempo e dello spazio cambia e c'è la percezione dell'impossibilità di uscire dalla situazione, allora si entra nella patologia [...] La chiave della depressione è la perdita di un affetto. Il depresso sente se stesso, la propria vita, la realtà circostante secondo una trasformazione peggiorativa che colora tutto di qualità spiacevoli e dolorose. L'esistenza del depresso si svuota di significato e di interesse, è vissuta nella solitudine, la morte è vista come liberatrice. Cambia il modo di essere nel mondo, soprattutto nei parametri del tempo e dello spazio. C'è la paralisi del divenire, il peso del passato si dilata, pochi atti del passato connotano tutta la storia personale e si caricano di negatività, il passato non ha più esperienze piacevoli, la nostalgia è dolorosa, il futuro inaccessibile, sbarrato, non c'è più progettualità, il presente si contrae, diventa immodificabile. Lo spazio è ristretto, angusto, chiuso, immobile, vuoto, gli oggetti diventano irraggiungibili: "mi sento lontano dentro."[...] i sintomi psichici, psicomotori e psicosomatici che in misura maggiore o minore sono presenti nella depressione sono: Psichici: tristezza, disperazione, indifferenza, non provare sensazioni, vuoto interno, apatia indecisione, inibizione, diminuita capacità attentava e mnemonica, pessimismo, idea di morte, idee di rovina, auto-svalutazione, indegnità, senso di colpa. Psicomotori: rallentamento, ipomimia irrequietezza. Psicosomatici:insonnia e ipersonnia, sento di tensione, diminuzione di forze, vertigini, ipotensione, dispnea, stipsi, colite, perdita di appetito, perdita di peso, senso di freddo, cardiopalmo, dolori diffusi. Chiarire la definizione di depressione è presupposto indispensabile per una sua diagnosi. Oltre la diagnosi Si desidera sottolineare tuttavia che il momento diagnostico non può essere quello conclusivo nel rapporto con il paziente. Al di là della diagnosi, che aiuta il medico ad una corretta prescrizione del farmaco o tella terapia psichiatrica, è indispensabile che si crei una buona relazione tra il medico ed il paziente: non bisogna mai prescindere dalla relazione che permette di capire il senso e la profondità della sofferenza. Come scrive Balint: "compito del medico è saper somministrare se stesso ed i farmaci." Il medico dovrà riuscire ad accettare di soffrire con il paziente, a condividere quel senso di vuoto e quella paralizzante aggressività che in maniera diversa sono sempre presenti nella relazione con il depresso. Compito del medico sarà anche informare i familiari che il depresso non ha un deficit di volontà, non soffre perché vuole soffrire, non lavora perché non vuole lavorare, ma perché non riesce a non soffrire e non ce la fa proprio a lavorare. Non basta la pacca sulla spalla ed il richiamo a reagire ed a confrontarsi con le proprie responsabilità: questo atteggiamento, serve a volte solo ulteriormente a colpevolizzarlo. Il depresso va rispettato, tanto profondamente quanto profonda è la sua sofferenza; va a volte ripreso anche con fermezza e richiamato alla realtà delle cose, ma sempre con l'intenzione di aiutarlo a curarsi, con la piena consapevolezza che oggi è pienamente possibile, grazie ai farmaci e a consolidati approcci psicoterapici, guarire o migliorare o quanto meno, recuperare una migliore qualità di vita.[...] fonti: http://www.benessere.com/psicologia/arg00/depressione.htm |